“Stai calmo, abbi pazienza, fra due anni Israele non esisterà più. La geopolitica sta cambiando: la Russia, la Cina, anche l’America, nessuno vuole più gli ebrei laggiù. Li riporteranno in Ucraina. A cosa serve combattere? Lo abbiamo già fatto e abbiamo perso. Israele non si batte con le armi, ma con la politica. Lui però niente, era fissato“.
Queste parole sono di Syed Farook, anziano padre di Rizwan, il killer 28enne di San Bernardino che assieme alla moglie Tashfeen Malik ha ucciso 14 persone sparando all’interno di un centro disabili. A casa dei due sono state trovate armi, munizioni, bombe artigianali. Il padre è stato intervistato dopo la strage commessa dal figlio e ha raccontato le “divergenze di opinioni” in famiglia su Isis, religione e Israele.
Secondo la sua testimonianza, il figlio Rizwan era estremamente religioso, devoto e condivideva “l’ideologia di Al Baghdadi per creare lo Stato islamico”. Sua moglie, invece, aveva giurato fedeltà al Califfo su facebook.
Rizwan, a detta di papà Syed, era “un angelo”, “timido”, solo un po’ troppo “conservatore” e “fissato con Israele”. Odiava Israele, non come il padre, pakistano immigrato negli Usa nel 1973, assai più moderato e conciliante. Egli ha cercato più volte di convincere il figlio a rivedere le sue idee estremiste, con parole assolutamente razionali e sobrie: “Fra due anni Israele non esisterà più”, “nessuno vuole più gli ebrei laggiù” ed “Israele non si batte con le armi, ma con la politica”.
Ad un figlio “fissato” ed estremista non sempre è sufficiente avere la fortuna di poter beneficiare dei consigli e degli insegnamenti di un padre esponente dell'”Islam moderato”, che lo convinca a rispettare Israele e gli ebrei con parole convincenti e moderate.
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