Editoriali

Il prezzo da pagare?

È confortante ascoltare il presidente uscente degli Stati Uniti, Joe Biden, dichiarare che a Gaza, Hamas “Non governerà più” nel primo giorno del cessate il fuoco e della liberazione di tre donne detenute per un anno e tre mesi dal gruppo jihadista. Tuttavia, il futuro si vedrà e non sarà lui a incidere sulla governance di Gaza, ma il suo successore, Donald Trump, che domani entrerà ufficialmente in carica.

Il presente ci racconta un’altra storia, ovvero che seppure fortemente diminuito nelle sue capacità militari, Hamas è ancora operativo nella Striscia, e non si sa su quante nuove reclute può contare. Il presente, perché il futuro, di nuovo, si vedrà, ci mostra sulle televisioni israeliane, un’ala di folla che a Gaza inneggia a Hamas mentre i miliziani consegnano le donne rapite alla Croce Rossa.

Il potere delle immagini è enorme, e queste immagini che rapidamente hanno fatto il giro di tutto il mondo ma che hanno una pregnanza particolare per il Medio Oriente, comunicano una elementare verità, che Hamas non è ancora stato sconfitto, che gode di consenso (non si sa, ovviamente, in che misura) e che ha tenuto testa all'”aggressore” dopo quindici mesi di guerra praticamente ininterrotta. Semplificando ulteriormennte, le immagini comunicano che in un paesaggio parzialmente di macerie, Hamas è vivo e vegeto.

L’accordo in corso, contro il quale Benjamin Netanyahu ha resistito strenuamente, è andato in porto a inizio settimana dopo la visita in Israele del nuovo emissario per il Medio Oriente scelto da Trump, l’immobiliarista Steve Witkoff. Cosa abbia detto esattamente Witkoff a Netanyahu per persuaderlo ad accettare di accordarsi con Hamas non si sa, ma appare chiaro che gli abbia fatto presente che il presidente l’accordo lo voleva.

Questo accordo è dunque frutto soprattutto dell’ingresso sulla scena di Trump che dopo mesi e mesi di fallite negoziazioni da parte dell’Amministrazione Biden, può legittimamente intestarsene il merito. Ma è un merito?

Certamente non si può che essere felici per il ritorno a casa dei primi tre ostaggi, a cui, nei 42 giorni di tregua che dovrebbero seguire, ne verrebbero aggiunti altri trenta, ma a che prezzo?

Biden che consegna il testimone a Trump ci dice che Hamas non governerà più Gaza, ma perché questo accada, Hamas deve essere sconfitto, non ci sono altri modi per costringerlo a lasciare il potere. Per ottenere questo risultato, la guerra deve continuare.

Donald Trump si presenta sulla scena non da adesso come pacificatore e negoziatore, non ama le guerre protratte e al momento ha ottenuto da Netanyahu che la guerra a Gaza si fermasse. Netanyahu afferma di avere ottenuto da Biden e Trump garanzie che se Hamas non dovesse rispettare i patti, la guerra riprenderà, ma da domani Biden non conterà più niente, chi deciderà sarà solo Trump.

Si affaccia una ipotesi, forse non troppo peregrina, che Trump possa autorizzare strike mirati israeliani contro i siti nucleari iraniani a patto che la guerra a Gaza abbia fine e si possa procedere a riprendere gli Accordi di Abramo con un Iran ulteriormente indebolito, pagando il prezzo della permanenza di Hamas nella Striscia dopo la liberazione definitiva degli ultimi ostaggi, quelli residuali non previsti in questa prima fase.

Israele si dovrebbe quindi accontentare di avere fortemente colpito i responsabbili del 7 ottobre senza averli però annientati, e forse potrà rinforzare le proprie posizioni di presidio sull’asse del corridoio Filadelfia e altrove per scongiurare un altro 7 ottobre. E la vittoria tanto annunciata da Netanyahu? Non ci sarebbe, al suo posto ci sarebbero però i due regali degli attacchi mirati in Iran e della ripresa degli Accordi di Abramo.

Il problema di questo scenario, se è plausibile, è che l’Iran sarebbe ulteriormente indebolito ma tutto a vantaggio della Fratellanza Musulmana di cui Hamas è una costola, e del Qatar, che di Hamas è stato lo sponsor principale e che ha ospitato i round negoziali. Hamas rafforzerebbe ulteriormente la sua fisionomia di principale forza jihadista dell’arcipelago sunnita e si preparerebbe nel tempo ad un altro scontro contro Israele.

La postura di Trump nei confronti del Qatar si è ammorbidita assai da quando in linea con l’Arabia Saudita, lo considerava uno Stato terrorista, al punto che quando il settembre del 2024, l’emiro Al-Tahani è andato a visitarlo nella sua residenza in Florida, lo ha definito “uomo di pace”.

Lo scenario esposto è congetturale ma non il quadro presente, in cui Israele, dopo la formidabile rimonta di pochi mesi fa, è stato costretto ad accordarsi con Hamas consentendogli di mostrarsi sulle televisioni di tutto il mondo ancora in sella.

Non governerà più Gaza? Assai difficile, a questo punto, esserne sicuri.

 

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