Il tour dell’odio di Francesca Albanese, relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha avuto varie tappe in Italia la scorsa settimana, cominciando dall’università di Ca’ Foscari di Venezia.
Nelle tappe del tour l’Albanese ha sciorniato il copione consueto della demonizzazione di Israele che iniziò ad essere apparecchiato nell’ex Unione Sovietica negli anni Sessanta subendo una particolare accelerazione dopo la clamorosa vittoria israeliana nella Guerra dei Sei Giorni.
Come ricorda Robert Spencer nel suo The history of jihad, from Muhammad to Isis “Il capo del KGB, Yuri Andropov, osservò che ‘il mondo islamico era una piastra di Petri in cui potevamo coltivare un ceppo virulento di odio antiamericano e antisraeliano, cresciuto dal batterio del pensiero marxista-leninista. L’antisemitismo islamico ha radici profonde… . Dovevamo solo continuare a ripetere i nostri argomenti – che gli Stati Uniti e Israele erano ‘paesi fascisti, imperial-sionisti’ finanziati da ricchi ebrei. L’Islam era ossessionato dall’idea di evitare l’occupazione del suo territorio da parte degli infedeli ed era assolutamente ricettivo al ritratto da noi fatto del Congresso americano come un rapace organismo sionista volto a trasformare il mondo in un feudo ebraico’”.
Il pezzo forte del copione consiste da allora ad oggi, nel presentare, contro ogni determinazione fattuale e storica, gli ebrei come colonizzatori di una terra che apparterrebbe di diritto agli arabi e, conseguentemente, come oppressori, usurpatori, carnefici di un popolo e delle sue prerogative. E’ la grande fiction consolidata da decenni e che ha assunto la forma di una realtà parallela dentro alla quale l’oggettività dei fatti, la realtà storica viene totalmente sostituita da una rappresentazione governata dalla menzogna.
Così, in ossequio a questa narrativa l’Albanese, ultima travet nella lunga catena della manovalanza antisonista che senza sosta si è rinnovata all’ONU, ha dichiarato che “Il fine dell’occupazione è quello di colonizzare e sottomettere la popolazione palestinese a un regime di dominio, oltre a voler acquisire quanto più territorio senza i suoi residenti palestinesi”.
Raffigurare Israele come uno Stato canaglia, come lo Stato canaglia del Medio Oriente, è la ragione d’essere di questo immane sforzo, così come, novanta anni fa, l’altro immane sforzo antecedente, da cui quello attuale discende per filiazione, fu quello da parte del nazionalsocialismo di additare l’ebreo come il nemico maggiore dell’umanità, il più infido, il più pericoloso, quello che maggiormente necessitava di essere rimosso dalla faccia della terra. A questo scopo, la solerte macchina della propaganda del Terzo Reich, non perdeva mai occasione per ribadire il concetto, inculcandolo il più possibile, non solo nei tedeschi, ma in tutto il mondo. E’ esattamente ciò che accade oggi in merito alla demonizzazione dello Stato ebraico.
Quando si arriva a dire come ha fatto l’Albanese recentemente, che Israele non ha diritto di difendersi dal terrorismo palestinese, chiamato, ovviamente, “resistenza”, non solo si replica il topos per il quale gli israeliani sarebbero come i nazisti (anch’esso forgiato a Mosca) e contro cui i “resistenti” di Hamas e del Jihad islamico ecc. avrebbero legittimità di aggressione, ma bensì si sottende che Israele dovrebbe soccombere.
Una cosa deve essere chiara e inequivocabile: l’Albanese è stata selezionata per il ruolo che ricopre in virtù della sua provata fede antisionista, condita da pregiudizi antisemiti, altrimenti non sarebbe stata scelta. Non sono ammessi dubbi, incertezze, cedimenti a coloro che si rendono e si sono resi solerti megafoni della propaganda. La propaganda vuole adepti, soldati, chiede abnegazione cieca. Per questo un personaggio come l’Albanese non accetterà mai un contraddittorio pubblico con chi sarebbe in grado di demolire fattualmente e puntualmente ogni falsità del suo castello di menzogne.