Editoriali

Finale di partita?

Infine è giunto quello che era ampiamente previsto. Benjamin Netanyahu è stato rinviato a giudizio per abuso di ufficio e corruzione in tre casi diversi che hanno a che fare, uno con costosi regali, sigari e champagne e altri due con presunti accordi sottobanco per ottenere una copertura di stampa a lui favorevole. Tutto da dimostrare, naturalmente, e la presunzione di innocenza resta intatta fino a prova contraria, nonostante la sete di giustizia sommaria delle tricoteuses che considerano i processi che lo aspettano un inutile orpello a fronte di una colpevolezza per loro già evidente. Al di là di ciò, e della prevedibile difesa di Netanyahu, che le accuse a lui rivolte fanno parte di una manovra politica con l’obbiettivo di scalzarlo dal premierato, il più lungo che Israele abbia mai avuto, resta il fatto che Melech Bibi, Re Bibi, sembra entrato definitivamente, come il Riccardo terzo shakesperiano, nel suo più profondo inverno di scontento.

E’ vero che non vi è un astro politico che sia sorto all’orizzonte, nessun “sole di York” che possa rimpiazzarlo, certamente non lo è l’anodino Benny Gantz, e non vi è alcuna altra figura in grado di stargli al passo per competenza, carisma, abilità, ma il rinvio a giudizio in un frangente in cui, dopo due inconcludenti tornate elettorali non è riuscito a tornare in auge con un mandato netto, ce lo mostra vistosamente logorato. Non che non combatterà cercando di restare in sella nonostante le contingenze avverse, ma per quanto il Likud gli sia ancora apparentemente fedele-un partito che Netanyahu ha, negli anni, sempre più trasformato in una sorta di guarnigione personale-sono pochi a scommettere sulla sua sopravvivenza politica.

Quello di Netanyahu è sicuramente un grande futuro dietro alle spalle, in cui la consumata abilità di promoter di Israele e di infaticabile tessitore di relazioni ai massimi livelli istituzionali internazionali, sono stati due degli ingredienti più smaglianti della sua parabola politica. La questione non è qui quella della sua innocenza o della sua colpevolezza (i reati che avrebbe eventualmente commesso sono risibili per lo standard disincantato di qualsiasi adepto della Realpolitik), ma il fatto che, data la mancanza di una nuova coalizione di governo salda e l’indebolimento politico della sua figura dopo il rinvio a giudizio, il finale di partita, se non immediato, appare solo differito.

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