La città di Torino, come noto a chi si occupa di Israele e Medio Oriente, è la capitale italiana dell’antisionismo. Il centro propulsore delle attività anti-israeliane della metropoli piemontese è il Dipartimento di Culture, Politica e Società (CPS).
Da otto anni, il suddetto dipartimento, organizza e ospita la scuola estiva TOMidEast. Si tratta di una summer school che si pone l’obiettivo di “decostruire gli immaginari e gli stereotipi che hanno formato la rappresentazione del Medio Oriente a causa della copertura mediatica spesso imprecisa”. Dietro a questa esibizione di lemmi dal sapore vagamente sociologico, si cela un programma filoarabo e antisionista.
Nel comitato scientifico di TOMidEast siedono docenti con opinioni a dir poco problematiche su Israele, a cominciare dallo scienziato della politica Gilbert Achcar, autore del controverso libro “The Arabs and the Holocaust”.
Lo studioso di antisemitismo Matthias Küntzel, recensendo il testo di Achcar, lo ha definito: “Un libro in cui un autore della sinistra politica cerca di proteggere i dogmi dell’antisionismo occidentale dalla realtà dell’antisemitismo arabo”. Sebbene l’autore analizzi in modo critico l’affinità tra islamismo e nazismo, sempre secondo Küntzel, “come se rispondesse a un ordine di qualche Comitato centrale interno, nella seconda parte del suo libro Achcar ripudia le prove che egli stesso ha presentato nella prima parte dello stesso libro e si rivolge all’agitazione politica, il cui scopo essenziale è giustificare una alleanza antisionista con gli antisemiti e negazionisti dell’Olocausto di Hezbollah e Hamas”.
Achcar considera Israele come “ultima grande questione scottante del colonialismo europeo” e critica l’attuale capo dell’OLP Mahmoud Abbas, chiamandolo “il miglior amico palestinese di Israele e degli Stati Uniti”. Così Küntzel liquida il testo: “Il quadro antisionista opera attraverso un semplicistico modello bianco / nero: mentre gli israeliani sono ritenuti responsabili di tutto ciò che va storto nella regione, i palestinesi e la loro avanguardia islamista sono solo vittime, per le quali Achcar cerca instancabilmente scuse”.
Insieme ad Achcar, nel comitato scientifico in questione, è presente Rosita Di Peri, politologa del CPS, risulta tra i firmatari di una lettera-manifesto antisionista, pubblicata originariamente dal The Guardian, nella quale si esprime “preoccupazione” per la “strumentalizzazione”, messa in atto da Israele, della definizione di antisemitismo formulata dall‘IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance).
È presente, inoltre, la dottoressa Fadia Kiwan, direttore generale dell’Organizzazione delle donne arabe. In una lettera inviata a Coly Seck, Presidente del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha espresso preoccupazione per la situazione delle ragazze arabe e delle donne detenute nelle carceri israeliane, accusando Israele di “trattamento disciplinare disumano”.
In passato, nel 2017, il TOMidEast ospitò una lezione di Dina Matar, docente alla SOAS university di Londra e irriducibile sostenitrice del palestinismo. In un articolo del 27 marzo 2017, pubblicato su al-Shabaka, la professoressa scrive: “Le narrazioni palestinesi del vittimismo attingono all’ingiustizia racchiusa nella Dichiarazione Balfour del 1917 che iniziò ad essere implementata prima e durante il Mandato britannico del 1923 e dal piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947”. Affrontando la situazione palestinese afferma: “La situazione include una dinamica di potere ineguale dato che Israele è la potenza più potente e l’occupante; un gran numero di vittime palestinesi, compresi i bambini, a seguito di azioni e attacchi israeliani; e il controllo israeliano dello spazio e dei territori” e ancora: “Dalla creazione di Israele, le narrazioni storiche che danno valore al vittimismo ebraico sulla vita e sui diritti dei palestinesi sono state utilizzate ripetutamente dai politici israeliani”. La Matar considera Israele una realtà colonialista e illegale.
Anche quest’anno, il TOMidEast organizzerà un ciclo di lezioni e lo farà con il sostegno del Dipartimento di Culture, Politica e Società. Ancora una volta, l’università di Torino si qualifica come fiancheggiatrice della più bieca propaganda antisionista.