Potrebbe essere rubricata come una follia l’affermazione del mufti palestinese Ahmed Hussein il quale ha dichiarato che la moschea di Al Aqsa esisteva 3000 anni fa, anzi “30000” anzi, “dalla creazione del mondo”. Ma sbaglierebbero coloro che trovassero l’affermazione risibile e palesemente assurda, e sbaglierebbero perché non darebbero la necessaria importanza a un elemento essenziale del pensiero islamico.
La storia per l’Islam non esiste, o meglio esiste solo la storia dell’Islam, l’unica e vera religione dell’umanità, quella originaria ed eterna.
L’anacronismo deliberato è una caratteristica fondamentale della teologia islamica. La collocazione storico temporale dell’Islam, il suo sorgere, è irrilevante rispetto a ciò che questo avvenimento manifesta, la rivelazione della fede primigenia e definitiva di cui tutte le religioni anteriori non sono che forme imperfette o tentativi di falsificazione.
La pretesa totalizzante dell’Islam nasce da questo, innanzitutto, da una perentorietà teologica e religiosa impositiva. Nelle parole del mufti palestinese rieccheggiano altre simili assurdità cronologiche pronunciate da altri predicatori islamici e soprattutto si manifesta una costante, la deformazione dei fatti storici.
L’anteriorità della moschea di Al Aqsa rispetto a quella del Tempio di Salomone cos’altro è se non l’affermazione che gli ebrei non hanno alcun diritto a salire al Monte del Tempio (non essendo infatti il Tempio mai esistito per buona parte dei musulmani e degli arabi), e una violenta sopraffazione ideologica su questo stesso diritto?
Mutatis mutandis è il medesimo diritto che viene negato all’esistenza di Israele, intrinseco alla persistente propaganda arabo-palestinese e musulmana, secondo la quale il popolo originario della Palestina sarebbe quello che oggi rivendica di essere stato derubato della propria terra.
La logica è esattamente la stessa.