“E se gli ebrei stessi fossero nazisti? – scrisse il filosofo francese Vladimir Jankélévitch nel 1986 – Sarebbe fantastico. Non dovremmo più dispiacerci per loro; avrebbero meritato quello che hanno ottenuto”. Il paragone degli israeliani e, per estensione, degli ebrei con i nazisti ha assunto il significato immaginato da Jankélévitch.
Si tratta di proiettare sulla vittima le caratteristiche del carnefice, per poter ricusare il primo e assolvere il secondo. Un meccanismo mentale messo in atto da un’Europa incapace di affrontare la grande ombra del nazismo. Per assolversi il vecchio continente ha trasferito la sua colpa su Israele.
La nazificazione degli israeliani – dunque degli ebrei – è una infame inversione morale che trasforma le vittime degli orrori del Terzo Reich in una moderna reincarnazione di quella stessa barbarie. Israele, dunque, sarebbe la versione ebraica del nazismo e della persecuzione declinate, questa volta, in chiave sanitaria. Infatti, la gestione israeliana del COVID-19 ha fornito agli antisemiti e ai nemici dello stato ebraico nuove giustificazioni per assegnare l’epiteto di “nazista” agli ebrei.
Nel web, che pullula di antisemiti, si può leggere che Israele discriminerebbe i non vaccinati come nella Germania degli anni Trenta si emarginavano gli israeliti o che la vaccinazione di massa sarebbe un esperimento degno di Mengele. Accuse che si accompagnano alla diffusione vergognosa di foto di Anna Frank paragonata alle famiglie denunciate per assembramenti o al pass vaccinale accostato alla stella gialla. Il crescente utilizzo di immagini e fotomontaggi che avvicinano le restrizioni anti-Covid al trattamento degli ebrei durante la Shoah, oltre a essere inappropriate, banalizzano lo sterminio degli ebrei.
In questa nuova ondata di nazificazione si sono lanciati individui e movimenti di orientamento antiliberale e antisionista: Maurizio Blondet, Vox Italia, Diego Fusaro, il canale ByoBlu e tutta la selva della controinformazione. Soggetti sempre entusiasti di poter suonare lo spartito consunto dell’odio anti-israeliano.
L’obiettivo di questa nuova forma di mostrificazione ha il medesimo obiettivo di tutte le altre: promuovere un’immagine deformata di Israele attraverso l’abbinamento al totalitarismo hitleriano. Minare la reputazione dello stato ebraico significa renderlo un criminale internazionale indegno di esistere.
Il COVID-19 ha fornito un alibi per formulare nuove accuse false contro Israele. Da un lato lo si accusa di “nazismo” vaccinale e dall’altro di non farsi sufficientemente carico della salute dei palestinesi minacciata dal nuovo virus; di aver instaurato una dittatura sanitaria a danno dei suoi cittadini e di aver diffuso deliberatamente il Coronavirus. Siamo in presenza di strali contraddittori. La logica non è appannaggio degli antisemiti e la sua assenza rende evidente il loro scopo: demonizzare Israele facendo ricorso a tutte le accuse, anche se tra loro confliggenti.
Israele è uno stato piccolo e assediato dal terrorismo, che non può permettersi mesi di lockdown e balletti caleidoscopici di zone colorate, dunque ha investito su una massiccia e rapida campagna di vaccinazione. In tutto Israele si sta tornando alla normalità, le misure restrittive vengono revocate, ma questo non viene diffuso dai canali di controinformazione. A loro è bastato avvelenare i pozzi con parallelismi astorici.
Quanti marchiano come “nazista” lo stato ebraico rivelano una scarsa conoscenza della storia e una tendenza grottesca all’iperbole. Contro i fatti storici e la ragione affermano calunnie nei confronti di Israele. Il successo di questa menzognera inversione della storia fa emergere quanti fantasmi si muovano ancora nell’inconscio europeo.