I primi effetti concreti degli accordi di pace tra Israele e le monarchie del golfo persico si stanno riverberando in seno alla compagine politica palestinese. Infatti, le mai sopite rivalità tra le varie fazioni, in perenne guerra per il controllo del territorio e dei soldi che molto generosamente arrivano da tutto il mondo, si sono inasprite nelle ultime settimane.
L’ultimo episodio cruento è stato uno scontro a fuoco nel campo profughi di Balata (vicino a Nablus), che ha visto come protagonisti le milizie di Fatah fedeli ad Abu Mazen contrapposte a quelle di Mohammed Dahlan, che a causato la morte di un comandante della fazione di Dahlan.
Mohammed Dahlan, ex responsabile della sicurezza di Fatah a Gaza, fu esautorato del suo incarico e costretto in esilio negli Emirati Arabi dopo la clamorosa sconfitta militare patita da Fatah ad opera di Hamas nel 2007. Quell’anno Hamas prese il controllo della Striscia di Gaza con un colpo di stato militare che costò la vita a centinaia di esponenti politici e militari di Fatah. Dopo questa disfatta Dahlan accusato di tradimento da tutta la dirigenza dell’ANP fu costretto a riparare negli Emirati per non rischiare di essere ucciso per vendetta. Dahlan ha però sempre mantenuto un certo controllo su varie fazioni palestinesi sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania legate da solidi legami tribali. Inoltre, ha saputo coltivare e accrescere numerose amicizie politiche ed economiche in vari paesi del Golfo persico ad iniziare dagli Emirati.
Con la firma degli accordi di pace tra gli emiratini e Israele il suo nome è tornato in auge come possibile successore dell’ultra ottantenne e malato Abu Mazen, posizione fortemente voluta dagli sceicchi del Golfo. Eventualità decisamente avversata dagli altri esponenti di Fatah, niente affatto desiderosi di cedere il controllo delle centinaia di milioni di euro che ogni anno vengono versati nelle casse dall’ANP.
Il contrasto per la gestione dei soldi si unisce alla più vecchia rivalità tra le fazioni palestinesi, la così detta leadership “interna” cioè quella che è sempre stata presente in Cisgiordania e a Gaza (tra di essi ci sono Dahlan e il suo clan e il gruppo terroristico di Hamas) e la leadership “esterna” cioè quella che è arrivata al seguito di Arafat da Tunisi dopo la firma degli accordi di Oslo.
Fin dagli anni Novanta ci sono stati molti scontri tra le fazioni rivali per il controllo del potere. Ora Dahlan, che per quasi 15 anni era caduto in disgrazia, con il pieno appoggio degli Emirati e del Bahrein è tornato in auge e sta cercando di stringere nuove alleanze tra i clan palestinesi per averne l’appoggio quando Abu Mazen non sarà più in grado di detenere il potere. Gli altri esponenti della leadership “esterna”, dal canto loro, stanno cercando con tutti i mezzi di contrastare i piani di Dahlan.
In questa lotta di potere tra clan, vanno visti gli ultimi tentativi di riconciliazione tra gli esponenti di Fatah e di Hamas avvenuti in Turchia di alcune settimane fa. Ma anche questa volta i contrasti tra le due organizzazioni non hanno portato a nulla di concreto. Anzi, la posizione di Hamas è sembrata molto più affine a quella del clan di Dahlan, che come evidenziato, è accomunata dal fatto di essere “interna” e quindi molto ostile alla dirigenza venuta da Tunisi vista senza mezzi termini come straniera e ritornata solo per predare i soldi degli aiuti internazionali.
Questi scontri sono probabilmente i primi che coinvolgeranno le tre maggiori fazioni palestinesi in vista della successione ad Abu Mazen. Ogni fazione ha i propri padrini: Mohammed Dahlan gli Emirati (e quindi l’Arabia Saudita), Fatah la UE e la comunità Internazionale, mentre Hamas gode dell’appoggio sempre più forte della Turchia e in seconda battuta dell’Iran. Vedremo se la contesa sfocerà in una guerra a tutto campo tra clan oppure se troveranno un’intesa sul modo di gestire i soldi internazionali.