“Il giorno della Memoria, data che dovremmo sentire come quella del 25 aprile”. E’ cominciato così, con una frase apparentemente banale e scontata, il convegno su “Israele e lo sfruttamento dell’olocausto” che si è tenuto nell’Aula A3 del campus universitario Einaudi di Torino, la stessa aula in cui poco meno di due settimane prima il docente Salim Vally ha potuto sfogare il suo odio contro Israele, paragonandolo al Sudafrica dell’apartheid e citando lo screditato storico Ilan Pappé davanti ad una settantina di studenti interessati e senza alcun contraddittorio.
In questo caso l’evento non si sarebbe dovuto svolgere perché il Rettore ne aveva preso le distanze e aveva assicurato la Comunità Ebraica di Torino. Invece, come ogni anno, nonostante le proteste e le prese di distanza il campus Einaudi ospita sempre eventi contro Israele in concomitanza con il Giorno della Memoria.
L’anno scorso i relatori, tutti studenti attivisti Bds (il Movimento di Boicottaggio contro Israele), si sono soffermati sulle connessioni tra sionismo e nazismo, quest’anno sono andati oltre e hanno voluto parlare addirittura dello sfruttamento della Shoah da parte di Israele, un dei principali feticci antisemiti odierni.
Anche quest’anno i relatori sono stati studenti attivisti Bds che si sono improvvisati storici ed esperti di Medio Oriente. Una trentina di persone tra il pubblico, di cui la metà giovani.
“Ci sono legami con le questioni della Palestina” nella Giornata della Memoria, ha esordito il primo relatore, per poi continuare “Mercoledì prossimo proietteremo la cronistoria della rivolta Ghetto di Varsavia anche lì facendo qualche riflessione; appuntamento alle 16.30, e anche su quello diremo come è stata strumentalizzata quella vicenda”. E oggi? “Oggi si parla del cosiddetto sfruttamento dell’olocausto da parte dei sionisti e di Israele sia nel durante, sia subito dopo e nei decenni successivi. Siamo qui per puntare il dito contro uno stato che utilizza una tragedia per giustificare le sue narrative”. Senza dimenticare che “antisionismo è antifascismo”.
Non poteva mancare il grande feticcio antisemita: “Gli altri genocidi non sono ricordati”. Il relatore cita ad esempio “quello dei congolesi a cavallo tra ‘800 e ‘900. Che differenza con la mole di ricerche sulla Shoah”.
La tesi è che “in estrema sintesi la contraddizione fu che i vertici dei sionisti tesero, durante la Seconda guerra mondiale, a privilegiare l’immigrazione in Palestina trascurando la sorte di chi era nei campi profughi che poi divennero campi di concentramento”.
I “sionisti”, secondo il relatore, si sono dichiarati impotenti a combattere la Shoah e allora “bisognava che i salvataggi avvenissero nell’ottica della costituzione dello stato ebraico. Esempio ulteriore la vicenda degli ebrei ungheresi, verso la fine della guerra, quando la Germania la stava già perdendo e c’erano maggiori possibilità di salvare gli ebrei. La Germania mette in Ungheria un governo a lei favorevole e le SS si dichiarano pronte a negoziare con gli Alleati per l’espatrio degli ebrei. La Germania chiedeva 10.000 camion, si apre questa possibilità di trattativa che ha un suo percorso, ci lavora anche Eichmann. L’emissario nominato parte per la Palestina, ma viene fermato in Turchia dagli inglesi in accordo con i vertici dell’agenzia ebraica. In luglio si chiude ogni trattativa per volontà di Churchill e Stalin che hanno in mente solo la ragion di stato della guerra. La trattativa sarebbe stato un intralcio. Quando l’ambasciatore svizzero in Ungheria viene a conoscenza e si preoccupa delle conseguenze e chiede che le deportazioni vengano sospese, l’olocausto viene fermato. Ma poi purtroppo riparte e si compie per intero. Un giornalista in Israele inizia a fare a sue spese delle pubblicazioni e accusa il funzionario di Budapest di aver collaborato allo sterminio degli ebrei ungheresi. E lo accusa di aver scagionato a Norimberga il personaggio che aveva gestito il tutto in cambio di far espatriare in Svizzera e poi in Palestina una minoranza – i vertici e i suoi parenti – della comunità ebraica locale“.
L’accusato, “un funzionario del partito di Ben Gurion”, ha denunciato il giornalista e ha vinto la causa al termine di un lungo processo, ma ovviamente gli attivisti Bds improvvisatisi storici affermati, tanto da tenere lezioni in un’aula universitaria, non se ne danno per inteso e accusano Israele di auto-assolversi. Insistendo: “Poi il dibattito in Israele continua e vengono compiute altre operazioni mediatiche, come il processo Eichmann“. Un’operazione mediatica.
Vale la pena ricordare che la location non è stata un circolo neonazista o una sede di Casapound o Forza Nuova, ma un’aula universitaria con relatori che si definiscono antifascisti.
Ancora: “I sopravvissuti nei campi di concentramento erano obbligati ad andare in Palestina“, anche se, ad avviso del relatore di turno, alcuni di loro avrebbero preferito gli Usa. E poi la perla: “Durante la guerra molto enti caritatevoli avevano protetto i bambini mentre la Brigata Ebraica si era preoccupata di recuperarne il numero massimo. Il recupero richiese anche violenza. I bambini non potevano nemmeno uscire dai centri di raccolta perché dovevano assolutamente andare tutti in Palestina; vennero strappati alle famiglie adottive che li avevano protetti“.
Non poteva mancare, infine, il Mossad: “Ci furono fascisti e criminali di guerra assoldati dal Mossad, come Fiorenzo Capriotti della X mas, che venne liberato, entrò nel MSI e poi andò in un kibbutz e organizzò traffico di armi verso Israele“. (Fiorenzo Capriotti è stato un eroe di guerra, medaglia d’argento al valor militare, mai accusato di crimini di guerra. Prigioniero dei britannici per cinque anni, è stato liberato nel 1946, non dal Mossad. Non ha mai trafficato armi ma solo addestrato soldati in Israele n.d.r).
Chiosa ignobile: “Arrivarono in Palestina anche ebrei da Yemen e Iraq incoraggiati con attentati dinamitardi fatti presso sinagoghe dal Mossad”.
Il Mossad avrebbe fatto attentati contro sinagoghe per incoraggiare l’emigrazione ebraica in Palestina.
Sono seguiti gli interventi del pubblico, in cui si è trovato il modo di parlare dei Rothschild, dei ricchi banchieri ebrei che si sono salvati dalla Shoah a scapito dei poveracci, di Israele che si appoggia alla memoria della Shoah perché “loro non hanno Manzoni come noi” e del paragone tra Hitler e Arafat fatto dai “sionisti come Begin” che fa “accapponare la pelle”.
Tutto questo, ricordiamolo, si è svolto in un’aula universitaria di Torino, perché l’antisionismo non ha nulla a che fare con l’antisemitismo.