Islam e Islamismo

Elezioni iraniane: al via la campagna elettorale, escluso Ahmadinejad

Dopo aver sorpreso (negativamente) con la sua candidatura la settimana scorsa, l’ex discusso leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato escluso dalla corsa alla presidenza della Repubblica teocratica islamica.
Secondo quanto riportato dai media iraniani, Ahmadinejad ha contravvenuto alle disposizioni dell’ayatollah Ali Khamenei, che gli aveva “suggerito” di non candidarsi. Ha disobbedito così al leader supremo: una manovra che ne ha decretato in partenza la sconfitta.

La campagna elettorale, che si concluderà il 19 Maggio con le elezioni, è iniziata ufficialmente oggi con le scelte finali del Consiglio dei Guardiani. Al presidente uscente Rouhani, a cui è stata permessa la partecipazione, si opporranno numerosi conservatori appoggiati dal malcontento della popolazione. La popolazione iraniana, infatti, dopo la fine delle sanzioni internazionali, in seguito agli accordi sul nucleare, non ha riscontrato molti benefici in termini di investimenti esteri e occupazionali.

Inoltre, con l’avvio della presidenza Trump e il pugno duro (ancora tutto da dimostrare) che sembra tenere il presidente americano nei confronti dell’Iran, i conservatori hanno scavato un tunnel nella preoccupazione generale della popolazione: una fotocopia di quanto avvenuto con l’elezione di Ahmadinejad dopo l’inizio della “guerra al terrorismo” di George W. Bush.

Tra i sei candidati spicca l’attuale sindaco di Teheran, Mohammad Bagher Ghalibaf, che si era contrapposto a Rouhani nel 2013. Classe 1962, è considerato un pragmatico conservatore nonché militarista, ex membro del Corpo della Guardie Rivoluzionarie e veterano di guerra.

Spunta anche il nome di Mostafa Mirsalim, ultraconservatore che partecipò alla Rivoluzione Islamica e che ha ricoperto il ruolo di consigliere durante le presidenze di Khamenei e Rafsanjani. Mirsalim, che dal 1994 al 1997 è stato Ministro della Cultura, ha puntato su una forte islamizzazione della società e sulla lotta alla cultura occidentale (westoxification), conducendo in particolare le politiche culturali del paese sulla base di una fortissima censura, applicata anche tramite misure estremamente repressive.

Mostafa Hashemitaba, vice presidente durante i mandati dei riformisti Rafsanjani e Khatami ed ex Ministro dell’Industria, concorre come “centrista” insieme al favorito riformista Ebrahim Raisi, membro moderato del clero sciita, che ha ricoperto diverse cariche all’interno del sistema giudiziario iraniano, appoggiato soprattutto dal Fronte Popolare delle Forze Rivoluzionarie.

Un altro rivoluzionario di stampo riformista che concorrerà alla presidenza iraniana è Eshaq Jahangiri, ex vicepresidente durante il primo governo Rouhani ed ex Ministro dell’Industria e delle Miniere sotto la presidenza Khatami.

Rouhani sembra occupare, però, ancora il posto di favorito. L’Iran teme gli sviluppi legati alla conclusione della guerra contro Daesh, e un candidato con una forte esperienza nei negoziati con le potenze occidentali come l’attuale leader sembra essere l’unico a poter prevenire una nuova crisi internazionale.  Nonostante le difficoltà incontrate per risollevare l’economia iraniana e il conseguente malcontento popolare, eleggere un leader senza esperienza in campo internazionale potrebbe sfavorire la popolazione.

Per Israele, il risultato delle elezioni in Iran sarà fondamentale al fine di valutare le prossime mosse in politica estera. Gerusalemme teme, infatti, che l’Iran stia progettando di inserire delle vere e proprie roccaforti in Siria per contrastare un possibile nuovo rafforzamento dei jihadisti di Daesh. Questa ipotesi è stata discussa da Netanyahu sia con Putin sia con Trump, con i quali il premier israeliano ha ribadito la ferma volontà di impedire, anche con la forza, che l’Iran trasferisca armi e soldati al confine con Israele.

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