Editoriali

Il regno ancora in corso

Benjamin Netanyahu, torna prepotentemente in primo piano su quella scena che in realtà non aveva mai abbandonato. Il risultato della terza tornata elettorale israeliana in meno di un anno, dopo le elezioni del  settembre e dell’aprile scorsi, conferisce al Likud un chiaro vantaggio sulla coalizione Bianco Blu guidata da Benny Gantz.

I risultati, dopo lo scrutinio del 90 % dei voti, indicano che la coalizione di centrodestra data dagli exit polls a 60 seggi ora ne avrebbe 59, solo meno due per avere la maggioranza che consentirebbe a Netanyahu di formare agevolmente un nuovo governo.

Circa settantamila voti separano il Likud, con il suo assestato 28,3% dalla coalizione Bianco Blu. Si rafforza la lista araba con il 13.7% e si rafforzano i partiti religiosi con un 7.8% ottenuto da Shas e un 6.8% ottenuto da Giudaismo Unito nella Torah.

Il risultato elettorale ci permette di fare due semplici considerazioni. Netanyahu, nonostante il rinvio a giudizio per frode, corruzione e abuso di ufficio con la prima udienza del processo che lo vede imputato, fissata il 17 marzo, ottiene la fiducia degli elettori. I reati di cui è accusato non sono dunque ritenuti sufficientemente gravi nella loro entità per screditarlo moralmente e politicamente e consentire a Benny Gantz di poterlo spodestare.

La forte sintonia personale con Donald Trump e i risultati ottenuti dall’amministrazione americana più vicina a Israele da sempre, hanno sicuramente influito sulla percezione generale che Netanyahu sia l’unico politico israeliano con le carte in regola per guidare il paese. L’unico in grado di tenere testa alle minacce circostanti, la principale quella iraniana.

Il ministro israeliano più longevo, che i suoi avversari politici speravano avviato a un declino inesorabile, l’uomo che con piglio cesarista è riuscito a trasformare il Likud in un partito personale e a tenere unita la coalizione di centrodestra, riesce ancora una volta a risorgere dalle sue presunte  ceneri.

La resilienza di Netanyahu è il segno tangibile di una forza e un carisma che i suoi avversari politici non riescono a contrastare. Entrato nuovamente nell’agone elettorale con sulle spalle il fardello giudiziario che lo riguarda e un corto circuito istituzionale inedito per la storia del paese, quello di un primo ministro in carica il quale, da imputato, riceve per l’ennesima volta il favore dell’elettorato, “Melech Bibi”, “Re Bibi”, appare inaffondabile.

Detto questo, la maggioranza necessaria a governare, Netanyahu se la vede ancora sfuggire per un soffio.

Se i dati attuali saranno confermati definitivamente si dovranno nuovamente riaprire i negoziati. Benny Gantz dovrà riconoscere che, nonostante egli abbia ottenuto un buon risultato, non riesce a sfondare, ad accreditarsi come alternativa credibile al leader del Likud. Come novità egli è e resta un cavallo zoppo.

Comunque vada, una cosa è certa, il “regno” di Bibi, il più lungo della storia moderna di Israele, è ancora in pieno corso.

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