Philippe Braham, 45 anni. Yohan Cohen, 22 anni. Yoav Hattab, 22 anni. François Michele Saada, 55 anni.
Quattro nomi, spesso associati alla strage della sede del Charlie Hebdo. In realtà Philippe, Yohan, Yoav e François sono stati uccisi due giorni dopo, il 9 gennaio 2015, dal terrorista Amedy Coulibaly, in quello che è stato l’ultimo atto dell’azione terroristica che ha insanguinato e cambiato la vita di Parigi: la strage dell’Hyperkosher a Porte de Vincennes, zona est di Parigi.
Amedy Coulibaly, che il giorno prima aveva freddato con un colpo alla testa la poliziotta Clarissa Jean-Philippe nella città di Montrouge, a sud di Parigi, si era rinchiuso all’interno dell’ipermercato tenendo in ostaggio tutti i clienti e chiedendo la liberazione dei fratelli Kouachi, autori della strage del Charlie Hebdo e in quel momento asserragliati dentro una tipografia.
«Sono dello Stato islamico. Ho agito in sincronia con i fratelli Kouachi: loro Charlie Hebdo, io la polizia». Era già all’interno dell’ipermercato quando, con questa telefonata a BMF-TV, Coulibaly ha chiesto un contatto con le Forze dell’Ordine. Le trattative non serviranno a salvare la vita dei quattro cittadini francesi di religione ebraica, uccisi da Coulybaly. Esecuzioni che hanno sottolineato il movente antisemita non solo delle uccisioni, ma anche della scelta del luogo in cui nascondersi con gli ostaggi: un supermercato di prodotti kosher.
Coulybaly sarà ucciso grazie ad un blitz delle forze speciali all’interno del locale.
La morte di Philippe, Yohan, Yoav e François non ha destato particolare scalpore nell’opinione pubblica, già sufficientemente scossa dalla strage di due giorni prima alla redazione del Charlie Hebdo.
Dopo #jesuischarlie, in pochi hanno sentito il bisogno di unirsi alla campagna #jesuisjuif, “io sono ebreo”.
La sensazione che le comunità ebraiche europee siano le più esposte in caso di attentati riconducibili al terrorismo islamista, però, resta, anche a distanza di un anno.
Anche per questo è necessario ricordare i quattro omicidi dell’Hyperkosher di Parigi.
Ieri, alle 12, gli esercenti dei locali Kosher a Roma hanno chiuso le serrande per commemorare la tragedia.
La comunità ebraica di Roma ha deciso di infondere un messaggio di speranza: i bambini delle scuole ebraiche oggi hanno preparato le challot (il pane tradizionale ebraico a forma di treccia) per lo shabbat. Un modo per non dimenticare e, come ha scritto su facebook Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, non permettere “a nessuno di cancellare la nostra identità”.
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