Cosa unisce Dearborn in Michigan, Rashida Tlaib, ben nota per le sue posizioni radicali contro Israele, eletta al Congresso nelle file del partito Democratico, Joe Biden e la campagna per le presidenziali americane del 2024? Quale è il rapporto tra questi fatti e il dispositivo sanzionatorio licenziato pochi giorni fa dall’Amministrazione Biden contro quattro cittadini ebrei residenti in Cisgiordania, responsabili, come recita il testo, di “violenza intollerabile” e la campagna per le presidenziali americane di quest’anno?
Diverse cose.
È bene cominciare da Dearborn, cittadina del Michigan con una popolazione di 110,000 persone e una cospicua popolazione islamica, il cui sindaco, Abdullah Hammoud, durante una manifestazione il novembre scorso si fece portavoce dello scontento degli arabi americani per l’appoggio dato dall’Amministrazione Biden all’operazione militare israeliana a Gaza.
Il 2 febbraio, sul Wall Street Journal viene pubblicato un articolo dal titolo eloquente, Welcome to Dearborn, America’s Jihad Capital. Nel pezzo in questione vengono riferiti fatti accaduti di recente a Dearborn.
“Quasi immediatamente dopo il 7 ottobre, e molto prima che Israele iniziasse la sua offensiva di terra a Gaza, la gente celebrava gli orribili eventi di quel giorno in manifestazioni e marce pro-Hamas in tutta Dearborn. Un titolo locale che descriveva un evento del 10 ottobre al Ford Performing Arts Center iportava: “Il raduno del Michigan esulta per l’attacco di Hamas”. L’imam Imran Salha del Centro islamico di Dearborn a Detroit ha dichiarato alla folla che le azioni passate di Israele hanno collocato “un fuoco nei nostri cuori che brucerà quello Stato” – Israele – “fino alla sua fine”. Nel maggio 2023, Salha aveva esortato la sua congregazione a dire “amen” in accordo con la sua preghiera affinché Allah “sradicasse dall’esistenza” il “regime sionista malato e disgustoso”. Nell’ottobre 2022, secondo il Washington Free Beacon, la sua organizzazione ha ricevuto un finanziamento di 150.000 dollari dal programma di sovvenzioni per la sicurezza senza scopo di lucro del Dipartimento per la sicurezza nazionale”.
Il pezzo prosegue descrivendo altre manifestazioni edificanti.
“L’entusiasmo locale per il jihad contro Israele e l’Occidente va oltre la celebrazione di Hamas. Il Centro Islamico d’America, una delle principali moschee di Dearborn, ha tenuto una cerimonia commemorativa il 30 dicembre per un agente di Hezbollah ucciso in un attacco aereo israeliano. L’Istituto Hadi, che gestisce una scuola islamica Montessori e si presenta come un centro comunitario giovanile, ha tenuto una “Commemorazione dei martiri” il 5 gennaio. Questo evento ha onorato il comandante della forza Quds Qassem Soleimani e Abu Mahdi Al-Muhandis, leader dei Forze di mobilitazione popolare sostenute dall’Iran in Iraq. Entrambi gli uomini erano sulla lista statunitense dei terroristi designati quando furono uccisi in un attacco aereo statunitense il 3 gennaio 2020. La commemorazione, includeva poesie e lodi, insieme ad affermazioni sull’ISIS, che sarebbe gestito sia dalla Central Intelligence Agency che dal Mossad. L’Imam Abdulghani ha usato le sue osservazioni per esprimere le sue “più sentite congratulazioni” al “nostro leader molto speciale, l’Imam Khamenei”, dichiarando essenzialmente fedeltà all’ayatollah iraniano che chiede regolarmente la distruzione degli Stati Uniti”.
In risposta ai fatti esposti e ad altri ancora, nell’impossibilità di smentirli, Hammoud, recita il consueto ruolo della vittima accusando l’autore del pezzo, Steven Stalinsky, direttore esecutivo del Middle East Media Research Institute con base a Washington, di “islamofobia”. In soccorso di Hammoud giunge prontamente Joe Biden, che senza fare riferimento al pezzo pubblicato, denuncia il pericolo di stigmatizzare una intera comunità, per colpa di “pochi”.
Chissà se per Joe Biden, Rashida Tlaib, la rappresentante di Dearborn https://tlaib.house.gov/about al Congresso, per la quale la Palestina dovrebbe essere “liberata dal fiume al mare” e gli Stati Uniti dovrebbero cessare di sostenere militarmente Israele rispecchia il punto di vista di “pochi” o dei molti della comunità islamica cittadina.
In una conferenza tenutasi a Dearborn, il 2 dicembre scorso, vari leader di diverse comunità musulmane appartenenti a Stati in bilico, fondamentali per la vittoria alle presidenziali, hanno espresso pubblicamente il loro disappunto nei confronti di Biden, esibendo cartelli con la scritta, “Abbandonare Biden”, un campanello d’allarme molto chiaro per la Casa Bianca. Il sostegno a Israele può valere il prezzo di un rischio rie-elezione?
Correre ai ripari è diventata una questione prioritaria. Così, proprio a Deraborn son corsi in questi giorni alcuni delegati di primo piano dell’Amministrazione, tra cui Samantha Power, ex ambasciatrice alle Nazioni Unite durante l’Amministrazione Obama, colei che spiegò le ragioni dell’astensione degli Stati Uniti alla Risoluzione 2334 del 24 dicembre 2016, una delle più diffamatorie e punitive mai licenziate nei confronti di Israele,http://www.linformale.eu/la-risoluzione-2334-il-pozzo-avvelenato-di-barack-obama/ e il deputato per la Sicurezza Nazionale, Jon Finer, il quale, incontrando vari rappresentanti della comunità musulmana ha specificato di non avere alcuna fiducia nei confronti del governo israeliano in carica, e ha definito alcuni suoi esponenti, “ripugnanti”. A questo ha aggiunto il suo rincrescimento per i “passi falsi” commessi dalla Casa Bianca fin dall’inizio del conflitto.
E sono appunto questi passi falsi che l’ossequioso Finer ha indicato, quelli che già da un po’ ci si appresta a correggere, con il dispositivo sanzionatorio, e poi con dichiarazioni e prese di distanza che, prossimamente si moltiplicheranno.
La piccola Dearborn dove si adunano rappresentanti della comunità islamiche americane e si inneggia al jihad, spiega bene la necessità di pagare un pegno.
La guerra a Gaza deve finire presto, Joe Biden ne ha bisogno.