Israele e Medio Oriente

Il Libano prossimo futuro

Le due  sensazionali operazioni separate e successive che Israele ha realizzato in Libano, facendo esplodere migliaia di cercapersone e di ricetrasmittenti in dotazione a Hezbollah, uccidendo e ferendo gravemente un numero impreciso di miliziani, ci dicono due cose, la prima è che sia il Libano che l’Iran, di cui la formazione sciita è strutturalmente dipendente, sono luoghi altamente permeabili per l’intelligence israeliana, e la seconda, strettamente connessa alla prima, che la loro vulnerabilità è elevata. Per Hezbollah come per l’Iran prima con l’uccisione a sorpresa sul suo suolo di Ismael Hanyiah, l’umiliazione è doppia.

Nel suo discorso pubblico dopo i fatti, Hassan Nasrallah, il quale ci ha da tempo abituato alle sue rodomontate, ha ammesso che il colpo è stato duro. Egli stesso sembra che sia sfuggito alla morte per puro caso, sorte a cui non hanno potuto scampare altri maggiorenti di Hezbollah e, a Teheran, Hanyiah, come a Gaza Mohammad Deif.

La morte li può scovare in ogni momento e in ogni luogo, per quanto protetti e convinti di essere al sicuro. Dopo la catastrofe del 7 ottobre, Israele sta riguadagnando terreno, mostrando che là, dove l’intelligence ha fallito clamorosamente, adesso e altrove è in grado di assestare colpi inattesi e di formidabile portata.

Si tratta solo di preludi. L’intervento militare di terra israeliano in Libano, il cui scopo è quello di ripristinare la sicurezza a nord obbligando Hezbollah ad arretrare e consentire agli oltre sessantamila sfollati che, dal 7 ottobre sono stati costretti ad abbandonare le loro case, di potervi tornare è nell’ordine delle cose.

Quando è difficile da dire, potrebbe essere già prossimo oppure essere più lontano nel tempo. Netanyahu sa che non puo contare sulla garanzia di una rielezione di Trump e che, una eventuale Amministrazionne Harris aumenterebbbe esponenzialmente l’ostilità americana nei confronti di Israele. Forse è opportuno intervenire adesso, con una amministrazione che sta progressivamente perdendo terreno, dopo che, per circa un anno, ha cercato progressivamente di diriottare la campagna militare a Gaza, tentando soprattutto negli ultimi mesi di fare chiudere a Israele un accordo con Hamas che lo avrebbe fortemente svantaggiato. La frustrazione di Biden e dei suoi uomini è palpabile. È chiaro a tutti che l’accordo con Hamas è definitivamente naufragato.

Il fronte ancora aperto a Gaza, dove la fase più massiccia della guerra si è ormai conclusa, e dove gli uomini impiegati sono strettamente funzionali a operazioni limitate e precise, consentirebbe il dispiego di forze fresche e numerose in Libano. Si aprirebbe per Israele un nuovo fronte più insidioso ma inevitabile.

Nessuno crede seriamente che nella fase in cui si è entrati sia possibile giungere a una soluzione diplomatica.

 

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