L’attacco terroristico di Hamas contro Israele e la guerra che ne è seguita, sia sul terreno che nei media, costituiscono uno spartiacque nella storia dell’Occidente. Alcuni dei problemi maggiormente gravi e profondi delle nostre società sono diventati più evidenti che mai. Benjamin Kerstein scrive di un «Asse dell’antisemitismo» emerso con prepotenza in questo mese. Questo nuovo Asse è composto, in gran parte, da musulmani radicali e da un notevole numero di progressisti, divenuti, per via del loro antisionismo rabbioso, dei veri e propri «neonazisti di Sinistra».
Sono finiti i giorni in cui personalità di Sinistra del calibro di Jean-Paul Sartre o Pier Paolo Pasolini possedevano la decenza e la coerenza intellettuale per riconoscere che gli ideali da loro professati implicavano la solidarietà con Israele. Ora, se qualcuno, a Sinistra, fosse solidale con Israele e gli ebrei verrebbe bollato come «fascista», «razzista» o, cosa ancor più ridicola, di «estrema destra».
Questa nuova guerra ha fatto emergere tutto l’antisemitismo che ancora cova in seno nostre società. I mass media, dominati dal «comunismo del XXI secolo», ossia l’ideologia «multiculturale» e post-identitaria, hanno una responsabilità enorme nell’ascesa della nuova giudeofobia.
Forse, l’esempio più lampante del pregiudizio anti-israeliano dei media, lo si può riscontrare nella copertura giornalista relativa alla famigerata esplosione nei pressi di un ospedale di Gaza. Giornali e televisioni hanno acriticamente diffuso una «menzogna del sangue», come l’ha definita Jonathan Greenblatt. Israele è stato immediatamente incolpato, prima ancora che fosse possibile accertare la sua responsabilità.
Viviamo in un Paese dove alcune pubblicazioni mainstream sostengono implicitamente il terrorismo. È arrivato il momento di chiederselo: fino a che punto, i «media di Sinistra» possono essere perdonati per i loro peccati intellettuali?
Invece di riconoscere che la violenza è causata dai seguaci di un’ideologia tanatofila e genocida, i nostri chiacchieroni «colti» danno per scontato che il vero colpevole sia Israele, oppure gli Stati Uniti. «Poiché ci odiano, devono avere ragione», ha scherzato una volta Pascal Bruckner, ma è proprio questo il retropensiero che guida tali individui. Molti occidentali incolpano sé stessi, ma più spesso Israele, per quanto di male avviene in Medio Oriente, quando dovrebbero prendersela con l’unico e autentico colpevole: l’ideologia islamista.
Degno di nota è anche lo spettacolo di alcuni ebrei, anche se in minoranza, che si schierano con i loro stessi assassini e contro lo Stato di Israele. Si tratta, perlopiù, di ebrei contigui agli ambienti della Sinistra accademica o «culturale», che desiderano essere accettati dai loro compagni di strada.
Insomma, ampie fazioni politiche in Europa e Nord America sono determinate ad arrendersi a coloro che cercano di distruggere la civiltà liberale. Gli islamisti, ovvero Hamas e Hezbollah, ma soprattutto il regime iraniano, sono decisi a sterminare gli ebrei. Gli jihadisti non fanno differenza tra ebrei «buoni» (antisionisti) o «cattivi» (sionisti). Alla fine, se non sei musulmano, o non sei un tipo specifico di musulmano, il loro obiettivo è ucciderti o almeno renderti un cittadino di seconda classe in uno stato di autentica «apartheid» religiosa.
Nelle parole di Yoni Asher, marito e padre di tre ostaggi rapiti da Hamas, questa non è, semplicemente, una «guerra israeliana». I volenterosi carnefici di Allah «stanno bussando alla tua porta. L’Occidente non è il prossimo, l’Occidente è adesso».
Il programma della Rivoluzione Islamica non mira a spazzare via solo Israele, ma tutta la civiltà occidentale di cui lo Stato ebraico è parte. Il paragone tra islamismo e comunismo è calzante. Per entrambi l’obiettivo è la rivoluzione mondiale. Le azioni ostili di Teheran, come quelle dell’Unione Sovietica, non sono il risultato di una qualche «provocazione», bensì il portato di un’ideologia messianica a vocazione globale.
Resistere ai terroristi e alle operazioni di propaganda dei loro simpatizzanti è vitale in questo frangente storico. Alcuni fatti indicano, seppure in modo vago e incerto, che la storia potrebbe non essere dalla parte dei fondamentalisti islamici. L’India è in crescita, il popolo iraniano è sempre più risentito nei confronti dei suoi governanti, gli Accordi di Abramo hanno rappresentato un passo senza precedenti verso la riconciliazione in Medio Oriente e l’alto tasso di natalità dello Stato d’Israele l’aveva avviato, prima di questa guerra, su un percorso di crescente influenza nella regione.
Un certo ottimismo può quindi essere giustificato. Tali barlumi di speranza, tuttavia, non provengono dalle nostre élite impotenti, dai volti noti dei media e dai rettori delle università, ma dalle persone comuni che ancora non si sono smarrite nei meandri delle ideologie del risentimento, i cui assiomi conducono, inevitabilmente, alla complicità morale con il genocidio e l’antisemitismo.
L’insidiosa alleanza tra Sinistra e islamisti comporta l’esportazione del terrorismo in tutto il mondo. Non possiamo né dobbiamo accettare quel futuro.