In questo periodo post-natalizio in cui abbondano Gesù palestinesi e si sprecano i paragoni tra i bambini morti a Gaza, piccoli Gesù martirizzati dai perfidi ebrei in uniforme israeliana, non si può fare a meno di evidenziare come siano proprio i bambini morti il cardine della offensiva propagandistica pro-palestinese.
“Cinquemila!” scandiva concitato in una trasmissione all’inizio della guerra, il direttore dell’Unità, Piero Sansonetti, fornendo le cifre insindacabili di Hamas. Oggi sono ottomila, forse di più. No, non occorre fare ironia sui bambini morti, ogni bambino ucciso è una tragedia, la questione è un’altra ed è quella sempre particolarmente focalizzata quando è Israele che combatte. Quanti bambini sono morti nella guerra in Siria, in quella in Yemen, nel Darfur, a Mosul, ecc.? eppure nessuno, se non forse l’Unicef se ne preoccupava in modo particolare. Sansonetti se ne stava placido e insieme a lui tutti gli altri, sonnecchianti sui cadaverini. Monsignor Ravasi non evocava Lamech, ne Monsignor Zuppi, Erode, erano affaccendati altrove.
Appena si evidenzia che la guerra in corso l’ha provocata Hamas uccidendo nei più barbari dei modi, 1200 cittadini israeliani e rapendone 240, subito si contrappongono le cifre ben maggiori dei morti civili a Gaza, soprattutto dei bambini, a significare che ben più grave è quello che ha fatto e sta facendo Israele, non c’è proprio paragone, chi è il vero terrorista è facile da dire.
Si tratta di un sofisma fragile fondato sulla logica del numero dei morti, chi ne ha di più è dalla parte del giusto, chi ne ha di meno da quella del torto, dunque appare chiaro che, in rapporto ai morti, la Germania nazista era assolutamente dalla parte del giusto rispetto agli Alleati.
Che non ci sarebbe a Gaza un solo bambino palestinese morto se il 7 ottobre Hamas non avesse commesso un eccidio, lo si omette convenientemente, così come si omette sempre convenientemente di dire che se il branco feroce di assassini che il 7 ottobre ha ucciso, decapitato, stuprato e sventrato, non si nascondesse tra i civili, non li usasse come scudi umani, non considerasse la vita della popolazione di Gaza poco meno che carne da macello da esibire tra finte lacrime e finta indignazione morale quando Israele risponde all’aggressione, i bambini che ora sono morti sarebbero vivi e vegeti.
Le due omissioni sono necessarie alla rappresentazione scenica della barbarie israeliana, dell’isteria pilotata dell’indignazione contro la ferocia ebraica, perché come è noto, da Guglielmo di Norwich in giù e come ci ha ricordato anni fa Ariel Toaff, con il suo romanzo nero ricco di azzime imbevute di sangue, gli ebrei hanno una predilezione per quello dei bambini.
“Cinquemila!”, “Ottomila!”, “Diecimila!”.
Se si potesse gridare “Centomila!”, il gaudio sarebbe sommo e allora sinagoghe bruciate a iosa come prescriveva già Lutero, caccia all’ebreo, morte al reo. Non si perdona agli assassini di bambini, o meglio si perdona a tutti quelli che li uccidono in guerre a cui l’opinione pubblica non drogata da decenni di propaganda, è del tutto indifferente, ma le guerre di Israele si sa, sono diverse.
Il primo responsabile della morte dei bambini di Gaza, che fin dall’età della scolarizzazione vengono educati a odiare gli ebrei, “figli di scimmie e di maiali” come recita un hadit ben noto, è Hamas, di cui uno dei capi, Ismael Haniyeh, nel suo rifugio a Doha, barba bianca ben curata, in grigio e nero stile Prada, il 29 ottobre ha chiesto il sangue: «Abbiamo bisogno del sangue di donne, bambini e anziani palestinesi. Abbiamo bisogno di questo sangue per risvegliare dentro di noi lo spirito rivoluzionario, per risvegliare in noi la sfida, per spingerci avanti».
Sa bene Haniyeh quale enorme lucro si ottiene per ogni bambino morto a Gaza, quale scudo protettivo essi rappresentino per l’organizzazione criminale di cui fa parte.
“Cinquemila!”, “Ottomila!”, “Diecimila!”.
E le piazze si riempiono di anime nobili, di esagitati pacifisti che chiedono la “liberazione” della Palestina dal fiume al mare, ovvero lo sterminio di tutti gli ebrei israeliani. Se solo Adolf Hitler e Amin Al Husseini potessero ascoltarli. Anche loro, in fondo, amavano i bambini.