Intorno al concetto di “National Home” e al suo significato legale nel diritto internazionale, si è molto dibattuto a partire dalla Dichiarazione Balfour (2 novembre 1917) fin dopo l’istituzione del Mandato per Palestina, nato con il chiaro scopo di creare una “Jewish National Home” per il popolo ebraico nella terra dei padri.
L’introduzione nel diritto internazionale di questo nuovo termine legale è strettamente connesso all’impianto legale del sistema dei mandati internazionali – anch’esso una novità assoluta nel campo del diritto internazionale – con la sua funzione di creare le basi per l’istituzione di nuovi Stati che, al momento della loro formazione, non erano in grado di reggersi e svilupparsi in maniera autonoma ma necessitavano dell’aiuto internazionale.
Il termine di “National Home” non fu utilizzato dalla Società delle Nazioni solo per il popolo ebraico e per il suo nascente Stato. Infatti, leggendo i verbali della seconda assemblea della Società delle Nazioni del 1921, si evince che questo termine fu utilizzato anche per la questione relativa alla formazione di una Stato indipendente armeno sotto mandato internazionale. La relativa risoluzione fu adottata dalla sesta commissione della Società delle Nazioni per essere inserita nel trattato di pace con la Turchia. Ma a differenza del Mandato per la Palestina che fu accettato dalla Gran Bretagna in qualità di mandatario, il Mandato di Armenia non trovò nessuna Potenza vincitrice che si assumesse l’incarico di mandatario. Il Supremo Consiglio delle Potenze chiese l’intervento degli USA, ma essi declinarono il compito giudicandolo troppo oneroso in termini economici e di impegno militare. La Francia e la Gran Bretagna si dissero impossibilitati visto i loro impegni con i mandati di Siria, Mesopotamia e Palestina. Il destino dell’Armenia fu così segnato: tra il 1921 e il 1922 le truppe nazionaliste turche occuparono il territorio armeno e posero fine al sogno di indipendenza del popolo armeno. La stessa cosa, forse, si sarebbe replicata anche per l’embrionale Stato degli ebrei se non ci fosse stata la tutela da parte di una potenza mandataria.
Il destino dell’Armenia avvalora la tesi che il termine “National Home” fosse applicato a situazioni particolari, nei quali i popoli che dovevano diventare indipendenti non erano in grado di farlo, in modo autonomo, ma necessitavano dell’aiuto internazionale per potersi sviluppare e crescere fino a diventare Stati nazionali indipendenti.
Per questa ragione il principio del “National Home” va contestualizzato nel più ampio principio della tutela delle minoranze e dell’autodeterminazione che ha portato alla creazione della stessa Società delle Nazioni e degli Stati nazionali sorti dopo la Prima guerra mondiale.
Entrando nel merito dello Statuto del Mandato per la Palestina, si capisce subito che esso ha due principi da portare a compimento, uno di carattere generale: l’Art. 22 dello Statuto della Società delle Nazioni (l’autodeterminazione dei popoli); e uno di carattere peculiare: la dichiarazione Balfour relativa al popolo ebraico. Entrambi sono incorporati nel mandato e quindi legalmente vincolanti.
Quando si analizza il concetto di “Jewish National Home”, contenuto nella Dichiarazione Balfour e applicato dal Mandato per la Palestina attraverso il preambolo, l’Art. 2, l’Art. 4, l’Art. 6, l’Art. 7 e la seconda disposizione dell’Art. 11, si vedono 3 distinti principi:
- Il popolo ebraico nella sua interezza, e non solamente la parte di popolazione già residente in Palestina, deve avere l’opportunità di partecipare alla creazione dello Stato per il popolo ebraico (art. 4);
- La comunità ebraica palestinese, aiutata e assistita dall’interezza del popolo ebraico, è in Palestina per diritto e non per acquiescenza (preambolo);
- La “Jewish National Home” deve essere creata in Palestina (Eretz Israel) ma popolo non necessariamente su tutto il territorio mandatario (art. 25);
Ora proviamo ad entrare, brevemente, in merito ad ogni singolo punto.
In virtù di questo principio si riconosce al popolo ebraico un carattere di nazionalità proprio, e in forza al principio dell’autodeterminazione, esso può creare il proprio Stato esattamente come tutti gli altri gruppi nazionali riconosciuti. La sua peculiarità risiede nel fatto che solo una parte della popolazione è già residente nel territorio assegnato ma questo non inficia il fatto che gli ebrei residenti in altri paesi non possano partecipare alla formazione dello Stato. Anzi, la prevista creazione di una specifica Agenzia, riconosciuta dal diritto internazionale (l’Agenzia Ebraica nell’art. 4), per questo scopo ne rafforza l’obiettivo. Inoltre come messo in rilievo, nel preambolo del Mandato, dalla frase “Considerando che è stato quindi dato riconoscimento al legame storico del popolo ebraico con la Palestina e ai motivi per ricostituire la loro patria nazionale in quel paese” si capisce che l’utilizzo del verbo ricostruire è un rafforzativo per indicare che lo Stato era già esistito in passato creando una “storica connessione” con il presente tra il popolo ebraico e la terra degli avi. Questo concetto però non implica una “predominanza” ebraica su gli altri abitanti, come chiaramente specificato nel preambolo: “non sarà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina” e nell’art. 2: “ … anche per salvaguardare i diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina, indipendentemente dalla razza e dalla religione” ma semplicemente che il costituendo Stato degli ebrei dovrà garantire il rispetto dei diritti di tutte le popolazioni già presenti sul territorio. Cosa che è stata ampiamente rispettata dallo Stato di Israele. Un’ultima annotazione è necessaria.
Quando l’ANP di Arafat prima e Abu Mazen dopo, ha iniziato a mettere in discussione la presenza ebraica nella terra di Israele e l’esistenza del Tempio a Gerusalemme, lo hanno fatto con il preciso intento di mettere in discussione la “storica connessione”, che è alla base del diritto internazionale inerente a Israele. L’analogo attacco orchestrato dai paesi musulmani – con la compiacenza quasi totale dei paesi della UE – all’UNESCO aveva lo stesso scopo: cancellare le fonti di diritto internazionale relative allo Stato di Israele.
Questo principio è espresso dal legislatore nel preambolo “…il legame storico del popolo ebraico con la Palestina”, all’art. 4 “ l’Organizzazione Sionista … Adotterà misure in consultazione con il governo di Sua Maestà Britannica per garantire la cooperazione di tutti gli ebrei che sono disposti ad aiutare nella creazione della casa nazionale ebraica”, all’art. 6 “L’Amministrazione della Palestina, pur assicurando che i diritti e la posizione di altre sezioni della popolazione non siano pregiudicati, faciliterà l’immigrazione ebraica in condizioni adeguate e incoraggerà, in cooperazione con l’Agenzia Ebraica di cui all’art. 4, uno stretto insediamento degli Ebrei sulla terra…”, e infine all’art. 7 “L’Amministrazione della Palestina sarà responsabile dell’emanazione di una legge sulla nazionalità. Saranno incluse in questa legge disposizioni formulate in modo da facilitare l’acquisizione della cittadinanza palestinese da parte degli ebrei che prendono la loro residenza permanente in Palestina”. Non possono esserci dubbi che tutte queste disposizioni sono finalizzate a creare le condizioni per l’istituzione di uno Stato nazionale ebraico in cui tutti gli ebrei sparsi per il mondo, e che lo desiderano, possono diventarne cittadini e insediarvisi dentro i confini stabiliti. Il diritto di cittadinanza palestinese, in base all’art.7 è, esclusivamente, riservato alla popolazione ebraica (di tutto il mondo che desidera insediarsi in Eretz Israel), e a nessun altro.
Come si accennava in precedenza, il legislatore ha voluto sottolineare che la costruzione di uno Stato nazionale ebraico non doveva pregiudicare i diritti acquisti dalla locale popolazione non ebraica. Inoltre, con l’articolo 25 del Mandato si stabiliva un altro importante principio. Questo è il testo integrale dell’art. 25: “Nei territori che si trovano tra il Giordano e il confine orientale della Palestina come stabilito di recente, il Mandatario avrà il diritto, con il consenso del Consiglio della Società delle Nazioni, di posticipare o rifiutare l’applicazione di tali disposizioni di questo mandato che egli può considerare inapplicabile alle condizioni locali esistenti, e di prevedere per l’amministrazione dei territori le disposizioni che egli ritenga adeguate a tali condizioni, a condizione che non venga intrapresa alcuna azione incompatibile con le disposizioni degli articoli 15, 16 e 18.”
Qui non si entrerà in merito alle ragioni politiche che hanno portato la Gran Bretagna ad insediare, nella parte orientale del Mandato per la Palestina, l’emiro Abdallah ma si analizzerà solo l’implicazione legale della scissione amministrativa del territorio mandatario.
In pratica il mandatario con proprio memorandum del settembre 1922, chiedeva al Consiglio della Società delle Nazioni, la possibilità di non applicare nei territori mandatari ad est del Giordano – in base al principio contenuto nell’art. 25 del Mandato – tutte le disposizioni relative alla realizzazione del Jewish National Home in Palestina. In questo modo, di fatto, si crearono due unità amministrative ben distinte all’interno del Mandato per la Palestina: una ad ovest del Giordano per la reazione di uno Stato nazionale ebraico e una ad est per rafforzare la tutela dei diritti delle popolazioni non ebraiche del Mandato. Va sottolineato, anche, che lo zelo con cui l’amministrazione inglese applicò le disposizioni dell’art. 25 (impedendo di fatto la residenza degli ebrei ad est del Giordano) di fatto portò alla violazione dell’ultima parte della disposizione contenuta nell’art. 25: “… a condizione che non venga intrapresa alcuna azione incompatibile con le disposizioni degli articoli 15, 16 e 18”, a danno della comunità ebraica.
Dalla creazione di queste due unità amministrative mandatarie nasceranno due distinti Stati: Israele e la Giordania, il primo per il popolo ebraico il secondo per quello arabo.
In conclusione, il principio del Jewish National Home, contenuto nel diritto internazionale attraverso il Mandato per la Palestina (è un trattato internazionale) afferma: 1) la legittimità di uno Stato nazionale ebraico; 2) il diritto al ritorno, in Palestina (Eretz Israel), di tutti gli ebrei che lo desiderano; 3) il loro insediamento in tutto il territorio mandatario compreso tra il Giordano e il Mediterraneo. Inoltre, il Mandato per la Palestina sancisce – per mezzo del memorandum britannico del settembre 1922 – la creazione di un area amministrativa esclusivamente araba per rafforzare la piena tutela della locale popolazione non ebraica con un confine ben determinato: il fiume Giordano.