Editoriali

Il vento è cambiato

Il vento è cambiato, ma quanti se ne sono accorti? Israele non è più la nazione da criticare sempre e comunque, da indicare all’odio ed al disprezzo. Con una sola eccezione, che ovviamente è l’ONU, sono molti ad averne preso atto. Una brevissima panoramica su quanto è avvenuto in poco più di un mese renderà chiaro il quadro dei mutamenti intervenuti.
In novembre Netanyahu si è incontrato con il sultano dell’Oman, che lo ha accolto con una cordialità eccezionale ed ha affermato pubblicamente che è venuto il momento, per il mondo arabo ed islamico, di accettare la realtà dei fatti, che cioè Israele esiste ed è uno stato legittimamente presente nella regione. Il Qatar collabora attivamente con Israele nel fornire assistenza umanitaria agli abitanti di Gaza. Ad Abu Dhabi due atleti israeliani hanno vinto competizioni di judo del Grand Slam e benché abbiano dovuto rinunciare ad esibire simboli nazionali la loro ammissione alle gare, concluse sul podio più alto, ha rappresentato una rottura con la tradizionale esclusione a priori di Israele da tutte le competizioni sportive regionali ed asiatiche . Il presidente del Ciad si è recato in visita ufficiale in Israele. L’Arabia Saudita ha avviato un’iniziativa per il riconoscimento di Israele. E nessuno di questi stati, oggi, ha relazioni diplomatiche con Israele.
Perfino la CNN si è resa conto che certe cose sono intollerabili. Uno dei suoi commentatori ed esperti, Marc Hamont Hill, nella giornata indetta dall’ONU per celebrare la solidarietà con il popolo palestinese, si è aggiunto al coro di quanti auspicano la creazione di uno stato arabo palestinese “dal fiume al mare”, il che implicherebbe l’annientamento di Israele. Il giorno dopo il suo applauditissimo discorso all’ONU, però, Lamont Hill è stato licenziato in tronco dalla CNN.
Ma questo non è tutto.
Dopo due anni di trattative, sta partendo un gasdotto che porterà il gas israeliano da Cipro ad Otranto, facendo con ciò diventare Israele un fornitore di energia ai paesi dell’Unione Europea. Non è più attuale la vecchissima battuta israeliana in cui si racconta del saggio che interpella Dio: Ti ringrazio, Signore, per averci dato questa terra in cui scorrono il latte ed il miele, ma perché, Signore, ci hai dato proprio l’unica terra in cui non c’è il petrolio?
E poi c’è l’ultima iniziativa in ordine cronologico, quella che forse è la più clamorosa. All’Assemblea Generale dell’ONU, che ha approvato 6 risoluzioni di condanna d’Israele, tra le quali 2 risoluzioni  negano di fatto ogni legame degli ebrei col Muro del Pianto, i 28 paesi dell’Unione Europea hanno votato compatti a favore, ma il presidente di turno dell’Unione, austriaco,  ha pubblicamente avvertito l’Autorità Palestinese a non chiamare più il Monte del Tempio con il solo nome arabo, al Haram al Sharif, perché si tratta di un luogo sacro a tutte e tre le religioni monoteiste, ed ha annunciato che l’Unione Europea non voterà più a favore di risoluzioni che violino questo principio.
Anche il fatto che le incursioni di Israele sul territorio siriano per impedire all’Iran di stabilirvi basi militari e di rifornire con armi sofisticate Hezbollah vengano tollerate è oltremodo significativo.
Ma ora Israele, che si era trattenuto dal rispondere con durezza al massiccio attacco missilistico di Hamas (il che aveva provocato le dimissioni del ministro della Difesa Lieberman), ha lanciato ora una offensiva che ha lo scopo di distruggere la trentina di tunnel che Hezbollah ha costruito per invadere il nord d’Israele – tunnel scavati sotto il naso dei caschi blu dislocati al confine sotto il comando italiano ed in palese violazione della risoluzione 1701 dell’ONU del 2006; questa risoluzione prevedeva “l’istituzione, nella zona compresa tra la Linea Blu e il fiume Litani, di un’area priva di personale armato, di posizioni e armi che non siano quelle dell’esercito libanese e delle forze dell’ONU” ed imponeva   “il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, in maniera tale che non possano esserci armi o autorità in Libano se non quelle dello Stato libanese”.
Concludiamo con un’ ultima nota di ottimismo. Elinor Joseph, qui ritratta, è la prima donna araba israeliana (cristiana) a far parte col grado di caporale delle truppe combattenti israeliane. Già suo padre aveva servito l’esercito israeliano come paracadutista. Non sappiamo se anche lei verrà inviata sul fronte del confine col Libano, ma sappiamo che lei ama Israele, come l’ama suo padre, e che questo loro sentimento di appartenenza potrà servire da esempio ai palestinesi israeliani, contrariamente a quanto invece fanno i deputati arabi alla Knesset (il parlamento israeliano). Ma questa è la democrazia, questa è la libertà, questa è l’uguaglianza,alla faccia di chi accusa Israele di praticare l’apartheid.

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