Una importante tappa della “guerra legale” (Lawfare) avente come obbiettivo la delegittimazione di Israele è passata attraverso il parete consultivo della Corte Internazionale di Giustizia in merito alla costruzione della barriera difensiva eretta da Israele per proteggersi dagli attentati terroristici.
Questa “battaglia” è solo una delle tante che a partire dagli anni Settanta, si stanno svolgendo nei confronti di Israele in numerosi forum internazionali capeggiati dall’ONU e tramite numerose ONG.
Nella fase più sanguinosa della seconda intifada orchestrata da Yasser Arafat, tra il 2002 e il 2003, si sono succeduti un numero impressionante di attentati suicidi che causarono più di mille morti e migliaia di feriti tra la popolazione civile israeliana. La maggior parte degli attentatori proveniva da zone arabe della Samaria e di Gerusalemme. Non essendoci ostacoli o controlli di nessun tipo tra i territori amministrati dall’ANP e quelli amministrati da Israele, i terroristi potevano – anche con l’aiuto di arabi israeliani – compiere sanguinosi attentati nel cuore stesso di Israele. Come è emerso ampiamente da numerosi documenti ufficiali dell’Autorità Nazionale Palestinese, rinvenuti dall’esercito israeliano dopo l’operazione “Defensive Shield” del 2002, vi fu un coinvolgimento diretto da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese nella gestione degli attentati, logistico, organizzativo ed economico. Al fine di difendere la popolazione, nel 2003 il governo israeliano, iniziò la costruzione di una barriera in metallo e reticolato in Giudea, Samaria e attorno a Gerusalemme. Solo brevi tratti di questa barriera furono realizzati in cemento armato in prossimità di alcuni centri abitati dove i cecchini palestinesi potevano colpire indisturbati le case abitate e le strade frequentate dagli israeliani.
L’8 dicembre 2003, in maniera davvero repentina, L’Assemblea Generale dell’ONU convocata la decima sessione speciale d’emergenza, adottò la Risoluzione ES-10/14, nella quale – dopo aver accusato Israele di numerosi reati – chiedeva alla Corte di Giustizia Internazionale il suo parere in merito alla barriera difensiva che Israele stava costruendo. Qui sotto è riportato il testo in originale della richiesta contenuta nella risoluzione:
Questa è la traduzione del testo:
“Quali sono le conseguenze legali scaturite dalla costruzione del muro che sta venendo edificato da parte di Israele la Potenza occupante, nei territori palestinesi occupati, inclusa e attorno a Gerusalemme, come descritto nel report del Segretario Generale, considerando le leggi e i principi della legge internazionale, incluse la IV Convenzione di Ginevra del 1949, e le rilevanti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale?”
Il 9 luglio 2004, la Corte Internazionale di Giustizia, con proprio pronunciamento ha dichiarato illegale la costruzione della barriera. Va precisato che anche in questo caso, come in tutti i casi riguardanti le risoluzioni avverse a Israele approvate dall’ONU, non si tratta di una sentenza che fa testo per il diritto internazionale essendo il pronunciamento della Corte un parere consultivo e non una sentenza vincolante.
Dal punto di vista mediatico e diplomatico, fu in ogni caso, un duro colpo per Israele, ed era esattamente quello che volevano ottenere i promotori del parere.
Lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia così come approvato dal Trattato di San Francisco del 1945 con il quale fu istituita, prevede che la Corte agisca su richiesta degli Stati membri dell’ONU i quali hanno una disputa. Il primo requisito è che siano gli Stati riconosciti all’ONU a rivolgersi alla Corte, e una volta ottenuta la sentenza, implicitamente, gli Stati coinvolti ne accettano la decisione che diventa per loro vincolante. E’ anche facoltà di altri organismi, come ONG o altri come nel caso dell’Assemblea Generale, di richiedere un semplice parere consultivo alla Corte che però in nessun caso diviene vincolante e perciò fa testo per il diritto internazionale. Tutto ciò non ha impedito che sia stato creato un caso politico ad arte da propagandato da numerosi mass-media per fare apparire la barriera israeliana in costruzione illegale dal punto di vista del diritto internazionale.
Relativamete alla barriera difensiva di Israele, va evidenziato in primis che fu l’Assemblea Generale a richiederne un parere alla Corte e non una sentenza, dal momento che non aveva l’autorità per farlo. Inoltre, fatto molto più importante, nella richiesta del parere era già scritto il verdetto.
Esaminiamo la richiesta in originale, presa dalla risoluzione dell’Assemblea Generale:
“Quali sono le conseguenze legali scaturite dalla costruzione del muro che sta venendo edificato da parte di Israele la Potenza occupante, nei territori palestinesi occupati, inclusa e attorno a Gerusalemme, come descritto nel report del Segretario Generale, considerando le leggi e i principi della legge internazionale, incluse la IV Convenzione di Ginevra del 1949, e le rilevanti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale?”
Come appare evidente, i termini della richiesta sono del tutto sbilanciati e accusatori nei confronti di Israele: si definisce Israele “potenza occupante” cosa non vera, si menzionano “territori palestinesi occupati” altra cosa palesemente falsa, in quanto questo implicherebbe l’esistenza di una entità statuale palestinese che ad un certo punto Israele avrebbe occupato. Si cita la IV Convenzione di Ginevra che nulla a che vedere con la situazione della Giudea e Samaria.
Le “rilevanti” risoluzioni di condanna nei confronti di Israele, prese dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea Generale sono tutti testi orientati politicamente e privi di valore giuridicio.
Nel testo non c’è nessun accenno sulla ragione della costruzione della barriera né agli attentati terroristici che avevano colpito la popolazione civile di Israele. La richiesta dell’Assemblea Generale fa riferimento ad un rapporto del Segretario Generale dell’ONU inviato alla Corte per fornire gli elementi necessari all’emissione del parere consultivo. In questa circostanza l’Assemblea Generale superò se stessa. Infatti fece redigere ben due rapporti, realizzati, per conto della Commissione dei Diritti Umani, da John Dugard e Jean Ziegler che non avevano nessun titolo per un compito del genere ma erano noti solo per la loro posizione fortemente anti-israeliana. In particolare Jean Ziegler, tra le altre cose, era il co-fondatore del premio “Mu’ammar Gheddafi” per i diritti umani. Naturalmente Ziegler giunse alla conclusione che la barriera difensiva era un “muro dell’apartheid”.
In quello che può essere considerato un verdetto annunciato, la Corte Internazionale di Giustizia considerò la barriera difensiva illegale.
La motivazione del parere della Corte è ancora più grottesca della richiesta rivoltale dall’Assemblea Generale. Il parere della Corte, si basava sulla IV Convenzione di Ginevra, che si applica, solamente, nel caso di conflitto armato tra due Stati. In questo caso c’era uno Stato (Israele), che secondo la Corte non poteva difendersi – nei termini sanciti dall’art.51 della Carta ONU sulla legittima difesa – perché l’avversario non era uno Stato riconosciuto. Proprio così: Israele non può difendersi perché non è attaccato da un altro Stato ma al contempo viene condannato in base ad una Convenzione che si riferisce unicamente al caso di un conflitto tra due Stati. Come si può facilmente capire, il parere della Corte contiene una palese contraddizione che ne inficia la validità. Infatti, ben tre giudici membri della Corte espressero subito delle serie riserve sulla validità del parere espresso dalla Corte. Tuttavia lo scopo era stato raggiunto. Per i mass media e i sedicenti “esperti” Israele violerebbe anche le “sentenze” della Corte Internazionale di Giustizia che sentenze però non sono.