Interviste

Il rebranding di Hamas: intervista a Eran Lahav

L’accordo sugli ostaggi in corso tra Israele e Hamas, fortemente sostenuto dalla presidenza di Donald Trump, sembra reggere finora, nonostante le numerose difficoltà riscontrate durante tutto il processo.

Un aspetto che non è certamente passato inosservato è l’orrendo spettacolo che Hamas mette in scena ogni volta che vengono liberati degli ostaggi, con tanto di palco, slogan e umiliazioni nei confronti di chi viene liberato. Tutto questo fa chiaramente parte di una complessa strategia di propaganda che Hamas sta sfruttando per cercare di riguadagnare credibilità e sostegno tra i palestinesi dopo aver causato, con l’eccidio del 7 ottobre 2023, la distruzione di Gaza. E non solo, perché Hamas sta anche cercando di rilanciarsi per i suoi seguaci in tutto il mondo.

La questione è in realtà molto più complessa di quanto sembri, e non si tratta solo di propaganda fine a se stessa. Per capire meglio di cosa si tratta, L’Informale ha deciso di parlare con Eran Lahav, ricercatore senior presso l’Israel Defense and Security Forum-IDSF ed esperto di jihad globale e proxy del terrore iraniano.

Abbiamo visto come, ogni volta che Hamas libera degli ostaggi, allestisce un palcoscenico e trasforma il fatto in un orribile spettacolo di propaganda. Cosa c’è dietro tutto questo?

Dobbiamo capire che Hamas ora sta cercando di ottenere potere, e un modo per farlo, attraverso questo accordo, non è solo cercare di reclutare nuovi uomini per i suoi ranghi, ma anche di rinnovare la propria sigla. Questo perché Hamas è stata pesantemente criticata dagli stessi palestinesi perché avrebbe causato la nuova “Nakba” a Gaza, che ora è un ammasso di rovine dopo la campagna militare. Hamas si è anche resa conto che l’organizzazione adeso è più debole dopo che abbiamo eliminato Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh, Marwan Issa, Mohammad Deif; quest’ultimo ha avuto un grande impatto sulle Brigate al-Qassam, è sicuramente una figura simbolica, una specie di Bin Laden per gli attivisti di Hamas.

A causa di queste eliminazioni, Hamas aveva bisogno di aumentare la motivazione tra la gente, non solo tra gli attivisti. Pertanto, stanno usando i cessate il fuoco e l’accordo sugli ostaggi per rinnovare la propria sigla e costruire una narrazione nuova.

Ho visto che anche durante la guerra, prima dell’accordo, Hamas stava implementando una nuova narrazione paragonando i nostri ostaggi ai loro terroristi detenuti nelle prigioni israeliane, mettendoli sullo stesso piano. Hanno fatto passare la versione secondo cui Israele ha “rapito” persone innocenti; mentre questi prigionieri in realtà sono dei terroristi. La maggior parte di loro ha perpetrato attacchi terroristici in Israele e ucciso molti israeliani. Hamas ha persino sfruttato il dibattito che si stava svolgendo in Israele riguardo alle condizioni degli ostaggi a Gaza, che è stata resa nota dopo il primo accordo l’anno scorso, e l’ha usata al contrario come se Israele stesse perpetrando le stesse atrocità compiute da Hamas (come gli stupri, le torture ecc.) contro i terroristi detenuti.

Hamas ritiene che la fine della guerra sia vicina e ora sta costruendo una narrazione sulla vittoria per contrastare le accuse di avere provocato una nuova “Nakba” a Gaza e per giustificare il “Diluvio di Al Aqsa” (l’eccidio del 7 ottobre). Come si vede sui social media, Hamas sta anche presentando l’attacco del 7 ottobre come la prima fase di una campagna più ampia per liberare Gerusalemme dagli ebrei.

Ciò significa che Hamas non solo non ha intenzione di rinunciare al  proprio potere a Gaza, ma vuole anche continuare la guerra contro Israele? Dopotutto, hanno affermato in diverse occasioni che perpetreranno altri attacchi in stile 7 ottobre.

Su uno dei palchi di Hamas durante la liberazione degli ostaggi, c’era un cartello in arabo ed ebraico che diceva “non ci sarà immigrazione se non a Gerusalemme”; era un messaggio chiaro rivolto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump in relazione al piano di ricollocazione. Non solo Hamas non ha intenzione di lasciare Gaza, ma significa anche che non smetterà mai di combatterci e la fine della guerra per loro è conquistare Gerusalemme. Questo fa parte del loro rebranding, per attrarre sostenitori. Mettiamo in conto che io sia un palestinese frustrato che ha sofferto durante la guerra, ma nella mia mente dico “ok, dopotutto è stata una cosa positiva perché ora siamo sulla buona strada per liberare Gerusalemme dagli ebrei”; un altro modo in cui chiamano “al-Aqsa Flood” è “il diluvio dei liberi”; questo è uno slogan. Si tratta di una sofisticata guerra psicologica per conto di Hamas e lo fanno da sempre. Inoltre, Hamas rivendica anche il merito di aver ottenuto la liberazione dei terroristi palestinesi dalle prigioni israeliane grazie all’accordo raggiunto dopo il “Diluvio di Al Aqsa”.

Hamas crede di potere ancora sopravvivere, giusto?

Sì, Hamas crede di potere sopravvivere e ha la carta degli ostaggi da giocare. La usa il più possibile perché sa che uno dei principi fondamentali di Israele è riportare tutti indietro, non lasciare nessuno indietro. Tuttavia, Hamas sa anche che una volta finita la guerra potrebbe finire in una trappola, con Israele e gli Stati Uniti che aspettano il termine dell’accordo per poi attaccare e sradicare Hamas. Questo non può essere fatto oggi a causa degli ostaggi e se Israele non riesce a riportarli tutti indietro, sarà la più grande “Masada”, il più grande fallimento della nazione e i nostri nipoti verrà tramandato in questo modo. Questo è un punto debole di Israele e Hamas lo sta usando per la propria causa.

Hamas è disposto a raggiungere un accordo con l’Autorità Nazionale Palestinese per il governo di Gaza?

No. Hamas è in guerra con l’ANP. Parte dell’interesse di Hamas per sopravvivere è governare l’ANP. Per liberare Gerusalemme, devono prendere il controllo della Giudea e della Samaria, per toglierla all’ANP. Sappiamo tutti che l’ANP ha dichiarato di volere governare Gaza dopo la guerra, ma questa è una fantasia; i gazawi non permetteranno mai ad Abu Mazen di entrare a Gaza. Stessa cosa con gli altri funzionari corrotti dell’ANP, non possono entrare.

Hamas ne è ben consapevole e ha un forte sostegno in Giudea e Samaria; vogliono fare come hanno fatto a Gaza nel 2006, prendere il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, che è molto odiata soprattutto tra le giovani generazioni. Hamas sta quindi usando la narrazione della “vittoria” del diluvio di al Aqsa per ottenere sostegno politico perché, in quanto organizzazione islamista, ha bisogno di mostrare di avere potere.

E a proposito, parte del piano di Hamas per la Giudea e la Samaria è di perpetrare un altro 7 ottobre da lì. A mio parere, Israele ha commesso l’enorme errore di pensare che Hamas sia anche un’organizzazione politica oltre che terroristica e sfortunatamente ciò ha portato all’eccidio del 7 ottobre.

Da dove proviene il sostegno ad Hamas in Cisgiordania?

L’islamismo è più diffuso lì oggi; ci sono persone provenienti da al-Fatah che sono diventate più radicali e si sono unite a gruppi islamisti composti principalmente da giovanissimi cresciuti sotto la corruzione dell’Autorità Nazionale Palestinese; frequentano le moschee e la maggior parte di questi siti sono gestiti da Hamas e dalla Jihad Islamica Palestinese. Questi ultimi sono le roccaforti dell’Iran in Giudea e Samaria. L’Iran fornisce loro armi e le usa per diffondere propaganda tra i palestinesi. Stanno cercando di fare in Giudea e Samaria quello che hanno già fatto a Gaza.

Quando pensiamo ad Hamas, spesso lo immaginiamo come un gruppo di terroristi ignoranti ed estremisti islamici che si nascondono sottoterra. Alcuni potrebbero dire, come possono inventarrsi una narrazione e una propaganda così sofisticate e complesse? Ma Hamas non è molto più di quello che è percepito?

Assolutamente. C’è l’ala politica, per così dire, che risiede in Qatar ed è formata da terroristi che si sono trasformati in politici. Hamas è ben finanziata da Qatar e Iran, e stanno persino tassando i cittadini di Gaza per gli aiuti umanitari che arrivano nella Striscia dall’estero; usano anche il riciclaggio di denaro, la criptovaluta, l’attività delle fondazioni di beneficenza secondo il metodo della Fratellanza Musulmana.

Zahir Jabarin, che è il leader dell’ala militare di Hamas in Giudea e Samaria (e il sostituto di Saleh el-Arouri, eliminato l’anno scorso in Libano), è un assassino che è stato rilasciato nell’accordo per riavere Gilad Shalit e ora risiede a Istanbul, in Turchia. Jabarin è un esperto nel finanziamento di Hamas. Non è solo incaricato di fornire direttive per gli attacchi, ma è anche fortemente coinvolto nella raccolta fondi per Hamas.

Naturalmente, Hamas è stata gravemente danneggiata dalla campagna militare israeliana, ma l’organizzazione ha ancora diverse opzioni per riprendere il potere. E a proposito, mandare in Turchia i terroristi di Hamas liberati, è un rischio serio perché è lì che si trova una delle basi principali dell’organizzazione.

Cosa suggeriresti di fare per contrastare la narrazione della vittoria di Hamas?

Dipende dal pubblico a cui vogliamo rivolgerci: se vogliamo parlare alla comunità internazionale, dobbiamo concentrarci su quanto la narrazione di Hamas sia folle e vada contro ogni valore europeo e occidentale. La gente in Occidente non capisce quanto sia assurda. Dovremmo spiegare chi sono veramente i “prigionieri” che vengono rilasciati dalle prigioni israeliane; perché Hamas li ha paragonati ai nostri ostaggi, dicono che li abbiamo rapiti noi, ed è una cosa molto intelligente da dire, perché la maggior parte delle persone non è consapevole della differenza e potrebbe cascarci.

Prendiamo le immagini di bambini che indossano le fasce di al-Qassam e portano armi, fianco a fianco con i terroristi Nukhba e cantano lo slogan “Khaybar Khaybar ya Yahud”, uno slogan di protesta coniato dal fondatore di Hamas Ahmed Yasin negli anni ’80 e che fa riferimento alla battaglia di Khaybar del 628 d.C., iniziata dopo che Maometto marciò con un grande esercito musulmano e assediò Khaybar, un’oasi che ospitava una comunità ebraica. È così che Hamas cresce i suoi figli. Corrisponde ai valori europei? È così che si vogliono fare crescere anche i propri figli in Occidente?.

Nel mondo arabo-musulmano è più complicato; per esempio, se lo spieghi alla gente negli Emirati è una cosa, ma se parli con i radicali musulmani in Egitto, allora è una situazione completamente diversa. Questo è solo un esempio.

C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere?

Sì, per quanto riguarda la narrazione di Hamas, l’obiettivo non è solo il rebranding, ma è anche un modo per reclutare nuovi terroristi nelle proprie fila, come ho scritto anche la scorsa settimana.

Credo che lo spettacolo che vediamo ogni sabato quando vengono rilasciati gli ostaggi sia anche una campagna di reclutamento, perché invitano la folla; vedi padri con bambini che scattano foto, come se fosse una specie di carnevale. Questi bambini penseranno che Hamas è il vincitore, che il 7 ottobre è stata una grande vittoria dell’Islam, che Sinwar è il moderno Saladino, e vorranno unirsi e saranno la prossima generazione di terroristi Nukhba. Ammirano i terroristi, si scattano foto insieme a loro, vogliono essere come loro perché pensano che per avere successo bisogna unirsi a Hamas. Con questo spettacolo propagandistico, Hamas sta già ricostruendo il suo esercito per gli anni a venire.

Se prendiamo ad esempio l’Europa, come ha agito l’ISIS? Ha inondato il web di propaganda visiva accompagnandola all’idea di unirsi all’ISIS a combattere per potere essere un buon musulmano. Hamas sta facendo la stessa cosa con i palestinesi. Più impressionante è lo spettacolo visivamente, meglio è, perché attirerà più giovani. Noi pensiamo che sia patologico, ma loro pensano che sia fantastico. È così che ottengono più sostegno, non solo tra i palestinesi, ma anche in tutto il mondo, perché hanno sostegno anche lì.

Un’ultima domanda. La loro ideologia è chiaramente un’“ideologia di morte” se paragonata ai valori occidentali che vogliono preservare e salvaguardare la vita. Non importa cosa accada, anche se Gaza viene fatta a pezzi, loro continuano a rivendicare la vittoria. Come possiamo contrastare una simile mentalità?

È difficile dire chi sia il vincitore quando le mentalità sono così diverse. Nella loro testa, se sopravvivono ai bombardamenti, all’offensiva militare, allora affermano di avere vinto. È pazzesco, ma non sono gli unici; Hezbollah e altre organizzazioni stanno facendo lo stesso.

Innanzitutto, non è che “vogliono morire”, vogliono in realtà “che tu e io moriamo”. Sinwar voleva vivere, credetemi, ma come altri grandi terroristi, ha convinto i suoi seguaci a suicidarsi in nome dell’Islam, contro gli ebrei o contro “gli occupanti”. Tutti questi “Shahid”, questi terroristi suicidi, sono disposti a morire per la causa dell’Islam. Non glorificano la morte per il gusto di farlo, ma glorificano ciò che sarebbe un bene per la causa, che sia l’Islam, la Palestina o il Califfato.Abbiamo valori diversi e non possiamo capirlo. Tuttavia, dobbiamo imparare a leggere i segnali, perché non ci rendiamo conto che loro pensano in modo diverso.

Se riduciamo il potere di Hamas, possiamo ridurre la motivazione; l’ideologia può sopravvivere ma in modo estremamente ridotto. È quello che è successo con Amal in Libano; era più grande, ma Hezbollah è stato creato con il grande aiuto dell’Iran, molto più di Amal, che alla fine è diminuita rispetto a Hezbollah. Questo è un modo per vincere questa orribile ideologia di cui stiamo parlando, che glorifica la morte e il suicidio per il bene della causa.

Traduzione di Niram Ferretti

 

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