Nathan Greppi, giornalista che scrive per diverse testate, tra le quali Il Giornale Off e Mosaico, ha redatto un dettagliato rapporto sulla propaganda iraniana in Italia. Il resoconto, intitolato Web, editoria, politica: l’influenza iraniana in Italia, è stato commissionato e pubblicato dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, un centro studi impegnato nella difesa della democrazia liberale e della società aperta.
Muovendo da un fatto acclarato, ovvero dalle importanti relazioni economiche che l’Italia, da decenni, intrattiene con Teheran, l’autore espone nomi e strategie della propaganda iraniana nel Bel Paese, rintracciandone l’origine nella Nuova Destra diffusasi negli anni Ottanta. Gli apostoli del khomeinismo italico sono individui già noti ai lettori de L’Informale, ossia Maurizio Murelli e Claudio Mutti.
Il primo ha fondato la rivista Orion, letta soprattutto nei circoli della destra radicale e facente capo alla Società Editrice Barbarossa, divenuta AGA editrice, attiva ancora oggi e impegnata a diffondere i testi di Aleksandr Dugin, teorico del blocco euroasiatico. Il secondo è il decano della destra filoislamica italiana, sostenitore di un fronte antioccidentale trasversale e marcatamente antisionista. L’autore del rapporto ricorda che Mutti, nei lontani anni Settanta, curò una nuova edizione, la seconda per la precisione, dei Protocolli dei Savi di Sion. Inoltre, ha fondato le Edizioni all’insegna del Veltro.
La rivista Orion ha chiuso i battenti nel 2007, ma solo dopo aver allevato una generazione di militanti convinti della necessità di creare un blocco tra estrema destra ed estrema sinistra, rossobruno, in funzione anticapitalista e antimperialista, cioè antiamericano e anti-israeliano. Pochi anni prima della chiusura di Orion, le casa editrice di Mutti inizia la pubblicazione di Eurasia, rivista trimestrale di geopolitica, la scienza preferita dei rossobruni, con l’obiettivo di portare avendo un’agenda antisionista e filoiraniana dietro al paravento della “scientificità”.
Le posizioni filoiraniane, dunque favorevoli al dittatore Assad e ad Hezbollah, sono state assorbite da nuove riviste digitali, come L’Intellettuale dissidente e L’Antidiplomatico. La linea delle due testate è facilmente intuibile: quello iraniano è un popolo che lotta contro il mondialismo e il potere tentacolare della lobby israeliana. Si tratta di una risciacquatura dei Protocolli. Tutto si tiene.
Greppi non si limita a fare un’indagine nella destra radicale, ma anche nella sinistra post-comunista che, da sempre, vede nell’Iran khomeinista una società alternativa a quella liberale. Basti pensare a Massimo D’Alema, che a Beirut andava a braccetto con un deputato di Hezbollah, longa manus di Teheran in Libano. Non a caso, D’Alema è sempre stato ben disposto verso il Movimento Cinque Stelle che, come sottolinea il report, presenta numerosi membri filoiraniani. Alcuni esponenti del Movimento fondato da Grillo, come ad esempio Luigi Di Maio o Manlio Di Stefano, sono stati oggetto di un vivaci simpatia sulla pagine de L’Intellettuale Dissidente.
Quello dei sostenitori dell’Iran, che sono sempre e inevitabilmente anche putiniani e filocinesi, dunque nemici dell’Alleanza Atlantica, è un partito che unisce gli opposti estremismi, accomunati dall’odio per gli assetti liberali e democratici. È davvero vantaggioso, in nome di interessi commerciali, concedere spazi alla propaganda di una teocrazia repressiva e criminale con una visione neoimperialista fondata sulla violenza, il fanatismo religioso e l’antisemitismo? Il rapporto di Greppi suggerisce di rispondere in modo negativo.