Israele e Iran

Il nazi-islamismo sciita e i suoi sodali

“La curva vitale del regime sionista ha iniziato la sua discesa, e si trova ora in una parabola discendente verso la sua caduta…Il regime sionista verrà cancellato e l’umanità sarà liberata”, così dichiarava l’ex presidente iraniano Ahmadinejad il 12 dicembre del 2006 durante il convegno negazionista che si teneva a Teheran dove si era adunata una impressionante congrega di psicotici e lunatici. Parole, che echeggiano quelle di Adolf Hitler riguardo alla necessità di liberare il mondo dalla presenza ebraica, e quelle di Hamas iscritte nella Carta del 1989 dove l’ebreo è il nemico dell’Umma, diventato poi, nel 2017, in un documento più morbido, non più l’ebreo in quanto tale ma il “sionista”.  Parole che non sono diverse da quelle scritte nel 2018 dalla Guida Suprema Ali Khamenei sul suo account Twitter in lingua inglese, “Il regime sionista non durerà. Tutte le esperienze storiche lo evidenziano con assoluta certezza. Senza dubbio il regime sionista perirà in un futuro non lontano”. Futuro segnato dalla scansione delle lancette dell’orologio fatto collocare in piazza della Palestina a Teheran.

Nulla di sorprendente dunque, se Hamas, dopo un periodo di distacco ritornò nelle grazie iraniane, così come non c’è nulla di sorprendente nell’avere visto sempre nel 2018 una bandiera con la svastica piantata a Gaza durante i tumulti cominciati il 30 marzo di quell’anno ai confini di Israele, oppure aquiloni incendiari ornati di svastiche. Si tratta infatti, nel caso di Hamas e del regime sciita, della stessa linea ideologica, del medesimo collante virulentemente antisemita che appena si è creata l’occasione ha ripudiato la foglia di fico antisionista, quella che così tanto piace alla sinistra woke e non woke e furoreggia nelle piazze “pacifiste” occidentali.

L’ebreo è in fondo, per il radicalismo islamico sunnita o sciita che esso sia, il nemico metafisico essenziale, la condensazione purulenta di ogni male e ai gonzi che evidenziano come in Iran vi sia comunque ancora una comunità ebraica, seppure cospicuamente dimidiata, bisognerebbe far notare che i suoi appartenenti sono considerati dhimmi, che le sinagoghe sono gestite dal regime, che non possono chiudere di Shabbat e che i libri in ebraico sono proibiti. Si tratta, in altre parole, dello zoo ebraico di Teheran. D’altronde, il Padre della Patria Sciita, l’ayatollah Khomeini, non aveva alcun dubbio in proposito fin dai tempi in cui ascoltava le trasmissioni radio che i nazisti mandavano in onda da Zeesen, in farsi.

La propaganda antisemita del futuro riformatore era già ampiamente rodata negli anni ’60, quando dichiarava furente, “So che non volete che l’Iran giaccia sotto gli stivali degli ebrei!“. Per Khomeini, come per Hitler prima di lui, il complotto ebraico per dominare il mondo e soprattutto, nel suo caso, per distruggere l’Islam, era una certezza.

Una cosa deve essere specialmente chiara, che ai vertici del regime attuale che domina l’Iran c’è una casta di allucinati i quali condividono la persuasione che Israele sia la testa di ponte di un diabolico potere di cui gli Stati Uniti sarebbero la maggiore incarnazione, essi stessi imbrigliati nei suoi tentacoli. Ci riferiamo ovviamente alla famigerata lobby ebraica, il proseguimento in veste aggiornata dei Savi Anziani dei Protocolli e protagonista di un feuilleton del 2007 The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy di  John J. Mearsheimer e Stephen M. Walt, demolito da Benny Morris e poi da Jeffrey Goldberg https://newrepublic.com/article/63500/the-usual-suspect.

Satana si biforca in due, nel grande e nel piccolo, ma alla fine ha solo una fisionomia, quella ebraica. Gli iraniani in quanto tali non sono antisemiti più di quanto lo fossero i cento e passa milioni di tedeschi affatturati da Adolf Hitler, ma se è malata la testa di una nazione, anche il corpo, inevitabilmente, ne risente.

L’Iran è oggi la principale minaccia per Israele, di cui desidererebbe l’annichilimento, esattamente come Hitler voleva sbarazzarsi, ad uno ad uno, di ogni ebreo sulla faccia della terra. Fino a quando, come durante il periodo del nazismo in Germania, il paese sarà sotto sequestro da parte di fanatici millenaristi ammaliati dal culto della morte, e convinti che l’Islam sciita debba essere esportato in tutto il Medioriente e oltre, nessuna pace potrà mai essere possibile in una regione già di suo sempre soggetta a scosse sussultorie.

Chi pensa di potere addivenire a patti con questa genia, di poterla addomesticare e convertire al pragmatismo, come l’ex presidente americano Obama e Joe Biden, attuale continuatore della sua politica con l’Iran, è preda della medesima illusione di quanti, negli anni ’30, pensavano che Hitler si sarebbe ammorbidito concedendogli giusto quel lebensraum di cui aveva bisogno per respirare meglio.

Israele è oggi concentrato su Hamas, che dall’Iran ha ricevuto impulso e incoraggiamento, e la guerra finalizzata a smantellarne la capacità operativa a Gaza sarà ancora lunga e cruenta, ma il nemico maggiore è più lontano e più insidioso e in procinto di procurarsi gli ordigni atomici che dovrebbero distruggere “l’entità sionista”.

È l’appuntamento del futuro.

 

 

 

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