Stupisce, ma fino ad un certo punto, che un giornale israeliano come “Haaretz” avalli la retorica antisemita tipica dell’estrema destra facendo riferimenti a pure invenzioni come “I Savi di Sion”.
Stupisce perché si tratta pur sempre di un giornale di sinistra e soprattutto israeliano. Fino ad un certo punto perché è un giornale che ormai ci ha abituati a toni anti-israeliani identici, per capirci, a quelli del Manifesto in Italia.
Haaretz è un organo di informazione ormai apertamente antisionista, in cui scrivono campioni del filopalestinismo del calibro di Gideon Levi e Amira Haas. E che, proprio in quanto israeliano, non si pone troppi problemi nell’abusare di pregiudizi antisemiti come quello sui “Savi di Sion”. Chi potrà mai accusare un ebreo o un israeliano di essere antisemita?
Nessuno potrà accusare Haaretz di antisemitismo, anche se in molti hanno assegnato questa patente ad un altro giornale, Il Breitbart, fondato dall’ebreo Andrew Breitbart, che annovera tra i suoi collaboratori numerosi ebrei conservatori, tra cui David Horowitz che ha proferito l’ormai famoso “ebreo rinnegato” nei confronti dell’analista neocon Bill Kristol.
Non sentiremo questi cori levarsi contro Haaretz, considerato politicamente corretto anche quando avalla vecchi pregiudizi ripresi dalla retorica nazista.
Ma per quale motivo la testata israeliana ma filopalestinese ha voluto rinverdire la bufala dei Savi di Sion?
Semplice, per criticare l’AIPAC, American Israel Public Affairs Committee, una l0bby statunitense famosa per il suo aperto sostegno ad Israele. Una sorta di potentato, un gruppo di pressione, che secondo l’ineffabile Haaretz farebbe “il male” di Israele. Ma soprattutto rappresenterebbe qualcosa di oscuro, complottista. “Una conferenza dei Savi di Sion”.
Questo è l’AIPAC, secondo Haaretz.
Quella dei “Protocolli dei Savi di Sion” è una delle più fastidiose bugie anti-ebraiche, un falso storico e documentale creato con il preciso scopo di diffondere l’odio e il disprezzo contro gli ebrei.
Haaretz non può saperlo, ma questo titolo arriva in un momento particolare in Italia: la Cassazione ha recentemente annullato la condanna nei confronti di un editore, Roberto Chiaramonte, responsabile della pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion. Prescritta la diffamazione, annullato anche il risarcimento, nonostante secondo l’editore tali documenti, ancorché falsi, avessero carattere “veritiero” e raccontassero a suo parere “fatti che, dovendo ancora avvenire, sono puntualmente accaduti e continuano ad accadere”.
Una teoria “bislacca ma non infamante”, secondo i giudici della suprema Corte.
Forse, Haaretz avrebbe potuto mostrare una maggiore cautela nell’avallare pregiudizi mai sopiti, visti i tempi.