Editoriali

Il mostro e le sue teste

Il volto insanguinato del jihad si è manifestato ancora una volta ieri sera, in Germania, a Berlino con le stesse modalità di Nizza l’estate scorsa. Allora si commemorava il giorno della Bastiglia, ieri gli attentatori hanno fatto le loro vittime, dodici, all’interno di un mercatino natalizio. Il giorno della Bastiglia, il Natale, due simboli dell’Occidente. Uno laico, l’altro religioso emblema millenario di una cristianità in ritirata ma ancora segno forte di una identità marcata. Poche ore prima ad Ankara, all’urlo ormai consueto di “Allah u Akbar”, un giovane poliziotto turco giustiziava l’ambasciatore russo a colpi di pistola all’inaugurazione di una mostra fotografica.

Siamo ancora davanti al solito scenario, al confronto diretto con quel radicalismo islamico che non ha alcuna intenzione di desistere e con il quale ancora molto a lungo dovremo confrontarci. E’ lo stesso radicalismo con cui Israele si confronta fin dall’inizio del suo sorgere, quando Amin Al Husseini, mufti di Gerusalemme chiamava al jihad contro “l’invasore” sionista e che oggi troviamo inciso a chiare lettere nella Carta di Hamas e nella piattaforma programmatica di Hezbollah.

La “peste” di cui, Benjamin Netanyahu parlò in una intervista dell’anno scorso concessa a una giornalista francese a cui spiegava che il nemico con cui Israele si confronta da decenni è lo stesso nemico che colpiva l’Occidente e che presto sarebbe arrivato anche in Francia. Le sue parole furono profetiche. Così infatti fu con Charlie Hebdo e il Bataclan.

L’Occidente, che Israele rappresenta in Medioriente a garanzia anche nostra, delle nostre libertà e della nostra civiltà, è quello che è stato del tutto incapace di sapere gestire la carneficina senza sosta della Siria dove il caos regna sovrano e i morti si contano a decine di migliaia. Il disastro annunciato che ha provocato la più grande emergenza umanitaria degli ultimi anni causata da un conflitto.

L’Isis è solo una delle teste replicanti del mostro che, non illudiamoci, continuerà a manifestarsi non solo attraverso sigle sparse, i vari gruppi del terrore organizzato, ma che ha anche la struttura ampia di paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar, il Pakistan dove il radicalismo islamico è stato alimentato, prezzolato, esportato continuamente in virtù anche di complicità occidentali in un intreccio malato fatto di reciproci interessi.

Un errore solo occorre non fare, ed è quello di credere che da soli riusciremo a sconfiggere il nemico. Senza l’appoggio del mondo musulmano, con quella parte di esso con cui anche Israele ha necessità di confrontarsi e stringere alleanze reciprocamente convenienti, la guerra che l’Occidente sta combattendo, non potrà mai essere vinta.

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