Intitolata “Israele soffre per il suo ciclo della vendetta”, un’intervista della scorsa settimana a Said Zidani, professore palestinese di filosofia presso l’Università Al-Quds di Gerusalemme, è stata pubblicata sul giornale tedesco SZ (Süddeutsche Zeitung). Articolo e intervista sostengono che i palestinesi uccidano gli israeliani non solo per “disperazione, ma [come] un atto di resistenza”.
“Tali titoli ripropongono i classici stereotipi antisemiti abbinati allo Stato ebraico,” ha commentato al Jerusalem Post la professoressa Monika Schwarz-Friesel, che studia il linguaggio antisemita in Germania.
Schwarz-Friesel ha affermato che l’articolo pubblicato sul giornale SZ (Süddeutsche Zeitung) utilizza, per influenzare i lettori, l’emotività e il linguaggio antiebraico ispirato al movimento nazista.
“Lo stereotipo su ebrei e vendetta/desiderio di vendetta è un concetto secolare della giudeofobia che è stato ripreso dai nazionalsocialisti,” ha detto.
Schwarz-Friesel, che è anche docente di linguistica presso la Technical University di Berlino, si è posta una domanda chiave: “Perché la redazione di un giornale tedesco continua ad avere la possibilità di manifestare pensieri e sentimenti antisemiti, nei suoi titoli e articoli su Israele, e rimane stupita per tutte le critiche a questa retorica?”
Il giornale era già stato ampiamente criticato per l’antisemitismo in una precedente occasione, nel 2014, quando ha pubblicato una vignetta raffigurante l’inventore di facebook Mark Zuckerberg come un polipo con un grosso naso intento ad inghiottire il mondo.
Il rabbino Abraham Cooper, decano associato del Centro Simon Wiesenthal, ha detto al Post che il centro “protestò per la vignetta su Mark Zuckerberg. La risposta tiepida del giornale non è riuscita a convincermi che la redazione non fosse a conoscenza che la grottesca animalizzazione di stampo nazista fosse ovviamente inappropriata e non avrebbe mai dovuto essere pubblicata”.
“Solo un fazioso in malafede potrebbe descrivere come un ‘ciclo della vendetta’ gli sforzi disperati di Israele per proteggere donne in gravidanza, bambini e anziani dagli attacchi di terroristi palestinesi armati di coltello”, ha aggiunto Cooper.
Nel 2013, SZ ha pubblicato una caricatura di Israele raffigurato come un mostro demoniaco con le corna intento a brandire un coltello. Una giovane donna serviva il cibo al mostro e la didascalia recitava: “La Germania al vostro servizio. Per decenni, Israele è stato fornito di armi, in parte gratuitamente. I nemici di Israele considerano il Paese un vorace Moloch”.
Il Consiglio della stampa tedesca ha accusato il giornale di aver pubblicato una vignetta “discriminatoria che contribuisce a pregiudizi contro Israele e gli ebrei”. L’editore di SZ ha replicato che il disegno avesse “nulla a che fare con luoghi comuni antisemiti”, ma ha ammesso che “la foto ha generato incomprensioni, sarebbe stato meglio aver scelto un’immagine diversa”.
Per quanto riguarda l’articolo della scorsa settimana, il Dr. Matthias Küntzel, politologo di Amburgo che ha ampiamente studiato il moderno antisemitismo in Germania, ha detto al Post, “Il titolo di SZ non solo mette in dubbio la giusta esigenza di Israele all’autodifesa, ma allo stesso tempo utilizza lo stereotipo antisemita del ‘vendicativo’ ebreo, che presumibilmente è guidato da motivazioni irrazionali e arcaiche”.
Il dottor Charles Piccolo, accademico di New York che supervisiona l’Institute for the Study of Global Anti-Semitism and Policy, ha detto in un’intervista, “E’ scoraggiante vedere SZ promuovere sempre più traslati antisemiti. L’ultima tendenza è quella di minimizzare e giustificare il terrorismo palestinese contro gli ebrei come un risultato naturale del conflitto. Inoltre, dare la colpa al primo ministro israeliano per la presunta migrazione di cittadini di Israele non è suffragato da fatti e riflette un pregiudizio contro lo Stato ebraico”.
“Questo è particolarmente in malafede quando milioni di profughi sono stati creati e centinaia di migliaia di persone sono state massacrate in un lungo conflitto terribile nella vicina Siria . L’attenzione irrazionale su Israele è, quindi, tanto più irresponsabile per i giornalisti” ha detto Piccolo.
L’Istituto di Piccolo ha aggiunto che “La SZ, oltre ad aver pubblicato vignette che riflettono le forme classiche di odio e demonizzazioni degli ebrei, con le variazioni di antisemitismo moderno rivolte alle politiche di Israele, ha rifiutato di pubblicare una rettifica della sua accusa falsa e odiosa”.
Deidre Berger, capo dell’ufficio berlinese dell’American Jewish Committee, ha detto al Post “Nel bel mezzo di un’ondata prolungata di terrorismo contro i cittadini israeliani, la Süddeutsche Zeitung attribuisce ad Israele la colpa unilaterale per gli attacchi in corso contro i civili ebrei. Invece di etichettare la violenza in modo chiaro come terrorismo, gli attacchi sono banalizzati e paragonati alle risposte israeliane al terrore”.
“L’articolo manca di equilibrio giornalistico, basandosi su affermazioni che invertono il contesto degli attacchi terroristici, rappresentando i palestinesi e gli arabi-israeliani come vittime anziché responsabili. Le citazioni e gli esempi utilizzati creano l’immagine di un cerchio senza fine di violenza generato da presunti motivi di vendetta da parte di Israele. Considerare vendetta gli sforzi israeliani per fermare la violenza del terrorismo è un’accusa pericolosa: uno dei più antichi stereotipi antisemiti è l’affermazione che gli ebrei abbiano un desiderio innato di vendetta. Attribuire la vendetta come una caratteristica nazionale è un luogo comune pericoloso. Invece, dovremmo guardare a Israele come una delle nazioni in prima linea nella lotta al terrorismo e per la difesa dei comuni valori occidentali”, ha detto Berger.