“La curva vitale del regime sionista ha iniziato la sua discesa, e si trova ora in una parabola discendente verso la sua caduta…Il regime sionista verrà cancellato e l’umanità sarà liberata”, così dichiarava l’ex presidente iraniano Ahmadinejad il 12 dicembre del 2006 durante il convegno negazionista che si teneva a Teheran dove si era adunata una impressionante congrega di psicotici e lunatici. Parole che echeggiano, naturalmente, quelle di Adolf Hitler riguardo alla necessità di liberare il mondo dalla presenza ebraica, e quelle di Hamas iscritte nella Carta del 1989 dove l’ebreo è il nemico dell’Umma, diventato poi, nel 2016, in un documento più morbido, non più l’ebreo in quanto tale ma il “sionista”. Parole che non sono diverse da quelle scritte recentemente dalla Guida Suprema Ali Khamenei sul suo account Twitter in lingua inglese, “Il regime sionista non durerà. Tutte le esperienze storiche lo evidenziano con assoluta certezza. Senza dubbio il regime sionista perirà in un futuro non lontano”. Futuro segnato dalla scansione delle lancette dell’orologio fatto collocare in piazza della Palestina a Teheran.
Nulla di sorprendente dunque, se Hamas, il gruppo terrorista sunnita che dal 2007 controlla la Striscia di Gaza è, dopo un periodo di distacco, ritornato nelle grazie iraniane, così come non c’è nulla di sorprendente nel vedere una bandiera nazista piantata a Gaza durante i tumulti cominciati il 30 marzo ai confini di Israele, oppure aquiloni incendiari ornati di svastiche. Si tratta infatti, nel caso di Hamas e del regime sciita, della stessa linea ideologica, del medesimo collante virulentemente antisemita che non si perita nemmeno più di trovare rifugio dietro la foglia di fico antisionista, quella che così tanto piace alla sinistra salottiera e radicale occidentale. Quella dei Corbyn per intenderci o dei Sanders, quella di Strasburgo e di Bruxelles e financo delle Nazioni Unite.
L’ebreo è in fondo, per il radicalismo islamico sunnita o sciita che esso sia, il nemico metafisico essenziale, la condensazione purulenta di ogni male e ai gonzi che evidenziano come in Iran vi sia comunque ancora una comunità ebraica, seppure cospicuamente dimidiata, bisognerebbe far notare che i suoi appartenenti sono considerati dhimmi, che le sinagoghe sono gestite dal regime, che non possono chiudere di Shabbat e che i libri in ebraico sono proibiti. Si tratta, in altre parole, dello zoo ebraico di Teheran. D’altronde, il Grande Timoniere e Padre della Patria Sciita, l’ayatollah Khomeini, salutato con fervore in occidente da diversi intellettuali, tra cui il più famoso fu Michel Foucault, non aveva alcun dubbio in proposito fin dai tempi in cui ascoltava le trasmissioni radio che i nazisti mandavano in onda da Zeesen, in lingua farsi.
La propaganda antisemita del futuro riformatore era già ampiamente rodata negli anni ’60, quando dichiarava furente, “So che non volete che l’Iran giaccia sotto gli stivali degli ebrei!“. Per Khomeini, come per Hitler prima di lui, il complotto ebraico per dominare il mondo e soprattutto, nel suo caso, per distruggere l’Islam, era una certezza.
Una cosa deve essere specialmente chiara, che ai vertici del regime attuale che domina l’Iran c’è una casta di allucinati i quali condividono la persuasione che Israele sia la testa di ponte di un diabolico potere di cui gli Stati Uniti sarebbero la maggiore incarnazione, essi stessi imbrigliati nei suoi tentacoli.
Satana si biforca in due, lo sappiamo, nel grande e nel piccolo, ma alla fine ha solo una fisionomia, quella ebraica. Gli iraniani in quanto tali non sono antisemiti più di quanto lo fossero i sessanta milioni di tedeschi affatturati da Adolf Hitler, ma se è malata la testa di una nazione, anche il corpo, inevitabilmente, ne risente.
L’Iran è oggi la principale minaccia per Israele, di cui desidererebbe l’annichilimento, esattamente come Hitler voleva sbarazzarsi, ad uno ad uno, di ogni ebreo sulla faccia della terra. Fino a quando, come durante il periodo del nazismo in Germania, il paese sarà sotto sequestro da parte di fanatici millenaristi ammaliati dal culto della morte, e convinti che l’Islam sciita debba essere esportato in tutto il Medioriente e oltre, nessuna pace potrà mai essere possibile in una regione già di suo sempre soggetta a scosse sussultorie.
Chi pensa di potere addivenire a patti con questa genia, di riuscire ad addomesticare e convertire al pragmatismo, come l’ex presidente americano Obama o l’Europa targata Mogherini, è preda della medesima illusione di quanti, negli anni ’30, pensavano che Hitler si sarebbe ammorbidito concedendogli giusto giusto quel lebensraum di cui aveva bisogno.
Non ci può dunque essere altra strada da seguire riguardo all’Iran se non quella di cercare di accelerare il più possibile il collasso del regime che lo tiene sotto scacco dal 1979 a oggi.