In un recente editoriale pubblicato su questo giornale, David Elber ha spiegato in modo chiaro e sintetico perché la decisione dell’amministrazione Trump di dare il semaforo verde all’estensione di sovranità di Israele sul 30% dei territori della Cisgiordania (Giudea e Samaria) non abbia nulla a che vedere con una “annessione.
Scrive Elber, “Il territorio noto come Cisgiordania, per il diritto internazionale – secondo il principio dell’uti possidetis – apparteneva ad Israele, come legittimo successore del Mandato per la Palestina del 1922. Ma per 19 anni, tra il 1948 e il 1967, fu occupato illegalmente dalla Giordania senza che mai Israele abbia rinunciato alla sua piena sovranità. In questi giorni, il nuovo governo di Israele ha dichiarato, semplicemente, che applicherà la piena sovranità ad una porzione di questo territorio, che, come evidenziato, già gli apparteneva”.
Giorgio Gomel, sulle pagine di Hakeillah, scrive un articolo da leggersi con la schiena diritta già dal titolo, Se non ora quando? che è un vero florilegio di abiezioni e un manifesto che l’Autorità Palestinese e l’OLP sottoscriverebbero in toto. Di questo articolo si occuperà nel dettaglio, sempre su questo giornale, Emanuel Segre Amar, a noi basta rilevare solo una cosa.
A un certo punto dell’articolo, Gomel scrive che la decisione di Israele di estendere la propria sovranità sugli insediamenti ebraici in Cisgiordania sarebbe in contrasto “con le risoluzioni Onu e il diritto internazionale”.
Che la decisione sia in contrasto con le Risoluzioni Onu è pacifico, e va detto che si tratta di una benemerenza visto che tutte sono state votate, dal 1967 in poi, con il cospicuo e decisivo apporto di Stati arabi e musulmani che hanno avuto gioco facile a trasformarle in uno strumento di attacco concentrico contro lo Stato ebraico. Nessuna di esse fa testo relativamente al diritto internazionale.
Che la decisione da parte di Israele di estendere la propria sovranità sul 30% della Cisgiordania sia in contrasto con il diritto internazionale è, invece, semplicemente un falso di vecchio conio.
La permanenza di Israele, non “l’occupazione” (altro termine fraudolento visto che, a insaputa di Gomel, l’Articolo Provvisorio del 1995 integrativo agli Accordi di Oslo del 1993, stabilisce all’Articolo XII(1), stipulato, come gli altri, con i palestinesi, che Israele abbia il diritto di permanere a tutela difensiva degli insediamenti ebraici e della loro popolazione e all’ Articolo XXX che gli insediamenti, durante il periodo provvisorio, ancora in esistenza a causa di un mancato accordo risolutivo, non possono essere considerati illegali) in Cisgiordania è perfettamente legittima e statuita dall’unico testo che, in materia di diritto internazionale, è equiparabile a un trattato, ovvero il Mandato Britannico per la Palestina del 1922.
All’Articolo 6 del Mandato è scritto:
The Administration of Palestine, while ensuring that the rights and position of other sections of the population are not prejudiced, shall facilitate Jewish immigration under suitable conditions and shall encourage, in co-operation with the Jewish agency referred to in Article 4, close settlement by Jews on the land, including State lands and waste lands not required for public purposes.
Con il successive Memorandum del 1922, fatto proprio dall’allora Società delle Nazioni, in virtù della decisione britannica di cedere i territori a Est del Giordano agli hashemiti per i servizi resi, le clausole specificate nell’Articolo 6, relativamente al diritto ebraico diventano automaticamente riferibili a tutti i territori a occidente del Giordano.
Come ha sottolineato Eugene E. Rostow, uno degli architetti della Risoluzione 242: “Molti credono che il mandato palestinese abbia avuto termine nel 1947 quando il governo britannico si dimise da potentato mandatario. E’ errato. Un accordo non cessa quando il fiduciario muore, si dimette, sottrae la proprietà affidata o è licenziato. L’autorità responsabile dell’accordo nomina un nuovo fiduciario o in alternativa dispone per l’adempimento dell’accordo…In Palestina il mandato britannico ha cessato di essere operativo relativamente ai territori di Israele e della Giordania quando questi due stati vennero creati e riconosciuti dalla comunità internazionale. Ma le sue normative sono ancora effettive relativamente alla West Bank e alla Striscia di Gaza (n.b. il testo è del 1990), le quali non sono ancora state allocate a Israele, la Giordania o a uno stato indipendente”.
Non chiediamo a Giorgio Gomel di conoscere nei dettagli il Mandato Britannico per la Palestina, nè di conoscere Eugene E. Rostow e l’Articolo Provvisorio del 1995, e nemmeno di avere un minimo di contezza riguarda a quanto faccia testo in merito a Israele relativamente al diritto internazionale. Se lo facessimo, sarebbe troppo; lo priveremmo del piacere di chiamare alle armi la sinistra ebraica contro il governo di Israele e l’amministrazione Trump.