Il dodici febbraio di settantanove anni fa, a Tel Aviv, alcuni poliziotti britannici fecero irruzione in un appartamento nella Mizrachi Bet Street, nel quartiere alla moda di Florentin, e lì vi uccisero un uomo.
Non lo trovarono immediatamente, lo tradì un pennello da barba appena usato, ancora intriso d’acqua, che indusse gli agenti a cercare con più attenzione. Il sovrintendente Jeffrey Morton infilò una mano nelle profondità di in un armadio e, nel folto dei vestiti, tastò un corpo. L’uomo venne tirato fuori con violenza, ammanettato e colpito con due pallottole alle spalle.
La vittima dell’esecuzione fu un poeta trentacinquenne, uno studioso di lettere classiche, un dandy sensuale e malinconico, ma soprattutto il fondatore di un’organizzazione paramilitare sionista denominata Lohamei Herut Israel. Il suo nome era Avraham Stern, noto anche come “Yair”.
A diciotto anni, il giovane Stern, dopo una serie di peripezie familiari dovute alla Prima guerra mondiale, decise di emigrare, da solo, in Palestina. Affascinato dall’ideale sionista e imbevuto di letture romantiche, durante le rivolte arabe del 1929 prestò servizio come combattente dell’Haganah, la milizia ebraica di autodifesa. Nel corso di questo periodo strinse amicizia con Avraham Tehomi, che due anni più tardi fonderà l’Irgun Zvai Leumi. Per quest’ultima compose il primo inno ufficiale: Hayalim Almonim, “Soldati Anonimi”.
Stern amò due cose: la poesia e Israele. Il suo amore per la patria ebraica fu carnale, furioso, cavalleresco. Non conosceva compromessi né prudenze. Le sue idee nazionaliste bruciarono come una fiamma. Gli anni Trenta rappresentarono per lui un momento di esplosiva creatività. Studiò in Italia, a Firenze, completò la sua tesi di dottorato sull’eros nella letteratura greca e compose diverse poesie. La sua scrittura è ricolma di morte e di sogni di gloria. In essa vibra il desiderio di eternità caratteristico degli eroi omerici.
Sotto il profilo politico, il suo nazionalismo intransigente e il suo estetismo lo resero inviso a numerosi esponenti sionisti, anche all’interno dell’Irgun, della quale fu un ufficiale. I revisionisti gli apparvero troppo cauti e – quando scoppiò la Seconda guerra mondiale –, non condivise la loro scelta di supportare l’Inghilterra nella lotta al nazismo.
Sostenne che gli ebrei, nella loro terra, erano schiacciati dal tallone degli inglesi; che essi avrebbero dovuto siglare un patto con i nemici dei loro nemici, ovvero i nazisti. Credette, così, di poter cacciare gli inglesi dalla Palestina e, al contempo, di aiutare i nazisti a liberare l’Europa dalla presenza ebraica, trasferendola in uno Stato ebraico.
Sulla base delle suddette convenzioni, nel 1940, fondò il Lohamei Herut Israel – Combattenti per la Libertà d’Israele – e radunò attorno a sé un manipolo di delusi dal sionismo revisionista e da quello laburista. Stern fornì loro una casa e un’ideologia sincretica, che fondeva elementi nazionalisti e socialisti, sulla scia del fascismo europeo.
L’organizzazione paramilitare, nota anche come Lehi o più semplicemente come “Banda Stern”, fu un fallimento. Stern era carismatico, ma non riuscì a rinvenire denaro e alleati. Le attività del gruppo consistettero in rapine, fabbricazione di esplosivi, sporadici attacchi a basi militari inglesi e la stampa di un giornale clandestino, il Bamahteret. Tentò anche di mettersi in contatto coi nazisti ed inviò Naftali Lubinchik a Beirut per un incontro con un rappresentante del ministero degli Esteri tedesco. Lubinchik disse ai tedeschi che il “problema ebraico” avrebbe potuto essere risolto inviando gli ebrei in Palestina, dove avrebbero creato una forza militare ebraica per aiutarli a sconfiggere gli inglesi. I tedeschi non erano interessati. Tale tentativo gli costò numerose defezioni e minò la sua reputazione presso gli altri sionisti.
Questi tentativi diplomatici furono infruttuosi perché i tedeschi preferirono accordarsi con le masse arabe piuttosto che con una piccola organizzazione ebraica. Proprio come tutti gli altri, allora, Stern, non potè immaginare che i nazisti stessero mettendo in atto la “Soluzione Finale”.
Il Lohamei Herut Israel rimase, nel complesso, una formazione marginale fino alla scomparsa del suo ideatore. In seguito, sarà rifondata da un nucleo più aggressivo di militanti e intraprenderà numerose azioni terroristiche, tra le quali l’assassinio del diplomatico svedese Folke Bernadotte. Avraham Stern non fu responsabile, materialmente, di alcun omicidio. La sua morte apparve come un’esecuzione, nonostante tale versione venne contestata dai britannici.
Sotto alcuni aspetti, Stern può essere paragonato a Robert Brasillach, il collaborazionista francese fucilato ad Arcueil. Sebbene Brasillach fosse antisemita, come Stern fu un letterato, un amante del bello e offuscato da un nazionalismo ardente. Entrambi furono ossessionati dall’ideale della “bella morte” e pagarono un prezzo molto alto per le loro scelte politiche.
Avraham Stern ebbe sempre sul capo le ali brune dell’angelo della morte. Si accorse della loro ombra, forse, nel 1934, quando scrisse i seguenti versi: “Salutiamolo: lascia che il nostro sangue sia un tappeto rosso per le strade, e su questo tappeto, le nostre menti saranno come gigli bianchi”.