Per comprendere l’attuale filoarabismo dell’Unione Europa che ha il suo culmine nel riconoscimento della gloriosa lotta di “liberazione” palestinese, è importante ricollegarsi a ciò che accadde durante la Guerra di Yom Kippur. Fu quello, infatti, il momento in cui il ricatto del petrolio venne usato con grande successo da parte degli stati arabi nei confronti dell’Europa con lo scopo di isolare il più possibile Israele
Alcuni fatti vanno ripercorsi.
Il 6 ottobre del 1973, il giorno di Yom Kippur, l’esercito egiziano e quello siriano attaccarono Israele di sorpresa attraverso il Canale di Suez e le Alture del Golan. Potevano contare sugli armamenti forniti abbondantemente dall’Unione Sovietica mentre Israele si trovava in grande difficoltà. A soli ventidue anni dalla Shoah, in Europa non si trovava nessuno dispostoa fornire il trasporto aereo per l’approvvigionamento di armi necessario a Israele per la sua difesa.
Il ricatto petrolifero arabo era già in azione. I produttori di petrolio avevano dichiarato chiaramente che chiunque fosse andato in soccorso dello stato ebraico ne avrebbe pagato le conseguenze.
Golda Meir, riuscì a trovare una sponda solo in Richard Nixon. Mentre Henry Kissinger era disponibile a inviare giusto qualche aereo, il presidente americano intervenne con risolutezza. E oggi, Israele non che ringraziarlo ancora per quello che fece all’epoca. Furono 566 le missioni aeree americane che consentirono a Israele di ricevere ventiduemila tonnellate di materiale bellico. Per rifornire di combustibile i loro aerei, gli americani poterono contare unicamente sul Portogallo. Nessun altro paese consentì l’atterraggio. La Gran Bretagna chiuse il suo aeroporto di Cipro mentre Willy Brandt pose il veto per l’uso delle basi NATO in Germania. Il dittatore portoghese Marcelo Caetano, si decise a questa concessione dietro la minaccia USA di abbandonare il Portogallo al proprio destino.
Nel frattempo, in una riunione urgente convocata in Kuwait, i ministri degli stati petroliferi si fecero ancora sentire aumentando del 70% il prezzo del petrolio. Gli stati che si fossero rifiutati di venire in aiuto di Israele o avessero apertamente preso posizione contro di esso, sarebbero stati esentati dall’aumento.
Non si dovette aspettare molto per raccogliere i frutti desiderati. La CEE, la Comunità Economica Europea, composta di nove membri e precorritrice dell’attuale UE, corse subito ai ripari producendo una dichiarazione congiunta nella quale chiedeva a Israele di lasciare i territori catturati nel 1967 senza alcun negoziato. A ciò andava aggiunto il riconoscimento dovuto ai palestinesi per i loro “legittimi diritti”. L’Europa capitolante proponeva a Israele una capitolazione analoga.
Come ha sottolineato recentemente Bat Ye’Or:
“Contro ogni aspettativa, Israele era sopravvissuta miracolosamente alla Shoah, poi alle tre guerre di annientamento dei Paesi arabi. La decisione europea di ridurre il suo territorio a delle proporzioni esigue e indifendibili non solamente la condannava a morte, ma violava la sua sovranità e i suoi diritti storici. Era evidente che la deliberata scelta europea d’imporre delle condizioni di pace inaccettabili per Israele la rinchiudeva in un conflitto che andava a tutto beneficio dell’Europa.”
E’ in questo scenario che Georges Pompidou propose a Willy Brandt di sviluppare le relazioni euro-arabe indipendentemente dagli Stati Uniti (da cui la Francia, da De Gaulle in poi ha sempre cercato di smarcarsi) includendo tra i nuovi amici Gheddafi al quale vendette cento aerei da incursione mentre, nel contempo, proseguiva la sua politica di embargo delle armi contro lo stato ebraico.
Non fa dunque meraviglia se il 14 e il 15 dicembre del 1973 a Copenhagen, durante un summit della CEE, parteciparono un gruppo di ministri arabi. Come ebbe a dire Henry Kissinger:
“Un gruppo di ministri arabi sono apparsi di sorpresa per esercitare pressione a proposito di Israele…Deve essere stata la prima volta nella storia che una delegazione di ministri esteri appaiono non invitati al summit di un continente al quale non appartengono”.
Il Segretario di Stato americano tuttavia sbagliava. Chi è in grado di sottomettere con i propri ricatti un continente in funzione anti-israeliana, ha tutto il diritto di esercitare su di esso, a proprio piacimento, tutela politica offrendo “consigli” che non si possono rifiutare.
L’applauso tributato il giugno scorso a Bruxelles ad Abu Mazen dai parlamentari europei in piedi mentre il Presidente dell’Autorità Palestinese, raccontava, insieme alle altre menzogne, di un fantomatico complotto rabbinico per avvelenare i pozzi della West Bank, è solo l’ultimo tassello, in ordine di tempo, di una débâcle morale cominciata quarantatré anni fa.
Applauso che riporta alla memoria quello, sempre tributato in piedi , ottenuto da Arafat nel settembre del 1974, quando, con 105 voti a favore contro 4 contrari, venne invitato a parlare all’ONU. Privilegio che nessun rappresentante di un governo non ufficialmente riconosciuto aveva mai ottenuto prima. Nemmeno uno stato europeo si schierò con gli Stati Uniti e Israele per impedire che accadesse.