È appena uscito nelle sale cinematografiche italiane il film “La signora della zoo di Varsavia”, diretto da Niki Caro e basato sul libro della scrittrice americana Diane Ackerman The zookeeper’s wife, vincitore dell’Orion Book Award. Il film è ispirato alla storia vera di Jan Zabinski, direttore dello zoo di Varsavia e di sua moglie Antonina, che riuscirono a salvare dallo sterminio nazista centinaia di ebrei durante l’occupazione tedesca della Polonia. Ma proviamo a ricostruire la storia di questi coniugi polacchi, molto uniti nella vita privata quanto in quella professionale, la cui vicenda “si è persa tra le pieghe della storia, come talvolta succede agli atti radicalmente compassionevoli”, scrive Diane Ackerman. Negli anni Trenta, lo zoo di Varsavia, era uno dei più grandi giardini zoologici di tutta Europa, un’oasi naturale, sulla riva destra del fiume Vistola, che ospitava innumerevoli specie di animali. Un luogo idilliaco e incantato, su cui però aleggiava lo spettro della Seconda guerra mondiale. Jan Zabinski era il direttore di questa oasi di cui era anche fondatore. Zoologo e autore di numerosi libri di biologia e psicologia animale, Jan era aiutato nella sua attività dalla moglie Antonina, musicista appassionata d’arte, dotata di una straordinaria sensibilità per gli animali come per le persone, talmente coraggiosa da mettere a repentaglio la propria vita e quella della propria famiglia.
Ricostruiamo la loro storia. Nel settembre del 1939 durante l’assedio di Varsavia, i bombardamenti della Luftwaffe devastarono il giardino zoologico e decimarono i suoi animali. Jan Zabinski però non si perse d’animo e soprattutto non fu indifferente alle sofferenze degli ebrei. Quando fu istituito il ghetto di Varsavia, lui e Antonina iniziarono ad aiutare i loro amici confinati lì dentro. Come impiegato del comune di Varsavia gli fu permesso di entrare nel Jüdischer Wohnbezirk. Con il pretesto di occuparsi degli alberi, della flora e del piccolo giardino pubblico, all’interno dell’area, Jan si recava dai suoi conoscenti ebrei, cercando di aiutarli, come meglio poteva, fornendo loro cibo, notizie, e riuscendo anche a far fuggire qualcuno. Poi, quando la situazione precipitò, offrì a diverse centinaia di ebrei un rifugio provvisorio nelle gallerie sotterranee dello zoo e dette asilo a venti ebrei nella sua abitazione a due piani all’interno del giardino zoologico. Tra il 1942 e il 1944, nella casa furono “ospitati”, tra gli altri, l’avvocato Levi (Krzyżanowski), la moglie e le loro due figlie; Pavel Frenkel (Zieliński) e la moglie; la scultrice Magdalena Gross e quattro membri della famiglia Kenigswein-Sobol. Operando nella resistenza clandestina polacca, l’Armia Krajowa, Jan forniva documenti falsi agli ebrei che parlavano tedesco e sembravano ariani, trovando loro rifugio in luoghi lontani dove sottrarsi ai rastrellamenti tedeschi. In questa impresa pericolosa fu aiutato da sua moglie Antonina e dal loro giovane figlio Ryszard. Jan partecipò poi alla rivolta di Varsavia del 1944 e dopo la chiusura del ghetto fu catturato dai tedeschi e inviato come prigioniero in Germania, ma Antonina continuò ad aiutare gli ebrei che si nascondevano tra le rovine della città.
Degli ebrei salvati da Jan e Antonina sono ancora vivi Moshe e Stefania Tirosh, fratello e sorella che per tre settimane nel 1943 vissero nascosti nello zoo, quando erano due bambini rispettivamente di 6 e 4 anni, e il cui cognome era Kenigswein. Il padre Shmuel era un partigiano ebreo e prima di partecipare all’insurrezione nel ghetto di Varsavia decise di mettere al sicuro la moglie Regina e i figli, e chiese a Jan di farlo.
L’umanesimo è ciò che contraddistinse questa coppia che sconvolta dall’orrore del razzismo nazista salvò la vita a più di trecento persone. Come scrisse Jan, nella sua testimonianza: “Non appartengo a nessun partito, e nessun programma di partito mi fece da guida durante l’occupazione. (…) Sono un polacco – un democratico. Le mie azioni furono e sono frutto di una educazione progressista-umanistica che ho ricevuto a casa così come alla Kreczmar High School. Molte volte ho voluto analizzare le cause del disprezzo per gli ebrei, ma non sono riuscito a trovarne nessuna, a parte quelle meramente artificiose”. Il 21 settembre 1965, lo Yad Vashem di Gerusalemme, l’Ente nazionale israeliano per la Memoria della Shoah, insignì Jan Zabinski e Antonina Zabinska del titolo di “Giusti tra le Nazioni”. Il 30 ottobre 1968, Jan piantò un albero sul Monte della Rimembranza (Har HaZikaron) a Gerusalemme, non solo a ricordo perenne della generosità e correttezza mostrata nei confronti degli ebrei, ma per fruttificare lasciti alle generazioni future.