C’era una volta, non molto tempo fa, in un regno vasto dove sorgevano grattacieli dorati e si ammassavano immense fortune immobiliari, un uomo chiamato Vladimir Trump. Vladimir Trump era, per chi coltivava questa proiezione onirica e fiabesca l’alter ego di The Donald, il presidente americano. Ai sovranisti e populisti per i quali il mondo si divide in due come nei manga giapponesi o nella mitologia norrena, da una parte i puebli etno definiti, ancorati al suolo e insufflati da ancestrali tradizioni, bianche, caucasiche e fintato “ariane”, e dall’altra il cupo arcipelago semita dei jihadisti islamici (soprattutto sunniti, essendo gli sciiti, altra cosa), Vladimir Trump appariva come l’agente di un’unica invincibile armada in marcia da Washington a Mosca, passando per la Vandea e forse la pianura padana. Ora il sogno sembra essersi dissolto definitivamente. C’erano già state avvisaglie, ultimamente, che la stretta di mano tra l’estemporaneo pragmatista americano e il gelido ex agente del KGB, non sarebbe stata calorosa, ma lo strike in Siria dell’altra sera ha fugato ogni dubbio. Ed ecco che da Parigi, Marine La Nera, figlia di cotanto padre, ha preso le distanze dall’attacco contro il protetto di Putin, il tanto amato genocida Bashar al-Assad. Non si interviene così, con i piedi nel piatto, a bombardare un amico di un mio amico, creando un vantaggio al vero male, l’ISIS, che il prode russo combatte senza sosta aiutato nell’impresa dalla nobiltà sciita, quella che non decapita gli infedeli né brucia piloti nelle gabbie, ma si limita a impiccare alle gru gli omosessuali e a sponsorizzare dal ’79 con infaticabile solerzia la macchina terroristica più oliata del pianeta, per non parlare, ovviamente, della sua estensione tentacolare in Medioriente, Libano, Iraq, Siria, Yemen.
Di colpo Vladmir Trump è tornato ad essere solo Donald Trump. Lo yankee che fa lo yankee e fa sentire il proprio peso dando l’assenso a che la Siria venga colpita come avvertimento. Insomma, siamo alle solite, al prossimo, già in atto, sdoganamento dell’antiameriKanismo da abecedario nero-rosso, o rosso-bruno. Vecchi automatismi culturali i cui antecedenti si trovano nella profonda avversione europea nei confronti del “gendarme del mondo”, la superpotenza americana. Avversione non di tutta l’Europa, beninteso, ma di chi custodisce ancora memorabilia del Ventennio, reliquie leniniste, manuali di magia rituale attraverso i quali è possibile evocare Wotan, Loki o qualche decaduta divinità romana.
L’America è tornata sul proscenio e vi è tornata sottolineando un fatto inequivocabile dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi, la sua distanza siderale dalla Russia. Trump non è un appendice di Putin, è inequivocabilmente un presidente americano. Anzi, ameriKano.
Inconcepibile sventura per gli ibridatori di antropologia fantastica.