Israele e Medio Oriente

Cosa si intende con il termine “status quo”?

Un recente episodio di cronaca – una passeggiata del ministro della Pubblica Sicurezza Itmar Ben-Gvir sul Monte del Tempio/Spianata delle Moschee – ha scatenato una reazione scomposta da parte della stampa e soprattutto della diplomazia di internazionale: si è urlato alla provocazione, al poco rispetto dei luoghi sacri e perfino alla dissacrazione. Non da ultimo le cancellerie mondiali, ad iniziare dal Dipartimento di Stato USA, hanno affermato che è fondamentale per “l’intera regione mantenere lo status quo dei luoghi sacri di Gerusalemme”. Nel presente articolo ci occuperemo solo di quest’ultimo aspetto: cosa si intende per status quo e se la visita di un ministro israeliano sul Monte del Tempio è stata o meno una violazione di quanto esso prevede.

Lo status quo

Con il termine status quo si è sempre inteso fare riferimento alla situazione raggiunta dalle varie comunità cristiane presenti sul territorio dell’odierno Israele, in merito ai Luoghi Santi cristiani, dopo l’approvazione dell’editto ottomano o firman del 1852, concesso dal sultano ottomano Abdulmejid I, con il quale si determinavano i diritti di libertà di culto e i poteri delle varie confessioni religiose cristiane (latina, greco-ortodossa, armena, copta, siriaca ed etiope) nella gestione dei rispettivi luoghi di culto. La prima considerazione da fare è in merito al fatto che lo status quo era relativo esclusivamente ai luoghi di culto cristiani. Il provvedimento si rese necessario perché i cristiani, assieme agli ebrei, erano oggetto di regolari discriminazioni da parte dei musulmani. Questi ultimi, non avevano bisogno di tutele “speciali” per i loro luoghi di culto essendo i dominatori dell’intera regione; mentre gli ebrei, diversamemte dai cristiani, non avendo un Stato europeo che li difendesse, non ottennero alcuna salvaguardia dei propri luoghi di culto.

L’editto ottenne il riconoscimento internazionale nel 1856 con il Trattato di Parigi che fu ulteriormente, ribadito e ampliato tramite il dettagliato Articolo 62 del Trattato di Berlino del 1878 con il quale la Francia veniva riconosciuta internazionalmente come Potenza protettrice dei Luoghi Santi cristiani. I princìpi contenuti nello status quo sono stati mantenuti con l’Accordo Fondamentale del 1993 tra lo Stato di Israele e la Santa Sede, ad ulteriore conferma del fatto che lo status quo riguardava solo  ed esclusivamente i luoghi di culto cristiani.

Il lungo Articolo 62 del Trattato di Berlino, recita così:

« La Sublime Porta avendo espresso la volontà di mantenere il principio di libertà religiosa e di dare ad esso la più larga estensione, le Parti contraenti prendono atto di questa dichiarazione spontanea. In nessuna parte dell’Impero ottomano, la differenza di religione potrà essere opposta ad alcuno come un motivo di esclusione o di incapacità in ciò che concerne l’uso dei diritti civili e politici, l’ammissione ai pubblici impieghi, le funzioni e gli onori o l’esercizio delle diverse professioni ed industrie. Tutti saranno ammessi, senza distinzione di religione, a testimoniare dinanzi ai tribunali. La libertà e la pratica esterna di tutti i culti sono assicurati a tutti e nessun ostacolo potrà essere apportato, sia all’organizzazione gerarchica delle diverse comunità, sia ai loro rapporti con i loro capi spirituali. Gli ecclesiastici, i pellegrini e i monaci di tutte le nazionalità viaggianti nella Turchia d’Europa o nella Turchia d’Asia godranno degli stessi diritti, vantaggi e privilegi. Il diritto di protezione ufficiale è riconosciuto agli agenti diplomatici o consolari delle Potenze in Turchia, sia riguardo alle persone sopra menzionate che ai loro stabilimenti religiosi, di beneficenza ed altri nei Luoghi Santi ed altrove. I diritti acquisiti alla Francia sono espressamente riservati e resta inteso che nessun pregiudizio potrà essere recato allo status quo nei Luoghi Santi. I monaci del Monte Athos, qualunque sia il loro paese d’origine, saranno mantenuti nei loro possessi e vantaggi anteriori e fruiranno, senza eccezione alcuna, di una piena uguaglianza di diritti e di prerogative».

Sono qui da fare alcune importanti considerazioni per capire i principi stabiliti nel diritto internazionale con questo articolo moderno (per il XIX secolo). Per prima cosa, si conferisce pari dignità a tutte le religioni e si introduce il dovere, da parte delle autorità ottomane, di permettere a tutte le religioni di poter professare il proprio culto. Ciò, garantendo a tutti il libero accesso ai luoghi santi delle diverse confessioni religiose. Il solo riferimento, presente nell’articolo, al termine status quo è contenuto nella frase: «I diritti acquisiti alla Francia sono espressamente riservati e resta inteso che nessun pregiudizio potrà essere recato allo status quo nei Luoghi Santi.». Questa frase è importante per due motivi: 1. Ribadisce che la Francia è lo Stato che mantiene il ruolo di protettrice dei Luoghi Santi cristiani. 2. Lo status quo è riferito ancora una volta ai soli Luoghi Santi cristiani. Questo lo si capisce perché è la Francia l’unico Stato citato nella frase, che assume il ruolo di garante e poi perchè la frase si conclude affermando che:nessun pregiudizio potrà essere recato allo status quo nei Luoghi Santi”. Nessun ampiamento è stato apportato a questo concetto che originariamente si riferiva ai soli Luoghi Santi cristiani. 3. Inoltre, è importante sottolineare che non è specificato – come nel firman turco o nel Trattato di Parigi – in che cosa consista lo status quo. Questa indeterminatezza fa sì che sia estremamente difficile intendere quando questo principio sia eventualmente violato.

La situazione si modifica dopo la Prima guerra mondiale. Con la sconfitta dell’Impero ottomano, infatti, il controllo del territorio – al pari di tutti i territori mediorientali appartenuti alla Sublime Porta – passa alla Gran Bretagna e alla Francia. Le due grandi Potenze, a Sanremo nel 1920, decisero di dividere parte del territorio tolto ai turchi e destinarlo al sistema dei mandati internazionali per consentire alle popolazioni assoggettate dai turchi di ottenere gradualmente la propria indipendenza. Fu, quindi, deciso di destinare il territorio di Palestina alla costituzione di un futuro Stato per il popolo ebraico. L’altro importante aspetto deciso a Sanremo fu la rinuncia formale della Francia al ruolo di Potenza protettrice dei Luoghi Santi cristiani, in quanto la responsabilità di governo era passata da uno Stato musulmano ad uno europeo. La qual cosa è stata, poi, rimessa in discussione dalla Francia con la nascita di Israele ed è ancor oggi fonte di attrito politico tra i due Paesi.    

Con l’istituzione del Mandato per la Palestina, affidato alla Gran Bretagna, una grande importanza fu assegnata alla questioni religiose di tutte le fedi presenti sul territorio. Ben quattro articoli del Mandato (il 13, 14, 15 e 16) furono riservati ai diritti religiosi e alla custodia di tutti i luoghi sacri alle tre religioni monoteiste, tutte e tre poste sullo stesso piano dei diritti (almeno teoricamente nello Statuto). In particolare nei riguardi dei luoghi sacri islamici si ribadiva la loro completa gestione da parte delle autorità religiose islamiche, anche se, non si specificava chi fosse l’autorità incaricata alla loro gestione (articolo 13). In nessun articolo del Mandato è presente uno specifico riferimento alla status quo istituito con il Trattato di Berlino. E’ ben ribadita, invece, la questione del pieni diritti religiosi di tutti e del libero accesso a tutti i luoghi di culto. Grave colpa, delle autorità britanniche, fu la nomina a Gran Muftì di Gerusalemme di Amin Al-Husseini e della conseguente radicalizzazione a scopo politico della religione islamica. A partire dalla fine degli anni Venti in avanti, la questione dei luoghi santi diventò sempre più intrisa di contenuti politici. All’aumentare del radicalismo islamico le autorità britanniche reagirono riducendo i diritti degli ebrei al libero accesso ai loro luoghi santi quando questi coincidevano con quelli islamici o erano in prossimità di quest’ultimi.

Successivamente, con l’occupazione illegale giordana di Gerusalemme e di Giudea e Samaria, si raggiunse il punto più basso: agli ebrei, oltre che essere stati vittime di pulizia etnica, fu negato l’accesso a tutti i luoghi sacri in mano ai giordani nonostante ciò fosse in violazione dal diritto internazionale. Nessuna pressione internazionale fu mai fatta nei confronti del governo giordano affinché cessasse la palese e illegale discriminazione nei confronti degli ebrei.

Anche la vita della popolazione cristiana peggiorò e retrocedette al periodo ottomano. Un altro importante cambiamento apportato dalle autorità giordane fu il diretto controllo del Waqf islamico che da questo momento finì direttamente sotto l’egida della monarchia hashemita.

Per tutto il periodo di occupazione illegale giordana – 19 anni – lo status quo fu peggio di quello ottomano. Infatti, esso consisteva in alcune libertà gestionali dei Luoghi Santi cristiani da parte delle locali autorità cristiane nei rispettivi luoghi sacri, mentre per gli ebrei non c’era neanche la possibilità di accedere ai luoghi sacri in palese violazione dei più elementari diritti umani e religiosi. Va qui fatta una annotazione: durante tutto il periodo di occupazione giordana, la moschea di Al-Aqsa era ancora e solamente la moschea stessa e non tutto il complesso di al-Haram al-Sharif, come i musulmani identificano l’intero complesso del Monte del Tempio, e come vogliono fare credere da venti anni a questa parte. Torneremo più avaanti su questo punto.

Quando, nel 1967, Israele riuscì a riprendere il controllo di Gerusalemme, si affrettò a ripristinare il pieno rispetto della parità dei diritti di tutte le confessioni religiose insieme al libero accesso di ognuno ai rispettivi luoghi santi. Inoltre, per cercare una riappacificazione con la Giordania e con tutto il mondo islamico, decise di lasciare la custodia e la gestione dei luoghi sacri islamici al Waqf ormai diventato giordano. Questo atteggiamento di appeasement non ha mai portato a nessun miglioramento delle relazioni con il mondo musulmano, di contro sono aumenti i problemi di ordine pubblico a causa del radicalismo islamico. L’accordo non scritto tra Israele e la casa regnante hashemita, è stato poi ufficializzato con il trattato di pace tra Israele e Giordania del 1994, nel quale, all’Articolo 9 si legge: «1. Ciascuna parte garantirà la libertà di accesso a luoghi di importanza religiosa e storica. 2. A questo proposito, in conformità con la Dichiarazione di Washington, Israele rispetta l’attuale ruolo speciale del Regno Hascemita di Giordania nei santuari musulmani di Gerusalemme. Quando avranno luogo i negoziati sullo status permanente, Israele darà la massima priorità al ruolo storico giordano in questi santuari. 3. Le Parti agiranno insieme per promuovere le relazioni interreligiose tra le tre religioni monoteiste, con l’obiettivo di lavorare per la comprensione religiosa, l’impegno morale, la libertà di culto religioso, la tolleranza e la pace».

Come appare evidente, nessun accenno allo status quo è presente nel testo dell’articolo e questo per ovvie ragioni: i luoghi sacri musulmani non hanno mai fatto parte delle regole (molto vaghe) relative allo status quo. A questo bisogna aggiungere che il testo dell’Articolo 9 fa riferimento solo al “ruolo speciale del Regno hashemita nei santuari musulmani di Gerusalemme”. Questo ruolo non ha carattere di sovranità come vogliono far credere i giordani e molti speudo-esperti, ma si limita (volendo essere generosi) alla gestione dei luoghi sacri islamici tramite il Waqf. Il ruolo speciale della Giordania è riconosciuto anche dalla Lega araba, dalla UE, dagli USA e dall’ONU. Ma questo riconoscimento non gli da maggiori poteri di quelli che Israele ha deciso di concedergli.     

L’accordo pattuito tra le autorità israeliane e il Waqf, anche se non formalizzato nel trattato di pace con la Giordania, prevede il libero accesso al Monte del Tempio a tutti i non musulmani in orari e giorni concordati, mentre per i musulmani non ci sono limitazioni di sorta. Inoltre, ai non musulmani è proibito portare oggetti religiosi e pregare sulla spianata, cosa concessa ai musulmani. E’ da rimarcare che Ben-Gvir, che già numerose volte era salito al Monte, si è attenuto strettamente a queste disposizioni.     

Come accennato in precedenza, è molto importante capire anche quali sono i luoghi sacri musulmani a Gerusalemme. Questo perché i Luoghi Santi islamici sono ridiventati, soprattutto a partire dal 2000 con lo scoppio della Seconda intifada, un vero e proprio strumento politico. Da quel momento tutto il complesso al-Haram al-Sharif ha coinciso con la moschea al-Aqsa, fabbricazione di Arafat e dei suoi accoliti, volta a creare un contenzioso del tutto pretestuoso: fu infatti la “giustificazione” del rifiuto di Arafat alla proposta di Ehud Barak, quando il premier israeliano propose la divisione di Gerusalemme all’interno della più ampia cornice di un accordo di pace nel 2000. La proposta di Barak prevedeva, infatti, che gli ebrei mantenessero il controllo del Kotel mentre tutta la restante parte del Monte del Tempio diventasse di piena sovranità palestinese. Gli arabi risposero facendo coincidere al-Haram al-Sharif con la moschea al-Aqsa, includendovi inevitabilmente anche il Kotal, quindi dal loro punto di vista la cosa non era negoziabile e la proposta fu rigettata. A questo va aggiunto che che nel 2015 l’UNESCO e l’Assemblea Generale  nel 2016 si prestarono poi al gioco per motivi politici sancendo, di fatto con proprie risoluzioni, questa tesi che non ha nessun riscontro né storico né religioso.

In pratica, oggi, il Waqf musulmano, assieme al re di Giordania e l’Autorità Palestinese, purtroppo con l’avvallo internazionale, hanno creato una nuova realtà, secondo la quale, lo “status quo” può variare in base ai loro ondivaghi desideri; e che vede lo spazio più sacro all’ebraismo diventare un luogo di culto esclusivamente musulmano. Nel fare questo, non si fanno scrupolo di utilizzare l’argomento dello status quo, che per giunta non ha nulla a che fare con i luoghi sacri islamici, per deformare il diritto internazionale a proprio piacimento e per riscrivere la storia a scopo politico. Tutto questo con il pieno appoggio delle cancellerie mondiali – ad iniziare dal Dipartimento di Stato americano – e dei mass media sempre pronti ad accusare Israele di qualsivoglia violazione. Ma chi ha costantemente violato gli accordi raggiunti in passato? 

Per prima cosa abbiamo illustrato perchè lo status quo non ha nulla a che fare con la questione legata al Monte del tempio. Per questo motivo chi parla di una sua violazione in merito al contenzioso tra ebrei e musulmani afferma il falso. In merito al Monte del Tempio, si deve parlare, esclusivamente, di accordo tra Israele e l’autorità religiosa islamica (Waqf) e la Giordania. Chi ha costantemente violato tutti gli accordi raggiunti sono state le autorità religiose islamiche. Come? Edificando moschee abusive, sono almeno due a partire dagli anni ’90 per un totale di quattro dal ‘67, distruggendo sistematicamente tutti i reperti archeologici di origine ebraica, non rispettando quanto pattuito in merito agli ingressi dei non musulmani al Monte del Tempio, aggredendo gli ebrei in preghiera al Kotel o i pellegrini arabi emiratini in visita accusandoli di tradimento della causa araba.

In conclusione, gli arabi stanno cercando, nuovamente, di mantenere gli ebrei in una posizione subordinata nel loro luogo più sacro al mondo adducendo ciò “al mantenimento dello status quo” che nella realtà è un concetto antiquato, immorale, non rispettoso dei più elementari diritti civili e religiosi, contrario a tutte le leggi internazionali e completamente privo di consistenza storica. 

 

 

 

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