Se è vero che il tempo è galantuomo, mai bugia più feroce fu quella di considerarlo per gli accordi di pace israelo-palestinesi. Le condizioni per raggiungere un punto d’intesa quanto meno iniziale tra le parti resta un orizzonte siderale. Una chimera.
I fattori attuali dai quali non si può prescindere sono rappresentati dalla radicalizzazione di due poli. Di recente il governo israeliano ha approvato (come era nelle sue facoltà) la costruzione di più di 5.000 nuove unità abitative negli insediamenti in Cisgiordania; da parte palestinese i margini residui di buona volontà per costruire un nuovo percorso di pace sono totalmente assenti. Comanda solo Gaza, con i terroristi di Hamas, a loro volta ormai superati a destra da nuove e ancor più sanguinarie sigle (Fossa dei Leoni, Areen Al-Ousoud). L’Anp conta ormai come il due di coppe a briscola, per non parlare del suo vecchio, insulso leader Abu Mazen. I vertici delle sigle del terrore di Gaza e Jenin vengono accolti come eroi a Teheran. La diplomazia è sconfitta.
Camp David, Oslo, e tutti i tentativi di mettere attorno a un tavolo le due parti appaiono uno sbiadito ricordo, e la congiuntura internazionale attuale di certo non aiuta. Con un conflitto alle porta dell’Europa, con le minacce che si fanno di giorno in giorno più concrete della Cina di invadere Taiwan, con il regime degli ayatollah che nel frattempo si fregano le mani ben sapendo che tutte queste “distrazioni” belliche aiutano l’Iran a raggiungere in tempi brevissimi all’atomica. Ed ancora: con un’amministrazione americana ondeggiante, una linea di politica estera sul Medio Oriente ondeggiante, vaporosa (per non dire evanescente): e con le elezioni presidenziali alle porte, mai state così incerte anche in termini di candidati che sappiano garantire le capacità di un Roosevelt, di un Eisenhower o di un Reagan.
E dunque, quale futuro per Israele e per la pace? Personalmente resto convinto che qualunque futuro accordo sui quadranti mediorientali non possa che partire dal ridimensionamento iraniano. L’Iran è la più grande minaccia per Israele. Lo è persino di più rispetto allo stesso pericolo del terrorismo di marca palestinese. Gli scricchiolii degli Accordi di Abramo sono poi un ulteriore brutto segnale per Eretz. Insomma, siamo di fronte a un quadro a tinte foschissime.
Quanto costerà a Israele tutto questo? Moltissimo. E per chi ama Israele, con tutto ciò che esso rappresenta, questa è una prospettiva amarissima. Perchè nemmeno più il tempo – con queste condizioni – riuscirà a essere galantuomo.
Intravedere uno spiraglio di luce che porti alla pace in Medio Oriente, oggi, è un sogno spezzato. La formula del “due popoli, due Stati”, è diventata una favoletta impossibile da raccontare più nemmeno ai bambini. Facciamocene una ragione, anche se è dura.