Di recente, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, in uno dei suoi numerosi discorsi infuocati contro Israele ha dichiarato: “Se perdiamo Gerusalemme perdiamo La Mecca”. Questo non è che l’ultimo attacco alla sovranità israeliana sulla propria capitale. Ma è anche l’ultimo atto di una vera e propria “soft belligerency” che il Califfo turco ha messo in piedi nei confronti di Israele.
Non è un mistero che Erdoğan abbia sempre appoggiato, ospitato e finanziato i gruppi terroristici palestinesi come Hamas e la Jihad islamica ricevendone in prima persona i rappresentati più illustri.
Già da qualche tempo il suo progetto politico si è spostato parallelamente all’appoggio politico, finanziario e legale dell’ANP. Qui la sua condotta merita una certa attenzione perché stà aprendo un fronte di “guerra legale” dal risultato imprevedibile.
Il principale strumento offerto di recente da Erdoğan ad Abu Mazen è un autentico “tesoro” – così come definito dai palestinesi – che consiste nell’intero archivio ottomano relativo ai territori che oggi sono Israele (compresa Gerusalemme) e ai territori amministrati dall’ANP (si tratta di oltre 100.000 pagine microfilmate). L’intento è chiaro: dotare l’ANP di un’arma legale per intraprendete numerose controversie giudiziarie nei confronti dello Stato ebraico relativamente a terreni ed edifici pubblici , religiosi e privati. L’obbiettivo è quello di mettere in dubbio i diritti di proprietà per bloccare qualsiasi compravendita presente e futura ed eventualmente contestare quella passata.
Il “tesoro” in questione è stato consegnato ai palestinesi oltre un anno fa’ presso il consolato dell’ANP ad Ankara per poi giungere in pompa magna a Betlemme. Con grande zelo numerosi funzionari e legali palestinesi si stanno cimentando nella lettura e trascrizione dei documenti con l’intenzione più volte annunciata di iniziare una vera e propria guerra legale nei confronti di Israele.
Tra i più attivi in questa nuova campagna si deve annoverare Yousef Adais, il ministro per le fondazioni religiose dell’autorità palestinese, che si è mosso subito per scandagliare tutte le proprietà della zona est di Gerusalemme. Adais e altri esponenti palestinesi hanno rinnovato pressioni su molti enti religiosi latini e greco ortodossi per farli desistere da qualsiasi trattativa di compravendita, di comodato o affitto con cittadini ebrei con la non troppo velata minaccia di portarli in tribunale.
Questi nuovi documenti turchi, sono al vaglio anche dell’organizzazione “Turkish-Palestinian Forum” attiva dal 2015, come riportato dal ricercatore palestinese Saeed al-Haj. Saeed è convinto che questa nuova massa di documenti permetterà l’inizio di centinaia di ricorsi presso la Corte Suprema e presso altri tribunali in giro per il mondo. Sull’esito di questi ricorsi è difficile fare previsioni, ma senza dubbio tutta questa operazione porterà a rallentare, notevolmente, la compravendita di case e terreni per paura di incappare in noie legali. E questo è, forse, lo scopo principale di tutta l’operazione.
Ci sono concrete prove che anche gli stessi Abu Mazen e Erdoğan si stiano muovendo di persona in questa nuova “guerra” ad Israele, tramite una ONG turca che si chiama TIKA, la quale finanziata direttamente dal governo turco, già da diversi anni può contare su un budget di altre 1.2 milioni di dollari da spendere nei territori palestinesi e a Gerusalemme. Tra le cose più preoccupanti di questa situazione è da annoverare la totale assenza di risposta del governo di Gerusalemme. Pur essendo al corrente della pioggia di soldi che annualmente dalla Turchia arriva a ONG, a organizzazioni come il Turkish-Palestinian Forum, a enti religiosi, a moschee in varie località israeliane come Gerusalemme, Haifa, Giaffa, Acri e Ramla, non stà facendo nulla di concreto per porre fine a questa penetrazione economica, culturale e politica.
Un chiaro sintomo della penetrazione ideologica ascrivibile alla Turchia, è il sempre più ricorrente utilizzo del velo da parte di numerose donne musulmane. Cosa che fino ad una decina di anni fa era impensabile in Israele. La radicalizzazione sta’ prendendo sempre più piede anche nei costumi, con il chiaro intento di diffondere un’ideologia aderente alla fratellanza musulmana.
Le attenzioni ottomane di Erdoğan hanno in Gerusalemme il nodo più importante. E’ qui, infatti, che il “Centro culturale turco” ha iniziato a cooperare e finanziare il Waqf con il chiaro intento di stabilire programmi scolastici – anche in lingua turca – presso le università Bir Zeit e Al Quds. Oltre a questi programmi, gli accordi sottoscritti dai turchi con lo Sceicco Ekrima Sa’id Sabri (precedente Gran Muftì di Gerusalemme) servono per finanziare le famiglie dei terroristi palestinesi condannati in Israele. Non meno pericoloso è il legame tra lo sceicco Sabri e lo sceicco Raed Salah, il quale è a capo della branca fuori legge del Movimento Islamico nel nord di Israele, e diverse volte è stato incarcerato per terrorismo.
Erdoğan, alcuni anni fa ha conferito a Raed Salah, la medaglia di “Difensore di Gerusalemme”. Non pochi sono i soldi turchi che finiscono per propagandare il mito della “giudeizzazione di Gerusalemme” e del presunto pericolo che corroerebbere le moschee sul Monte del Tempio. Un continuo stillicidio di false accuse che stanno radicalizzando soprattutto gli studenti delle scuole religiose e la locale popolazione araba. Anche l’arcivescovo Teodosio di Sebastia (Atallah Hanna) del patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, lautamente finanziato dai turchi, ha più volte accusato “Israele di aver più volte tentato di avvelenarlo”. La propaganda viene diffusa anche tramite innocui giochi per computer diffusi tra i ragazzi più giovani.
Gerusalemme stà lentamente diventando un vero e proprio teatro di scontro politico, culturale e religioso dove Erdoğan , utilizzando i palestinesi, vuole contendere la sovranità al legittimo governo di Israele.