Sugli episodi che si sono verificati recentemente a Gerusalemme, dove, durante il corso della celebrazione di Sukkot, alcuni ebrei ortodossi che si trovavano all’interno del corteo hanno sputato contro dei pellegrini cristiani, Benjamin Netanyahu si è espresso con chiarezza condannando il gesto.
Lo stesso ha fatto Simcha Rothman, parlamentare del Likud e noto per essere tra i principali promotori della tanto discussa riforma della giustizia, il quale ha rimarcato come più di mille persone avessero marciato in modo perfettamente civile. Ha altresì sottolineato il fatto che un episodio di questo tipo, meritevole di condanna, sia stato enormemente ingigantito.
Difficile dargli torto, ma funziona così da sempre, se mille persone durante un evento pubblico si comportano in modo civile, e cinque di esse si comportano incivilmente, le 995 restanti verranno relegate nell’oblio.
Questo principio vale per ogni situazione e in ogni contesto. Le mele marce fanno scordare la maggioranza di quelle sane portando acqua al mulino di tutti i denigratori sempre all’erta, siano essi gli odiatori della Chiesa, delle forze dell’ordine, dell’esercito e, soprattutto, degli ebrei.
Sì, non è una scoperta nuova che anche tra gli ebrei ortodossi esistono frange che trovano opportuno mostrare il loro disprezzo nei riguardi dei cristiani, ma si tratta, appunto, di frange, ancora legate a quella cultura dell’odio che trova il suo contraltare tra i cristiani preconciliari, per i quali gli ebrei sono da considerare come i “perfidi giudei” responsabili della morte di Cristo.
Dovrebbe tenerlo presente il neo cardinale Monsignor Pizzaballa, già Patriarca latino di Gerusalemme, il quale ha giustamente stigmatizzato l’episodio, come ha già fatto altre volte in relazione a episodi di intolleranza ebraica nei confronti di cristiani, così solerte nel richiamare Israele a tutelare i cristiani che ci vivono o vi soggiornano, tuttavia assai meno solerte nel sottolineare come Israele sia l’unico luogo in Medio Oriente dove i cristiani sono effettivamente tutelati al massimo.
Nessuno lo ha mai sentito in questi anni stigmatizzare il fatto che nei territori a sovraintendenza palestinese, a Betlemme, per esempio, la presenza cristiana araba sia diminuita dal 20 all’1 per cento, lasciando in città 9000 cristiani dei 540,000 che vi risiedevano, come nessuno lo ha mai sentito evidenziare che il principale fattore che ha determinato lo spopolamento dal territorio sotto tutela palestinese degli arabi di fede cristiana sia la persecuzione da parte islamica.
Sono dimenticanze comprensibili per chi usufruisce, come Pizzaballa, di una spiccata percezione selettiva.