Stati Uniti e Israele

Giocando d’azzardo con Hamas alle spalle di Israele

I colloqui diretti tra l’amministrazione Trump e Hamas non hanno nulla a che fare con il “non essere un agente di Israele”, come affermato dall’inviato statunitense Adam Boehler nel tentativo di giustificare la mossa e contrastare le critiche israeliane e, sono piuttosto una mossa assai sbagliata che conferisce legittimità politica e riconoscimento a una feroce organizzazione terroristica che avrebbe dovuto invece essere marginalizzata subito dopo l’eccidio del 7 ottobre. Hamas dovrebbe essere sulla buona strada per essere sradicato ma, sfortunatamente, a causa di discutibili decisioni politiche e strategiche da parte di entrambi, il governo israeliano e le due amministrazioni statunitensi, sta ancora gestendo Gaza.

Il principale benefattore di Hamas e suo agente politico in Medio Oriente, il Qatar, non avrebbe mai dovuto essere autorizzato a svolgere il ruolo di mediatore principale, e non avrebbe dovuto esserci alcuna mediazione in primo luogo, ma a Washington la vedono diversamente. Non è una coincidenza che Trump abbia immediatamente inviato Steven Witkoff a Doha e abbia fatto pressione su Israele affinché concludesse un “accordo” con Hamas.

Tuttavia, avendo colloqui diretti con Hamas, l’Amministrazione Trump ha oltrepassato una linea di non ritorno e, cosa ancora peggiore, lo ha fatto alle spalle di Israele, poiché a Washington erano ben consapevoli dell’opposizione di Israele a una mossa del genere.

Gli Stati Uniti stanno elevando la posizione politica di Hamas

Non si tratta di una posizione ideologica da parte di Israele, ma piuttosto pragmatica. I colloqui tra Boehler e Hamas hanno infranto una politica decennale di Washington contro la negoziazione con le organizzazioni terroristiche. In effetti, Trump ha difeso la decisione della sua amministrazione di avere colloqui diretti:

“Non stiamo facendo nulla nei termini di Hamas. Non stiamo dando  loro soldi”, ha continuato. “Bisogna negoziare. C’è una differenza tra negoziare e pagare. Vogliamo liberare queste persone”.

Tuttavia, queste affermazioni indicano una mancanza di comprensione riguardo al fattore terroristico. Il fenomeno del terrorismo non può essere misurato in termini di denaro, come se fosse un affare immobiliare o qualcosa di analogo.

Le negoziazioni incentivano i terroristi a ripetere le atrocità commesse, magari alzando la posta in gioco, consapevoli che la strategia è funzionale ai loro obiettivi e alla loro causa. Inoltre, negoziare consente all’organizzazione terroristica di acquisire legittimità politica, elevandola a legittimo interlocutore, sia a livello nazionale che internazionale.

Sfortunatamente, l’Amministrazione Trump sembra essere confusa su cosa sia realmente Hamas, mentre Boehler sembra incapace di abbracciare la terminologia corretta, riferendosi agli ostaggi israeliani come “prigionieri” e usando il termine “ostaggi” per descrivere i terroristi palestinesi incarcerati in Israele, adottando quindi una retorica comune a Hamas.

Boehler è andato addirittura oltre e ha affermato di volersi identificare con gli “elementi umani di queste persone (Hamas)”, e ha persino fatto riferimento ai funzionari dell’organizzazione terroristica come: “Ragazzi come noi. Sono dei bravi ragazzi”, come riportato dal Times of Israel il 9 marzo.

Non dimentichiamo che Hamas è un’organizzazione terroristica che ha perpetrato il peggior pogrom contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto.

Non si può chiedere a Hamas “Qual è l’esito ultimo che vuoi ottenere?”, perché farlo implica legittimare il terrorismo, dargli una scelta. Sfortunatamente, queste affermazioni sono state fatte davvero.

“Prima l’America, prima Trump”

Boehler si è contraddetto dicendo che l’Amministrazione Trump sta lavorando per il rilascio di tutti gli ostaggi, compresi gli israeliani, e che il pubblico israeliano non dovrebbe temere che gli Stati Uniti si dimentichino di loro, mentre allo stesso tempo ha affermato che gli Stati Uniti “non sono un agente di Israele” e che “Noi (gli Stati Uniti) abbiamo interessi specifici in gioco e abbiamo comunicato ripetutamente (con Hamas)”.

È più che evidente che tali incontri erano principalmente volti a garantire la liberazione dell’ostaggio americano-israeliano Edan Alexander, insieme alla restituzione dei corpi degli ostaggi americano-israeliani Omer Neutra, Itay Chen, Gadi Haggai e Judith Weinstein.

L’obiettivo è stato confermato da Steven Witkoff: “Edan Alexander è molto importante per noi, come tutti gli ostaggi, ma Edan Alexander è americano ed è ferito, quindi, per noi, rappresenta una priorità assoluta”.

Boehler ha cercato di spiegare che si trattava solo di discussioni iniziali con Hamas e che nulla sarebbe stato finalizzato senza l’approvazione di Israele, ma allo stesso tempo ha anche affermato che non gli importava dell’opposizione di Dermer ai colloqui diretti tra Stati Uniti e Hamas alle spalle di Israele, aggiungendo che rispettava e comprendeva la sua posizione, ma “anche noi abbiamo i nostri interessi negli Stati Uniti”.

Dopotutto, l’Amministrazione Trump non ha nascosto i negoziati alla parte israeliana? Quindi, perché gli israeliani dovrebbero credere a Boehler in primo luogo?

Una situazione del genere non può non sollevare una questione di fiducia tra Israele e l’Amministrazione Trump, poiché l’obiettivo di quest’ultima sembra chiaro: ottenere la liberazione dell’ostaggio americano ancora vivo a Gaza e dei corpi dei quattro deceduti.

Trump vuole rafforzare la sua immagine a livello nazionale e ottenere la loro liberazione lo aiuterebbe in questo senso. Non dimentichiamo che quando Trump è entrato in carica, ha immediatamente fatto pressione sul governo israeliano affinché accettasse un accordo deleterio che, oltre all'”obiettivo umanitario” di ottenere la liberazione di alcuni ostaggi, aveva anche lo scopo di presentare il neoeletto presidente degli Stati Uniti come in grado di ottenere ciò che il suo predecessore, Joe Biden, non era riuscito a fare.

Ha avviato colloqui con l’Iran e la Russia nel tentativo di presentarsi come “il pacificatore” che fa “accordi” con tutti, come se il mondo fosse una sorta di mercato commerciale.

Gli interessi dell’America e quelli di Trump vengono prima, non importa a spese di chi: Israele, Ucraina o i dissidenti iraniani.

Un risultato potenzialmente disastroso

Come se non bastasse, il possibile esito delineato da Boehler è ancora più preoccupante delle sue dichiarazioni: una tregua con Israele di cinque-dieci anni, durante la quale il gruppo terroristico si disarmerebbe e rinuncerebbe al potere politico a Gaza:

“Hamas ha suggerito di scambiare tutti i prigionieri e una tregua di cinque o dieci anni in cui Hamas deporrebbe tutte le armi e in cui gli Stati Uniti, così come altri paesi, garantirebbero che non ci fossero tunnel, che non ci fosse nulla di aquisito sul militare e che Hamas non sia coinvolta nella politica in futuro”. Boehler ha persino definito la proposta “una prima offerta non cattiva”.

Perché Boehler possa anche solo lontanamente pensare di potersi fidare di Hamas resta un mistero.

Il 10 marzo, il ministro delle finanze israeliano, Bezalel Smotrich, ha duramente criticato l’inviato statunitense:

“Boehler “ha agito di sua spontanea volontà” per liberare il soldato prigioniero Idan Alexander, che è un cittadino statunitense. Boehler stava agendo “ingenuamente”, e il piano che ha proposto in nome di Hamas, in base al quale l’organizzazione accettava di disarmare e restituire tutti gli ostaggi in cambio di un cessate il fuoco di 5-10 anni, era “una totale assurdità”, come riportato dal Jerusalem Post.

Vale anche la pena sottolineare che Boehler ha detto alla CNN che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva firmato i suoi colloqui con Hamas in anticipo, ma poi è sembrato ritrattare l’affermazione, chiarendo che la pre-approvazione proveniva da “un gruppo di persone” alla Casa Bianca. Sarebbe interessante sapere chi sono queste “persone”.

Da quanto emerso finora, è chiaro che gli interessi di Israele in merito alla propria sicurezza e quelli dell’Amministrazione Trump sono sempre più divergenti. A questo punto, Israele deve pensare da solo a come risolvere la questione e l’obiettivo primario non può che essere uno: costringere i terroristi a liberare tutti gli ostaggi in una volta sola e sradicare Hamas da Gaza una volta per tutte.

Hamas non ha alcun interesse a liberare tutti gli ostaggi, perché sono l’unica leva che l’organizzazione terroristica ha contro Israele, la sua assicurazione sulla vita. Il processo di rilascio andrà avanti per mesi, forse anni e, nel frattempo, Hamas chiederà garanzie sulla sua permanenza e sul suo ruolo politico a Gaza. Nonostante quello che potrebbero dire all’Amministrazione Trump, la sopravvivenza è in gioco e Hamas farà di tutto per ottenerla. Infatti, a Washington, ne sono ben consapevoli.

 

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