Editoriali

I civili morti usati come arma

Come ha affermato recentemente durante una trasmissione tv, Bernard-Henri Lévy, presentando il suo nuovo libro, Solitude d’Israel, “La strategia di Hamas è chiara: più le vittime sono numerose, e più l’indignazione mondiale farà pressione sul Gabinetto di guerra israeliano per fermare i combattimenti”https://www.i24news.tv/fr/actu/international/artc-israel-est-laisse-dans-une-solitude-qui-me-desole-qui-me-brise-le-coeur-qui-est-injuste-benard-henri-levy.

Che massimizzare il numero dei morti civili a Gaza sia la strategia di Hamas lo ha dichiarato Yahya Sinwar in un comunicato del 29 febbraio, https://www.israelnationalnews.com/news/385999?utm_source=webshare&utm_medium=social&utm_campaign=share quando ha appunto sottolineato come esso sia un obiettivo prioritario.

Bisogna dire che questa strategia, costruita su numeri inverificabili e palesemente taroccati, ha funzionato a meraviglia anche se non ancora al punto da riuscire a ottenere il risultato voluto, quel cessate il fuoco permanente che consentirebbe a Hamas di sopravvivere e di intestarsi la vittoria.

Ma il problema principale, per Israele, non sono tanto le piazze dove si incita consapevolmente o inconsapevolmente al genocidio di tutti gli israeliani (“Palestina libera dal fiume al mare”), non è l’ONU, dove il Segretario Generale, ostaggio dei paesi islamici (la maggioranza) ha trovato fin dall’inizio della guerra voluta da Hamas il 7 ottobre scorso, giustificazioni per l’eccidio da esso perpetrato, non è Joseph Borrell, l’osceno portavoce della politica estera della UE, ovvero di una politica totalmente priva di incidenza non avendo alle sue spalle la forza delle armi, il quale accusa Israele, contro ogni evidenza, di affamare volontariamente il popolo di Gaza, https://www.israelnationalnews.com/news/386923?utm_source=webshare&utm_medium=social&utm_campaign=shar non sono le varie ONG, più o meno note che accusano Israele di crimini di guerra, ne è il Sud Africa che lo ha portato davanti ai giudici all’Aia, accusandolo di genocidio, ma sono gli Stati Uniti.

Il principale problema di Israele, è l’alleato americano, per il quale, il proseguimento dell’operazione militare a Rafah, dove sono assediati gli ultimi quattro battaglioni di Hamas, significa che ci saranno altri morti civili, significa doverne rendere conto a casa. Il fatto è che Israele deve andare fino in fondo indipendentemente dalla sorte degli ostaggi, e lo deve fare a fronte delle minacce rappresentate da Hezbollah e dall’Iran, lo deve fare per riconquistare la credibilità di paese più forte militarmente del Medio Oriente incrinata il 7 ottobre, lo deve fare per ridare ai propri cittadini una garanzia di sicurezza che non può più venire meno. Se non andasse fino in fondo, se Hamas non venisse sconfitto, il suo futuro sarebbe seriamente ipotecato.

I morti civili che Hamas vuole aumentino, che aumenta esponenzialmente con dati falsi, https://www.tabletmag.com/sections/news/articles/how-gaza-health-ministry-fakes-casualty-numbers e che in realtà sono molti meno di quelli di qualsiasi guerra urbana precedente, come ha evidenziato John Spencer,p://www.linformale.eu/israele-ha-adottato-piu-misure-per-prevenire-le-vittime-civili-di-qualsiasi-altra-nazione-nella-storia/ sono l’arma che i jihadisti sperano riesca a ottenere il risultato sperato. L’Amministrazione Biden, sta purtroppo assecondandoli, ma non gli sarà facile abbandonare Israele, impedirgli di portare a casa la vittoria, il contraccolpo politico interno sarebbe troppo forte e negli Stati Uniti i sondaggi sono favorevoli a Israele non a Hamas.

La determinazione di Benjamin Netanyahu di chiudere la partita con Hamas si fa forte di questa consapevolezza.

 

 

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