Il mese scorso abbiamo intervistato Mirko Giordani, ragazzo italiano recatosi in Israele per studio, promettendovi che avremmo raccolto altre testimonianze.
Promessa mantenuta. Dopo Mirko, ecco il suo amico Leonardo Rossi, che l’ha raggiunto in Israele per Natale. Ogni giorno condivide la sua esperienza sul suo diario facebook. Gli abbiamo chiesto le sue impressioni.
Leonardo, perché sei andato in Israele?
Da studente di storia contemporanea sono venuto in Israele per cercare di comprendere più da vicino le ragioni, gli effetti, l’evoluzione del conflitto arabo-israeliano. Sono qui perché questo paese custodisce oltretutto patrimoni archeologici unici, siti meravigliosi dalla bellezza sconvolgente. Sono poi venuto a trovare il mio amico Mirko Giordani, ragazzo italiano che studia all’IDC grazie ad uno scambio bilaterale e con il quale, insieme ad altri ragazzi e ragazze, ho fondato l’associazione politica giovanile Blu Lab, che ha tra i suoi punti cardine la difesa di Israele e del diritto del suo popolo ad esistere. Last but not least, sono qua perché ho sempre sognato di trascorrere il Natale in Terra Santa, qui dove le minoritarie comunità cristiane conservano ancora il sacro fuoco della fede e il profondo valore del Natale.
Cosa ti aspettavi e cosa hai trovato?
Molti turisti occidentali vengono in Israele e pensano di trovare gente che spara per strada o guerriglia. Io non mi aspettavo certo questo, ma neppure quello che ho trovato. Ho trovato un popolo che vive serenamente la propria vita, sapendo che talvolta è richiesta una necessaria privazione di libertà personali in nome della sicurezza. Immagino che in Italia darebbe molto fastidio aspettare in fila prima di entrare in discoteca perché il buttafuori deve controllare e ispezionare tutti uno ad uno, anche le persone che conosce. Ma qui é normale, è accettato. Il Paese è bellissimo, si passa con facilità dai siti storici alle Manhattan mediorientali. Incredibile.
Che esperienze hai avuto con gli israeliani?
Questa esperienza mi sta molto arricchendo, ho conosciuto in brevissimo tempo molte persone che vivono qui e mi sono confrontato con loro. Sono esperienze che porterò sempre con me. Come la chiacchierata su delicate questioni tra cui i rapporti tra Israele e Palestina, la condizione degli arabi che vivono in Israele e l’assai delicatissima questione dei “settlements“, il tutto davanti ad un narghilè a casa di un ragazzo arabo-israeliano, una delle prime sere che sono arrivato. O gli incontri con padre Quirico ad Akko (Acri) e padre Sebastiano a Gerusalemme Est: niente buonismo, cruda realtà.
Condividerai queste esperienze con altri?
Ogni giorno scrivo sul mio profilo Facebook una pagina del mio “diario di viaggio”, dove racconto dei luoghi meravigliosi che vedo e degli incontri talvolta inaspettati che ho la fortuna di fare. È un modo per raccontare Israele alle persone che conosco, è un modo per restituire a questi luoghi e a queste persone l’immagine autentica che meritano e non quella, troppo spesso distorta, che molti media cercano di pennellare loro addosso.
Avendo visitato sia Israele sia la Palestina, come valuti le differenze?
Per Natale sono stato a Betlemme, in Territorio Palestinese, e ho potuto tastare l’abissale distanza tra due mondi così diversi e paradossalmente così vicini tanto da essere separati solo da un alto muro. In Palestina ogni persona che incontri è gentile con te e vuole portarti a visitare i “segni dell’operazione israeliana e dei coloni”. Sanno fare un’ottima propaganda coi turisti, non mi stupirei se un occidentale poco informato e poco preparato da un punto di vista storico, venendo in Palestina, una volta tornato a casa diventasse attivista “pro-Pal”. Tutto in Palestina sembra essere fatto in “favor di telecamere”. Ma forse quel muro, indispensabile al momento per la sicurezza dei “coloni”, è il miglior alleato della propaganda anti-israeliana. Su questo aspetto, forse l’unico, gli arabi sono cento anni avanti rispetto agli israeliani.
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