Il piano di pace presentato dal presidente americano Donald Trump è senza dubbio per molti aspetti “rivoluzionario” rispetto a tutte le trattative, tra israeliani e palestinesi, che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni di infruttuosi colloqui.
Dopo aver ascoltato il discorso del presidente americano e averlo “scrostato” dalle immancabili critiche e storture ideologiche della maggior parte dei commentatori, si scopre che la sua visione del piano di pace ha solide basi di diritto. Nella sua parte relativa ad Israele, i punti salienti sono gli stessi che si ripetono da un secolo a questa parte e più precisamente dalla Conferenza di Sanremo del 1920, quindi davvero nulla di nuovo. Ripercorriamoli brevemente.
Per quanto riguarda Israele, Trump ha rimarcato alcuni semplici punti.
- Israele è e rimane lo Stato degli ebrei. In questo non c’è nulla di nuovo. E’ la posizione che il diritto internazionale ha sancito nella Conferenza di Sanremo del 1920 e ha formalizzato inequivocabilmente con il Mandato di Palestina nel 1922. Questo concetto lo si trova nel preambolo e negli articoli 2,4,6 e 7 del Mandato di Palestina.
- Gerusalemme è la capitale di Israele. Questo fatto non è mai messo in discussione né nel Mandato britannico di Palestina, né nelle Risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza che sono la base degli Accordi di Oslo, accordi accettati e sottoscritti da israeliani, palestinesi e dai garanti: USA, UN, EU, Norvegia, Russia e Egitto. Quindi in perfetta aderenza del diritto internazionale.
- Garanzia per tutte le fedi di libero accesso ai luoghi santi. Questo concetto ribadito dal presidente americano è quanto già stabilito dal Mandato di Palestina con gli articoli 13 e 15. Israele si è sempre attenuto al suo rispetto. Anche prima della stipula degli accordi di pace con la Giordania del 1994 (caso unico al mondo). Infatti già alcune settimane dopo la vittoria nella guerra dei Sei giorni fu stabilito che i luoghi santi islamici di Gerusalemme fossero gestiti dai sovrani Hashemiti tramite l’apposito l’ente islamico Waqf.
- Controllo israeliano della valle del Giordano. Anche in questo caso Trump non ha detto nulla di nuovo e soprattutto non è in contrasto con il diritto internazionale. Questo punto era già sancito nel Mandato britannico di Palestina nella sua versione definitiva del settembre 1922. Ribadito con l’indipendenza della Giordania nel 1946, con la quale la parte ad est del fiume Giordano del mandato di Palestina diventava uno Stato arabo. Concetto mai messo in discussione dagli accordi di Oslo, che anzi prevedono il controllo israeliano sull’area C.
- Diritto di Israele ad avere confini sicuri e riconosciuti. Questo punto di fondamentale importanza è ribadito più volte nel piano di pace di Trump. Anch’esso non è una novità: è già presente nelle Risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza. Ed è bene ribadire che tali risoluzioni solo la base degli accordi di pace con Egitto e Giordania nonché la base degli accordi di Oslo.
- Problema dei rifugiati. Il piano di Trump è categorico: non verranno assorbiti da Israele come è logico che sia. Il diritto internazionale non prevede un “diritto al ritorno” come la propaganda palestinese, amplificata in Europa, vuol far credere. Perché poi, dovrebbe Israele, che è stato aggredito dagli arabi in numerose guerre dal 1948, farsi carico dei profughi palestinesi? La soluzione al problema dei rifugiati – compresi i rifugiati ebrei – deve essere concordato tra le parti come sancito dalle risoluzioni 242 e 338 e dagli accordi di Oslo.
Il vero quesito è, e rimane, il perché la quasi totalità della stampa, degli immancabili esperti e dei diplomatici europei continua a vedere nell’azione politica di Trump qualcosa di improvvisato (nella migliore delle ipotesi) o di assolutamente dilettantesco e fuori dalla realtà nella peggiore. Il senso di realtà e di diritto sono senza dubbio dalla parte di Trump.
Ciò che viene chiesto ai palestinesi nel piano di pace è senza dubbio qualcosa di nuovo e importante: avere, inequivocabilmente, un senso di responsabilità che li porterà entro quattro anni ad avere uno Stato indipendente anche se smilitarizzato. Casi di Stati smilitarizzati nel mondo (Lesotho, San Marino, Monaco i casi più noti) già ne esistono quindi non è una novità assoluta.
In sintesi ai palestinesi, Trump chiede:
- Rinuncia al terrorismo in tutte le sue forme.
- Cessazione del pagamento degli stipendi ai terroristi omicidi e alle loro famiglie.
- Porre fine una volta per tutte all’incitamento all’odio anti ebraico nelle scuole, nei giornali, nei programmi televisivi e radiofonici e nelle manifestazioni.
- Smilitarizzazione delle organizzazioni terroristiche ad iniziare da Hamas e Jihad islamica.
Una volta che si è ottenuto tutto ciò il piano prevede il pieno sviluppo economico del futuro Stato palestinese. Inoltre vista la conformazione dell’area designata alla formazione dello Stato palestinese diventa fondamentale il pieno coordinamento con Israele per la viabilità stradale (molte aree sono caratterizzate da enclave ebraiche), per l’accesso al mare (sono previsti accessi al porto di Ashdod e Haifa). Il pieno coordinamento è un fattore di grande responsabilità da parte di entrambe le parti.
Inoltre il piano prevede anche scambi territoriali: in compensazione per le aree di Giudea e Samaria che rimarranno parte di Israele, lo Stato ebraico cederà porzioni di territorio israeliano vicino al confine con l’Egitto per creare un’area industriale in zona franca per portare sviluppo a Gaza. In più alcune aree della valle di Jezreel, in Israele, dove sorgono 10 villaggi arabi (Kafr Kara, Arara, Baqa al-Gharbiyye, Umm al-Fahm, Kalanswa, Taibeh, Kafr Qasem, Tira, Kafr Bara e Jaljulia tutti citati testualmente nel piano di pace), verranno ceduti al futuro Stato palestinese. Questo è il primo piano di pace dove i confini sono decisi con estrema precisione dal piano di spartizione della commissione ONU, l’UNSCOP, incaricata di studiare come risolvere il problema di convivenza tra arabi ed ebrei del 1947 e rigettato dagli arabi.
A ben vedere questo piano di pace è il primo che prevede come unica soluzione al conflitto israelo-palestinese la nascita di due Stati e non come per gli accordi di Oslo una delle ipotesi contemplate.
Non c’è dubbio che la piena responsabilità delle leadership politiche è di fondamentale importanza per poter realizzare questo piano di pace. Oltre a ciò diviene vitale il pieno appoggio, al piano, degli Stati arabi che dovranno una volta per tutte riconoscere il pieno diritto di Israele ad vivere in pace. Questa è senza dubbio la sfida più grossa del piano di Trump.