Israele e Stati Uniti

Discriminazione anti-israeliana da parte degli “amici”

Da diverse settimane ottenere un visto di ingresso per gli israeliani che vogliono recarsi negli Stati Uniti, è diventato un calvario. È un atteggiamento indegno da parte di un paese che si professa “amico” o il “miglior alleato” dello Stato ebraico. 

Stanno emergendo sempre più testimonianze di casi di veri e propri interrogatori presso gli aeroporti o gli uffici consolari americani nei confronti di cittadini israeliani che vogliono entrare negli USA: un terzo grado finalizzato a indagare sul loro ruolo avuto nelle IDF, sia in passato che nel presente. In questo modo le autorità americane stanno facendo una autentica mappatura degli incarichi avuti nell’esercito. Le domande rivolte agli interrogato sono le seguenti: se abbia mai utilizzato esplosivi, se abbia combattuto a Gaza o in un altro fronte oppure se abbia prestato servizio in Giudea o Samaria in qualità di soldato o di poliziotto.

È quasi inutile sottolineare che tali richieste non sono mai state fatte a nessun Stato alleato degli USA. Un simile format di raccolta informazioni sullo stato di servizio appare uscito dall’ufficio del procuratore capo Khan del Tribunale Penale Internazionale.

È importante sapere che l’esercito di Israele, come tutti gli eserciti del mondo, vieta la diffusione di notizie sensibili sull’addestramento o sugli incarichi operativi dei soldati, perciò le richieste americane obbligherebbero i cittadini israeliani a commettere un grave reato: la diffusione illegale di informazioni riservate. Perfino le convenzioni internazionali vietano un trattamento di questo tipo a meno che non ci siano delle accuse circostanziate di crimini di guerra. 

La raccolta di informazioni pretesa dal Dipartimento dell’Immigrazione USA, riguarda sia l’attuale stato di servizio che quello passato coinvolgendo così tutti i cittadini israeliani. In questo modo gli USA vogliono ottenere una mappatura dettagliata di tutte le unità dell’esercito, dei periodi di dislocamento in determinate aree, delle armi utilizzate, delle operazioni svolte ecc. Una cosa mai vista prima che potrebbe portare a incriminazioni arbitrarie con il solo intento di criminalizzare lo Stato di Israele tramite i politicizzati tribunali internazionali.

Un cittadino israeliano ha mostrato al quotidiano Ynet l’elenco delle domande scritte che gli sono state sottoposte per la pratica del visto, tra le quali si legge: «Come parte di questa dichiarazione giurata, devono essere poste le seguenti domande: hai partecipato come combattente a battaglie durante il servizio militare? Se sì, descrivi la tua attività/ruolo in queste battaglie; Hai comandato i soldati nell’esercito? Se sì, descrivi gli aspetti del tuo comando; Hai mai sorvegliato (o comandato ad altri di sorvegliare) dei detenuti? Hai usato esplosivi durante il servizio militare? In tal caso, dettaglia i tipi di armi o esplosivi su cui sei stato addestrato».

Nulla di tutto questo è richiesto o è mai stato richiesto, ad esempio, a nessun membro delle forze di sicurezza dall’Autorità Palestinese, anche se molti loro membri si sono macchiati di attacchi terroristici contro civili israeliani e per questo vengono retribuiti insieme ai loro famigliari con i soldi dei contribuenti americani. Questa prassi non è mai stato applicata neanche ai cittadini sauditi o degli Emirati (o di altri paesi della coalizione), che hanno condotto operazioni militari indiscriminate nello Yemen che hanno causato la morte di oltre 150.000 persone (la stragrande maggioranza civili) nell’indifferenza di tutto il mondo. Perché questo doppio standard unicamente nei riguardi di Israele? 

Ma gli americani non sono gli unici ad applicare dei “trattamenti di favore” nei riguardi dei cittadini israeliani. Ormai sono settimane che si leggono o si sentono di cittadini israeliani che vengono regolarmente bullizzati negli aeroporti di Gran Bretagna e di altri paesi europei dagli addetti alla sicurezza aeroportuali. È sufficiente mostrare il passaporto di Israele e si ha un trattamento degno dei peggiori terroristi. 

Sud Africa e Australia si distinguono, invece, per avere minacciato di arresto i loro cittadini ebrei che vogliono arruolarsi nell’IDF (cosa non vietata dalle leggi locali) o che lo abbiano fatto in passato a motivo di presunti crimini che hanno commesso o potrebbero commettere a partire dal 7 ottobre. Mentre per il Sud Africa questa politica è perfettamente in linea con la sua posizione fortemente anti-israeliana, la linea assunta dal governo australiano lasciata sconcertati, anche se da quando ha preso il potere il premier socialista Anthony Albanese (nomen omen) l’ostilità dell’Australia si è fatta sempre più concreta a livello internazionale. 

Mancano ancora cinque mesi alle elezioni di novembre e altre sorprese non mancheranno, soprattutto se l’Amministrazione Biden non riuscirà a sbarazzarsi di Netanyahu prima del voto.  

 

 

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