In Francia, a Lione, un anziano ebreo di 89 anni, René Hadjadj, è stato assassinato da un algerino di nome Rachid Kheniche, che lo ha defenestrato dal dal 17 ° piano del complesso residenziale in cui abitava. Si dice che la vittima indossasse una kippah al momento dell’aggressione.
L’omicidio di Hadjadj, con tutta probabilità causato dall’odio antiebraico, ricorda quello di Sarah Halimi, anch’ella defenestrata da un immigrato africano, Kobili Traoré, in seguito giudicato «irresponsabile» dell’atto commesso poiché aveva assunto della cannabis.
La polizia francese si è affrettata a liquidare l’assassinio come una disputa tra vicini finita in tragedia e non correlata in alcun modo all’antisemitismo. Tuttavia, gruppi ebraici francesi hanno informato le forze dell’ordine in merito a numerosi sproloqui antisemiti che Kheniche riversava sui social media. Dopo aver preso visione dei post, l’ufficio del pubblico ministero francese ha chiesto ai giudici che presiedono al caso di includere il movente antisemita come circostanza aggravante per l’uccisione di Hadjadj.
Alcuni mesi fa, Jeremy Cohen, un giovane ebreo parigino affetto da una disabilità motoria, venne aggredito e preso a pugni in faccia da un branco di periferia, perlopiù composto da immigrati, nella sua fuga disperata e faticosa finì travolto da un tram per poi morire in ospedale. Anche Jeremy Cohen indossava la kippah al momento dell’attacco. Indossare il piccolo copricapo circolare è diventato pericoloso. Basti pensare che nel 2018, il vicesindaco di Tolosa, città già teatro di una strage di bambini ebrei, invitò tutti a celare la kippah.
In tutti questi casi, Halimi, Cohen e ora Hadjadj, la polizia francese ha frettolosamente negato la motivazione antisemita, trattandoli come «casi isolati», forse nel tentativo di non turbare le comunità musulmane che spadroneggiano nella Francia periferica. L’islamizzazione procede di pari passo con l’antisemitismo. Il «Nouvel Observateur» ha raccontato il terrore che regna tra gli ebrei delle periferie, dove per incorrere in un’aggressione è sufficiente avere un certo taglio di capelli o un certo cognome.
Nel 2021, secondo il gruppo «Difesa Ebraica», le manifestazioni di odio antisemita sono aumentate del 75 percento. La Francia è oggi l’unico Paese europeo in cui cristiani e soprattutto ebrei vengono insultati e aggrediti così frequentemente, che i giornali riportano gli episodi solo se qualcuno viene ucciso. Un silenzio che, come ha detto alcuni anni fa Laurent Berros, rabbino di Sarcelles e Val-d’Oise, «si è trasformato in odio».
Nel 2018, una sopravvissuta all’Olocausto di 85 anni, Mireille Knoll, è stata accoltellata undici volte nel suo letto da un aggressore che, come Traoré, urlava «Allah Akbar» mentre la pugnalava. In questo caso, i criminali fecero irruzione nella sua casa di Parigi credendo che, poiché ebrea, fosse in possesso di «tesori nascosti».
Molti di coloro che compiono queste violenze sono soggetti già noti alle autorità per la loro associazione all’Islam radicale o per episodi di piccola criminalità come furti o spaccio. Spesso per entrambe le cose.
La situazione è grave. I 500.000 ebrei francesi sono sotto assedio. L’antisemitismo rappresenta una minaccia costante e le autorità francesi stanno facendo poco per combatterlo. Spesso aumenta durante i periodi di tensione in Medioriente, ma l’odio irrazionale contro gli ebrei non ha bisogno di una scusa particolare per manifestarsi.
La difficile situazione degli ebrei di Francia costituisce un argomento convincente per l’esistenza dello Stato d’Israele. Ora che gli ebrei sono nuovamente bersaglio di violenze, possono trovare un rifugio più sicuro in Eretz Israel. Netanya, città sulla costa israeliana, è soprannominata la «riviera francese» per via dell’alto numero di famiglie ebraiche francesi andate a vivere lì, luogo reputato più sicuro della loro patria europea.
Purtroppo, come dimostra anche il recente omicidio di René Hadjadj, non c’è futuro per gli ebrei di Francia.