Tra i numerosi mandati internazionali creati dopo la Prima guerra mondiale, l’unico che è ricordato, e il più delle volte in modo confuso e del tutto fuorviante, è il Mandato per la Palestina. Però in pochi sanno o si ricordano che la Transgiordania (che dal 1946 divenne il regno hascemita di Giordania) ne era parte integrante.
Qui si cercherà di delineare, brevemente, come il contesto geopolitico degli anni tra il 1920 e il 1922 portò alla creazione di questo territorio facente parte nel Mandato per la Palestina, ma fin da subito amministrato dai britannici in maniera del tutto autonoma rispetto al territorio ad ovest del fiume Giordano.
E’ importante ricordare che l’atto ufficiale che portò alla creazione dei mandati internazionali in Medio Oriente fu sancito a Sanremo il 25 aprile 1920 con l’approvazione, da parte delle Grandi Potenze, della relativa risoluzione con la quale, formalmente, si approvarono i mandati di classe A.
A Sanremo fu deciso che sarebbero nati tre mandati (Siria, Mesopotamia e Palestina) amministrati da due Potenze mandatarie – Francia e Gran Bretagna – in attesa che questi Stati fossero in grado di diventare pienamente indipendenti. Queste decisioni, vincolanti per il diritto internazionale, furono riprese e ribadite con il Trattato di pace di Sèvres del 10 agosto dello stesso anno.
Quando, il 24 luglio 1922 la Società delle Nazioni approvò, ufficialmente, i Mandati di Siria e Palestina (quello di Iraq come fu rinominata la Mesopotamia nel ‘21 fu approvato solo nel 1924), essi vennero divisi territorialmente in due. Il Mandato di Siria divenne Mandato di Siria e Libano con chiare indicazioni che nel territorio mandatario, sottoposto a tutela francese, sarebbero sorti due distinti Stati indipendenti. Il caso del Mandato per la Palestina era molto più ambiguo: il territorio mandatario fu separato amministrativamente in due dalla Potenza mandataria – la Gran Bretagna – con un proprio memorandum del 1° settembre 1922, presentato al Consiglio della Società delle Nazioni e qui approvato il 16, anche se, ufficialmente, il testo del Mandato per la Palestina non parla della creazione di due Stati indipendenti. Tanto è vero che per un certo periodo dopo l’approvazione del Mandato tutti i soggetti coinvolti furono concordi che tale divisione amministrativa fosse solamente di natura provvisoria.
Le ragioni che portarono – in poco più di due anni – ad un cambiamento così profondo in merito ai Mandati di Siria e Palestina rispetto a quanto deciso a Sanremo furono molteplici: la mutata situazione mediorientale dovuta al protratto stallo politico post bellico, la ripresa delle ostilità da parte della Turchia ora guidata dal nazionalista Kemal Ataturk, le rivalità intra-arabe e non da ultimo l’antagonismo tra Francia e Gran Bretagna che arrivò a sfociare in piena ostilità. Di tutte queste concause, qui, ci occuperemo solo di quella relativa ad Abdallah con il suo arrivo ad Amman e della tensione tra le due Potenze europee. Quest’ultima iniziò a manifestarsi in pieno dopo che i francesi decisero di allontanare – con la forza delle armi nel luglio 1920 – Feisal da Damasco successivamente alla sua proclamazione a re di Siria da parte del Congresso nazionale siriano. Gli inglesi tentarono i tutti i modi di trovare una via d’intesa tra le aspirazioni di Feisal (corroborate dalle promesse inglesi fatte al padre Hussein nel 1915) e le posizioni rigide assunte dal governo francese presieduto da Raymond Poincaré. Ma la rigidità francese (che si manifestò anche nel tracciare il confine tra il Mandato di Palestina e quello di Siria) ebbe la meglio e Feisal dovette abbandonare qualsiasi pretesa sulla Siria.
A questo punto gli inglesi si trovarono in grande imbarazzo nei confronti degli alleati arabi rappresentati dalla famiglia hascemita. Infatti, la sistemazione territoriale che gli inglesi (e gli arabi) avevano auspicato nel biennio 1919 – 1920 e che prevedeva un regno indipendente per Hussein nella parte occidentale della penisola arabica, un regno di Siria con a capo suo figlio Feisal (sotto mandato francese) e un regno di Mesopotamia con a capo l’altro figlio Abdallah (sotto mandato britannico) veniva a tramontare per l’opposizione francese. La Palestina era sempre rimasta fuori da tutte queste lotte politiche–diplomatiche fin dalla Conferenza di Parigi del 1919 e stava seguendo un proprio percorso politico.
Come già esposto, la situazione mutò radicalmente quando i francesi cacciarono Feisal da Damasco. A questo punto gli inglesi dovevano trovare una soluzione per cercare di accontentare in qualche modo la famiglia hascemita. Questa fu una delle principali questioni poste sul tavolo della Conferenza del Cairo del marzo 1921 che i britannici organizzarono per ottimizzare l’amministrazione delle aree da loro controllate direttamente o indirettamente in Medio Oriente.
E’ da sottolineare che anche durante i preparativi per la Conferenza e durante lo svolgimento della stessa la situazione sul terreno continuava a mutare in maniera repentina. Uno degli avvenimenti più importanti fu la sconfitta militare patita dall’esercito di Abdallah ad opera delle truppe della famiglia di Ibn Saud. Da questo momento Abdallah fu cacciato dalla penisola arabica. Così, insieme al suo esercito si diresse dall’Arabia verso Damasco con l’intenzione di tentare l’impresa fallita dal fratello Feisal. Gli stessi inglesi vedevano questa “impresa” come un bluff orchestrato da Abdallah per allarmare il governo di Londra al fine di ottenere qualcosa in cambio, visto che il suo sparuto esercito non avrebbe mai potuto sconfiggere i francesi in Siria. Ma gli inglesi avevano il timore che se si fosse verificato un nuovo scontro armato con i francesi, questo avrebbe definitivamente incrinato i rapporti franco-britannici cosa che la Gran Bretagna voleva evitare a tutti i costi. Per questo motivo Winston Churchill, il vero architetto della sistemazione del Medio Oriente avvenuta nel 1922, e che nel frattempo era al Cairo per la Conferenza, convinse Abdallah ad aspettare ad Amman l’intervento diplomatico inglese. Questa decisione fu presa per sondare i francesi sulla possibilità di farlo insediare a Damasco pacificamente. I francesi furono però irremovibili: non volevano in nessun modo che un rappresentante hascemita si insediasse in Siria. Così durante queste trattative, Churchill si accordò con Abdallah (che nel frattempo si era stabilito con tutto il suo esercito in Transgiordania cioè nella parte est della Palestina) affinché il principe arabo assumesse la carica di Governatore della Transgiordania per un periodo di sei mesi. Abdallah accettò l’offerta britannica. Questa soluzione da provvisoria divenne nei fatti definitiva.
Churchill in questo modo aveva guadagnato tempo disinnescando il potenziale conflitto tra l’esercito di Abdallah e l’esercito francese, e nello stesso tempo cercava una “sistemazione” consona ad Abdallah.
Con la Conferenza del Cairo, Churchill impose in tutto il Medio Oriente importanti decisioni politiche e diplomatiche, alcune durature e altre più fragili. Per quanto concerne quelle di interesse per questo articolo, le più importanti furono: 1) la conferma del regno indipendente di Hussein nello Hijaz in Arabia (Hussein fu poi cacciato dalla famiglia Saud nel 1924); 2) l’insediamento di Feisal a Bagdad come re di Mesopotamia nell’estate del 1921; 3) la nomina “provvisoria” di Abdallah come Governatore della Transgiordania che dal 1922 ne divenne Emiro in modo permanente.
Come poté Churchill operare questi importanti cambiamenti ad un assetto politico che era già stato deciso a Sanremo l’anno precedente? Facendo inserire delle modifiche ad hoc negli Statuti dei Mandati (che nel 1921 erano ancora provvisori). Qui di seguito si può vedere la comunicazione intercorsa tra Churchill e l’ufficio legale del ministero delle Colonie a Londra del marzo del 1921.
Come si può, chiaramente, leggere dai telegrammi intercorsi la soluzione trovata, nel caso del Mandato per la Palestina, fu l’inserimento di un nuovo articolo – l’Articolo 25 dello Statuto – con il quale, in modo alquanto ambiguo e provvisorio, si dava facoltà al mandatario (la Gran Bretagna) di amministrare in modo differente la parte est di territorio del Mandato per la Palestina rispetto a quella ad ovest del Giordano. Questa soluzione fu poi discussa con l’Alto Commissario di Palestina, Sir Herbert Samuel, in uno scambio di telegrammi nei primi di luglio e in questa occasione confermata definitivamente. Da questo momento in avanti gli inglesi iniziarono a gestire, in maniera completamente separata, i territori mandatari sulle opposte rive del Giordano, e come abbiamo visto, questa importante decisione fu ufficialmente approvata dalla Società delle Nazioni nella seduta del 16 settembre 1922.
Un’ulteriore annotazione è doveroso farla. I britannici, oltre alle già citate ragioni politiche, avevano anche una ragione economica per favorire l’insediamento di Abdallah in Transgiordania: l’esercito britannico stava smobilitando in tutti i teatri di guerra e il Medio Oriente non faceva eccezione. Il costo per il mantenimento dell’esercito era giudicato insostenibile. Per questa ragione l’Alto Comando britannico pensava che l’esercito di Abdallah potesse fungere da sistema difensivo per il territorio a est del Giordano (che rappresentava oltre il 70% del Mandato).
Ben presto, tuttavia, gli inglesi si accorsero che gli arabi non erano in grado né di assicurare una protezione dei confini né di mantenere l’ordine interno. Per questo motivo l’Alto Commissario della Palestina fu costretto ad inviare truppe britanniche a svolgere il compito che si sperava facessero gli arabi. Questo causò un enorme aumento dei costi di difesa di tutto il Mandato, che inizialmente fu pagato dai contribuenti britannici, ma nei successivi anni dai contribuenti del Mandato ad ovest del Giordano, che in pratica si videro decurtare il territorio ed aumentare le tasse per la sicurezza di altri.
Un altro passo compiuto dagli inglesi verso la completa indipendenza della Transgiordania dal resto del Mandato fu tentato nel 1928. Infatti, il 20 febbraio di quell’anno, la Gran Bretagna firmò un accordo con l’Emiro Abdallah con il quale si sanciva il completo trasferimento di tutte le competenze amministrative della Transgiordania dall’amministrazione britannica all’Emiro. Questo accordo di fatto garantiva la completa indipendenza della Transgiordania dal resto del Mandato per la Palestina.
L’accordo fu discusso in seno alla Società delle Nazioni e bocciato dalla Commissione Permanente dei Mandati che era l’organo incaricato a sovraintendere la corretta applicazione delle disposizioni mandatarie (di fatto l’accordo violava numerose disposizioni mandatarie in particolare l’Art. 5 e l’Art. 1). La Gran Bretagna in quella circostanza fu costretta formalmente a fare marcia indietro per l’opposizione della Commissione. La stessa operazione fu ripetuta nel 1946, durante il passaggio di competenze tra la Società delle Nazioni – ormai moribonda – e la neo costituita ONU. Nessuno (tranne la Polonia) obiettò nulla.
In questo modo la Transgiordania divenne uno Stato indipendente con il nome di Regno di Giordania. Il fatto che questa decisione fosse stata una “forzatura” britannica e non un atto considerato pienamente legale è dimostrato dal fatto che la Giordania fu ammessa in seno all’ONU solo nel 1955 ben nove anni dopo la sua proclamazione di indipendenza. Israele, ad esempio, fu ammesso all’ONU l’anno successivo alla sua indipendenza al termine degli accordi per il cessate il fuoco nel 1949.