Una pietra miliare nella creazione dello Stato di Israele fu, senza dubbio, l’appoggio da parte del governo di sua maestà britannica alla realizzazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina. Questo fondamentale sostegno politico è conosciuto come la “Dichiarazione Balfour” del 1917.
Questa dichiarazione ebbe molti importanti appoggi nell’esecutivo britannico, ad iniziare dal Primo Ministro Lloyd George, ma ebbe altresì diversi oppositori e per le più svariate ragioni, tra questi ultimi la figura più ostile fu senza dubbio quella di Edwin Montagu.
La Dichiarazione Balfour va vista nel contesto politico e diplomatico che si sviluppò, già pochi mesi dopo l’entrata in guerra dell’Impero ottomano a fianco delle Potenze centrali, nella più ampia cornice del nuovo assetto da dare ai territori mediorientali che sarebbero stati sottratti ai turchi dalle Potenze vincitrici.
Per quanto concerne l’area conosciuta in Europa come Palestina (né i turchi né gli arabi avevano mai utilizzato questo nome per designare una provincia, una regione o un territorio), fin dai primi giorni del 1915 il governo britannico iniziò a ipotizzare quale soluzione fosse la più conveniente per il proprio impero. Tra le ipotesi formulate vi fu quella volta a realizzare uno Stato ebraico sotto protettorato britannico, essa era contenuta in due memorandum scritti da Herbert Samuel (in quel momento un ministro del governo Asquith) nel gennaio e nel marzo 1915. Quasi contestualmente, Edwin Montagu all’epoca anch’egli ministro e consigliere di Asquith, scrisse un proprio memorandum (il 16 marzo 1915) dal segno opposto: vedeva questa proposta come controproducente sia per l’Impero britannico che per lo stesso popolo ebraico. Soprattutto riteneva la creazione di uno Stato nazionale ebraico dannosa per gli ebrei che vivevano pienamente inseriti nelle società dei paesi Occidentali.
Montagu proveniva da una facoltosa famiglia ebraica che nel corso del tempo aveva raggiunto importanti traguardi sociali e politici (egli stesso era uno dei pochissimi ebrei che avevano raggiunto la carica di ministro in tutta la storia inglese). Il suo forte anti sionismo derivava dalla paura che se si fosse costituito uno Stato nazionale ebraico nella terra degli avi, gli ebrei ben inseriti nelle società dei paesi nei quali vivevano avrebbero potuto perdere i risultati sociali e politici raggiunti o addirittura sarebbero potuti essere espulsi dai paesi dei quali erano cittadini. E’ da sottolineare che questo sentimento era molto comune anche fra gli ebrei più influenti che abitavano negli Stati Uniti. Di fatto era un sentimento indotto dal vivere in società ancora fortemente antisemite come il caso Dreyfus aveva mostrato in modo eclatante in Francia.
Nel corso del 1915 e 1916 il governo Asquith di fatto accantonò questa proposta di far rinascere una patria per il popolo ebraico sotto egida britannica. Le priorità britanniche divennero altre. Tra di esse c’era quella di saldare ulteriormente l’alleanza con la Francia e la Russia in funzione anti tedesca e anti turca. In questa ottica fu raggiunto un accordo con la Francia sul futuro assetto del Medio Oriente: il famoso accordo Sykes-Picot che prevedeva la suddivisione di tutte le aree mediorientali in due grandi zone di influenza franco-britannica. Alcune aree sarebbero state controllate direttamente mentre altre sarebbero state indipendenti ma sotto la “protezione” delle due Potenze.
Con questo accordo, l’area della Palestina (in giallo nella cartina) sarebbe diventata un territorio internazionale con la sola città portuale di Haifa sotto diretto controllo britannico.
Fu con l’insediamento dell’esecutivo di Lloyd George nel dicembre del 1916 che si poté creare la vera svolta politica atta a riaprire la strada che condusse alla formulazione della Dichiarazione Balfour.
Fu infatti il governo di Lylod George che mosse i primi passi ufficiali verso il riconoscimento dei diritti del popolo ebraico in terra di Israele. Un ruolo fondamentale, per questo passo, fu giocato dall’agronomo Aaron Aaronsohn il quale raggiunse Londra sul finire del 1916.
Aaronsohn assieme alla sorella Sarah, a Avshalom Feinberg, e un gruppo di coraggiosi ebrei residenti in Eretz Israel, fondò l’organizzazione segreta Nili che fu di vitale importanza nel raccogliere informazioni sull’esercito turco, sulla sua disposizione e sulla topografia dell’area dove le truppe ottomane erano dislocate. Queste informazioni furono, poi, consegnate alla forza di spedizione del Generale Allenby e risultarono decisive per lo sfondamento britannico nel 1917. La sorella Sarah e molti altri membri dell’organizzazione furono scoperti dai turchi e furono torturati e giustiziati. Alla base dell’attività di spionaggio dell’organizzazione Nili c’era la paura che i turchi potessero ripetere con gli ebrei rimasti in territorio turco, il massacro dei cristiani della chiesa assira o il genocidio compiuto ai danni degli armeni. Inoltre, era già presente in Aaronshon, e nella maggioranza degli ebrei dell’Impero ottomano, l’idea che con la vittoria inglese si poteva prospettare come un’occasione unica per avere un proprio Stato indipendente o uno facente parte del Commonwealth britannico.
Queste idee furono discusse con Sir Mark Sykes che le appoggiò e le porto in seno al governo britannico. Nelle settimane successive, tra il gennaio e il marzo del 1917, ci furono ripetuti incontri tra gli esponenti sionisti, Chaim Weizmann e Nahum Sokolov con Sykes, Balfour e Lloyd George per delineare in maniera più chiara e riconosciuta il futuro della Palestina. Bisognava stabilire che forma avrebbe assunto questo nuovo Stato e i passi da compiere con gli alleati per vincere eventuali resistenze (in primis quelle francesi ed eventualmente quelle arabe). Si mise in moto così una brillante macchina diplomatica e non solo. Per far guadagnare ulteriore autorevolezza al progetto ebraico, Vladimir Jabotinsky persuase sia il movimento sionista che le autorità militari britanniche a costituire una legione ebraica da inquadrare nel corpo di spedizione britannico in procinto di sferrare l’offensiva contro i turchi per liberare quelle terre (anche questa decisione fu fortemente osteggiata da Montagu e dagli altri esponenti ebrei anti sionisti).
Cinque reggimenti composti da volontari ebrei furono ufficialmente inquadrati nell’esercito inglese nell’agosto del ’17 e parteciparono alla compagna militare che sconfisse i turchi in Medio Oriente l’anno successivo. Contemporaneamente, e con il fondamentale aiuto diplomatico britannico, Sokolow e altri rappresentati sionisti riuscirono a portare Francia, Italia, Stati Uniti e altri alleati alla causa ebraica. Ormai era chiaro che le maggiori resistenze ad una dichiarazione ufficiale inglese di appoggio alla causa ebraica venivano dall’interno dello stesso mondo ebraico.
Una prima bozza di dichiarazione fu redatta, tra mille discussioni, il 2 luglio 1917. In essa si faceva esplicito riferimento all’appoggio britannico alla “riedificazione di uno Stato ebraico” in Palestina. L’utilizzo del termine “Stato ebraico” fu giudicato troppo esplicito da molti delegati sionisti i quali avevano paura che soprattutto la Francia e il Vaticano si potessero opporre alla sua costituzione. Così fu scelto il termine più neutro “Focolare nazionale ebraico” e con questa formula fu consegnata, il 18 luglio, da Lord Rothschild a Balfour la bozza di dichiarazione da sottoporre al governo per l’approvazione e la sua successiva pubblicazione ufficiale.
Il fronte antisionista della comunità ebraica inglese capeggiata da Montagu si mosse subito. Potendo agire dall’interno del governo stesso, Montagu riuscì a instillare numerosi dubbi in vari ministri sull’opportunità e il beneficio di tale dichiarazione per l’Impero britannico. Soprattutto, con un nuovo e lungo memorandum datato 23 agosto, egli descrisse tutte le ripercussioni negative che avrebbero potuto investire la Gran Bretagna e le comunità ebraiche stesse (ad iniziare da quella inglese) a causa del progetto politico in fieri.
Il memorandum di Montagu fu discusso dal Gabinetto di guerra il 3 settembre, in quell’occasione Lloyd George e Balfour erano assenti e il solo Lord Cecil perorò la causa dell’ufficializzazione della dichiarazione. Tuttavia i favorevoli furono messi in minoranza e fu deciso di rinviarne la pubblicazione. Fu un duro colpo per le speranze di tutti i sionisti.
Per tutto il mese di settembre e ottobre Weizmann, Lord Rothschild e i principali esponenti sionisti iniziarono una febbrile campagna di persuasione nei confronti del governo per convincerlo dell’importanza di tale dichiarazione. Furono coinvolti esponenti americani, furono messi in luce i sacrifici dell’organizzazione Nili, della neo costituita legione ebraica e fu messo in risalto il favore dell’opinione pubblica per questa causa. Questo enorme lavoro diplomatico fu contrastato con grande energia da Montagu, Claude Montefiore e altri esponenti ebrei spingendo l’esecutivo inglese a procastinare il proprio pieno appoggio alla realizzazione del “Focolare nazionale ebraico”.
Ciò non scoraggiò i dirigenti ebrei sionisti i quali perseverarono nella loro battaglia politica. Per togliere ogni sostanza al timore che potessero venire lesi i diritti acquisiti dalle comunità non ebraiche già residenti in Palestina, e alle false paure paventate da Montagu nei riguardi della perdita dei diritti acquisiti dagli ebrei nei singoli Stati di appartenenza, fu formulata nella dichiarazione la seguente proposizione “… nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle esistenti comunità non ebraiche in Palestina, o i diritti e lo status politico raggiunto dagli ebrei in qualsiasi altro paese.” Così, il 2 novembre 1917 il governo britannico si decise a favore del movimento sionista e pubblicò la propria posizione, che prese il nome di Dichiarazione Balfour, in favore dell’autodeterminazione del popolo ebraico in Palestina. Questo ne è il testo completo: