Ebraismo

Ebraismo e sionismo: la summa di Emanuele Calò

Il libro di Emanuele Calò, apprezzato studioso di Diritto e già Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, La questione ebraica nella società postmoderna. Un itinerario fra storia e microstoria, edito dalle Edizioni Scientifiche Italiane, è una corposa summa dei principali temi, dibattiti, nodi, contrapposizioni e prospettive che attraversano, più o meno manifestamente, il dibattito pubblico sull’ebraismo, la Shoah, il Sionismo e il perenne conflitto arabo-israeliano.  

L’autore, dotato di una rara erudizione, ha composto una vera e propria Encyclopédie, aggiornata all’ultimo minuto, sulle forze che scuotono l’ebraismo. Il testo, va detto, per la sua mole e per il carattere descrittivo e specialistico, si presta soprattutto alla consultazione più che a una lettura lineare. Inoltre, il consistente apparato di note, consente al lettore di orientarsi al meglio tra le innumerevoli pubblicazioni riguardanti i temi affrontati. Il libro in questione non dovrebbe mancare nella biblioteca di tutti coloro che studiano e scrivono di argomenti ebraici.  

Data la vastità del materiale esaminato, per semplicità ci limiteremo a recensire soprattutto il capitolo IV del volume, intitolato Israele, Palestina, Antisemitismo, che più si attaglia ai contenuti de L’Informale. Ma molto ci sarebbe da dire, anche sui brillanti ritratti che l’autore tratteggia di alcune eminenti personalità ebraiche: da Karl Marx alla travagliata Irène Némirovsky, fino al «rabbi della cultura» George Steiner.  

Calò seziona la radici della questione arabo-israeliana muovendosi agilmente tra storia, letteratura e politica, con un occhio attento sempre puntato sul diritto e le controversie giuridiche, che rappresentano il «pane quotidiano» dell’autore. L’abile ricostruzione inizia dalle mitologie antisemite e dal «ruolo positivo» che hanno giocato nel ripristino di una statualità ebraica; passando poi a una serrata analisi della Dichiarazione di Balfour, la cui strada venne spianata da una lettera del segretario generale degli Affari Esteri francesi, Jules Cambon, al Primo Ministro Ribot; fino alle pregnanti indagini sulle risoluzioni dell’ONU riguardanti Israele. Il tutto senza mai smarrirsi nei labirinti di un lessico eccessivamente specialistico.  

L’autore, mosso da una rara onestà intellettuale, affronta anche i momenti più critici dell’epopea sionista, a cominciare dai rapporti con la Germania nazista, efficacemente sintetizzati con l’ausilio degli studi di Yehuda Bauer ed Edwin Black, chiarendo come il tentativo messo in atto dal movimento sionista per far espatriare gli ebrei tedeschi in Palestina sia stato «strumentalizzato quale prova di armonia fra sionisti e nazisti», fino al massacro del villaggio di Deir Yassin, demolendo pregiudizi, letture superficiali e consolidate, menzogne della propaganda filopalestinese. Calò è uno dei pochi, in tutta Italia, ad avere dimestichezza con le pubblicazioni di Uri Milstein o Arnon Groiss, che pure hanno scritto pagine decisive sulla convulsa nascita dello Stato d’Israele e la cosiddetta «Nakba».  

Di estremo interesse risultano le pagine dedicate al tema dell’antisemitismo nella società contemporanea, svelando i meccanismi cognitivi e i dispositivi lessicali che sottendono alle nuove e più sottili forme di odio antiebraico: l’inversione dell’onere della prova, la molteplicità delle accuse (spesso tra loro contrastanti), lo iato esistente tra la superficialità delle accuse e la complessità delle difese, la decontestualizzazione dei fatti e la destoricizzazione dei fenomeni. Emanuele Calò approfondisce anche il «modulo addomesticato» riguardante la narrazione giornalistica e scolastica dei fatti di antisemitismo, pigramente costretti in «schemi binari […] limitati per lo più a inqudrare due ruoli, quello dell’oppresso e dell’oppressore».  

Nel paragrafo intitolato Morire di troppo amore, Calò affronta il tema, assai spinoso del filosemitismo, che rischia di scadere nella martirologia e di alimentare, oltre al fascino morboso per la Shoah, anche il «fiume nero» dell’antisemitismo: «Quest’amore appassionato della società per gli argomenti ebraici per esistere necessita di essere convogliato nel contesto della trasgressione, perché trasgredire vuol dire infrangere la norma e quindi negare la normalità dell’ebreo».  

Affermazioni audaci, indubbiamente, ma anche questo è un tratto del libro. Ogni argomento, infatti, dato che non possiede un carattere di esaustività, si presenta come invito all’approfondimento e alla discussione. Il testo è un vero e proprio motore di dibattiti e riflessioni, ripensamenti e considerazioni, oltre che un’agile compendio della storia, anzi, delle storie del popolo ebraico, questo «superstite fra i popoli dell’antichità».  

Un libro per conoscere, dunque, sul quale tornare per rileggere, per cercare, per orientarsi in quest’avventura intellettuale che chiamiamo «questione ebraica», che non smette di pungolare la coscienza occidentale e, forse, mondiale. Emanuele Calò mette nelle mani del lettore un testo necessario e di qualità per riannodare i tanti fili in un’unica trama, confidando nell’idea, che già fu di Marc Bloch, che per agire e deliberare in modo ragionevole è necessario, prima di tutto, comprendere. 

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