Realtà di strage e programma genocida per gli ebrei, Stato e popolo, corrente dominante di odio antioccidentale da parte del terrore islamico e di minoranze fanatiche, offensiva militare politica dei regimi tirannici, in larga misura incontrastata. Questo lo stato delle cose.
Un esempio tra i tanti dell’ordinario antisemitismo dilagante: su un muro di Venezia appare la scritta “Ebrei maledetti, vi cercheremo casa per casa in tutto il mondo per sgozzare voi e i vostri bambini”.
Vietata a Israele la necessaria, giusta guerra di difesa dai mostri del 7 ottobre, costretta a ridursi a una semplice operazione di polizia, inefficace e debole per sua natura di fronte all’entità della macchina da guerra e sterminio di Hamas, del programma atomico dell’Iran.
L’Occidente di piazza e di governo vuole salvare Hamas, legittimarlo senza vergogna, a partire dalla condotta indegna dell’Amministrazione Biden, erede anche in peggio della catastrofica politica di Obama verso l’Islam e l’Iran.
Subito dopo il 7 ottobre, il presidente Biden in Israele espresse il suo cordoglio e dichiarò solennemente che Hamas era peggio dell’Isis. Per coerenza avrebbe dovuto promuovere una coalizione internazionale democratica per la distruzione dell’apparato terrorista di Hamas, come appunto si fece per la distruzione dello stato territoriale dell’Isis. Invece ha fatto il contrario, passo dopo passo, con una politica di ostilità verso la difesa israeliana fino a impedirla, proibirla.
Volere subordinare il governo israeliano sotto assedio costituisce, da parte della presidenza Biden, un atto imperialista, un tradimento dell’alleanza, un’imposizione degli interessi politici contingenti elettorali, una diserzione degli interessi strategici difensivi del popolo degli Stati Uniti, un’offesa al paese aggredito l’11 settembre.
Il governo israeliano proclama di voler continuare la guerra per eliminare Hamas, ma nei fatti cede alle imposizioni americane.
L’ONU certifica la sua morte con il ribaltamento definitivo della sua carta costitutiva, simbolicamente stracciata dall’ambasciatore di Israele, a suggello formale della realtà politica onusiana, trasformata in un organismo che premia il terrore e il massacro, le dittature, l’annientamento dei diritti individuali: ONU tomba della libertà.
Il banditismo terrorista del regime russo ne approfitta e scatena la sua offensiva contro il popolo ucraino. Mentre Usa, UE e Nato riducono e ritardano gli aiuti promessi a favore dell’invasione infernale.
Se ancora si vuole usare l’espressione “mondo libero”, essa è ridotta a minoranze di opinione pubblica. La maggioranza antidemocratica dell’ONU riconosce una entità quasi statale detta “Palestina”, un premio per Hamas, il Jihad, l’Iran; un incitamento alla violenza terrorista, una violazione brutale del diritto internazionale, un favore all’asse delle dittature. Così, la rappresentanza terrorista criminale dei “palestinesi” avrà una serie di poteri che Israele non ha mai avuti.
Scrive David Elber: “Il fantomatico ’Stato di Palestina’ non può votare all’Assemblea Generale, ma può proporre risoluzioni, partecipare a commissioni, venire eletto nelle varie agenzie, eccetera. In pratica, può godere di uno status che non è neanche previsto nello Statuto dell’ONU, perciò è totalmente illegale, ma che è stato inventato dalla politica degli Stati che odiano Israele e ne vogliono la distruzione. Tutto ciò, nonostante l’ONU non sia deputato a creare gli Stati dal nulla ma a garantire solamente la pace tra di essi: esattamente l’opposto di quanto appLa risoluzione ha creato qualcosa di aberrante: l’ingresso all’ONU di un fantomatico stato che ha diritti ma non ha doveri. Per esempio, non deve pagare la quota annuale perché non ha diritto di voto (tanto non gli serve, avendo l’appoggio incondizionato di tutti i paesi islamici), ma usufruisce del diritto di proporre risoluzioni, di fare parte delle varie commissioni e agenzie.”
Sul 7 ottobre, tutto quello che abbiamo detto e documentato sul suo orrore criminale inaudito, resta insufficiente rispetto alla terribile dismisura della sua entità. Perché prosegue la spietata violenza sugli ostaggi, e restano delle reticenze (umanamente comprensibili) sulla efferatezza selvaggia di una violenza estrema annientatrice. Neppure l’esibizione ostentata e entusiasta delle loro atrocità riesce a frenare il mondo delle complicità concentriche con il terrore, o almeno di una stolta credulità.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, gli Alleati imposero a gruppi di tedeschi la visita ai lager per mostrare l’enormità dell’orrore compiuto, per squarciare la sua relativa segretezza. L’eccezionale documentario del maestro Alfred Hitchcock era di tale impressionante realismo orrorifico, con il suo impatto sconvolgente, che venne ritirato e archiviato. Per il 7 ottobre non c’è stato bisogno di documenti postumi, vista la schiacciante ostentata documentazione audiovisiva fornita dagli stessi mostri, come prova di forza e strumento di proselitismo terrorista. Con tutto ciò, si pratica un negazionismo veloce e uno spudorato rovesciamento di ruoli.
Il plurisecolare antigiudaismo cristiano, oggi in ripresa, ha avuto bisogno di un motivo ebraico: noi, Chiesa, siamo l’Israele celeste; voi, popolo ebraico, siete l’Israele terrestre, siete maledetti per la colpa del “deicidio”; voi siete la radice senza frutto, noi siamo l’albero nato dalla radice; noi siamo il vero Israele, voi non avete ragione d’esistere, se non per testimoniare la maledizione.
(Un segno di questa ripresa antigiudaica: nella basilica di San Pietro, in una iniziativa per il Giubileo, una attivista yemenita, che ha usurpato il premio Nobel per la pace, dichiara che Israele sta compiendo una “pulizia etnica” a Gaza. L’ambasciata di Israele presso la Santa Sede protesta con indignazione per questo antisemitismo estremo nel cuore del Vaticano.)
In modo analogo, la presente ondata di violenza e demonizzazione antiebraica ricorre, in modo parassitario, ad un motivo ebraico. Con la nuova ideologia della sostituzione, secondo la quale i palestinesi sono i nuovi ebrei, e gli ebrei di Israele i nuovi persecutori nazisti. Così come Gesù, maestro ebreo, viene trasformato nel “Cristo palestinese”, tutto serve all’offensiva mortale antiebraica, con l’uso di motivi ebraici stravolti.
Poi, mentre l’antisemitismo storico avveniva, ad esempio nel Medioevo, a macchia di leopardo, per la natura policentrica del mondo medievale – per cui, se in una città o feudo si scatenava la violenza antisemita, nelle terre confinanti poteva esserci una temporanea tranquillità, quindi gli ebrei perseguitati potevano anche riuscire a fuggire – con gli Stati-nazione centralizzati la persecuzione antiebraica conosce un’unificazione legislativa e regolamentativa che raggiunge il suo culmine nella Germania delle Leggi di Norimberga e della Conferenza di Wansee.
Invece oggi, la violenza antisemita in corso, verbale e fisica è, con immediatezza e ipervelocità, globale e universale, all’istante, senza scampo, con omologazione mediatica, dittatura dell’algoritmo del web; iper-informazione massiccia, pervasiva, incontrollata che genera disinformazione. In un attimo, la marea antisemita invade il mondo. Manipola e avvelena gli utenti, marchia a fuoco gli ebrei con la fabbrica delle menzogne, produce odio illimitato irreversibile, e nessun controllo o rettifica successiva, basata sul fattuale, sul controllo sul campo, sulla ricerca della verità non riuscirà a risarcire.
Tutto questo spiega in parte perché l’antisemitismo attuale sia talmente violento, irrazionale, massiccio, pervasivo, virale, crudele. Si scatena in modo illimitato.
Su scala globale-iperveloce, istantaneo, la voce della minoranza resta di nicchia, raggiunge solo minoranze oneste, sentinelle di verità e giustizia.
Tutto questo produce micidiali, incontrollabili devastazioni, effetti barbarici, atti criminali. Per gli ebrei, questo mondo prevede solo due possibilità: eliminazione fisica o diserzione.
Ma il valore al futuro della minoranza ebraica, nella sua resistenza-esistenza, e delle minoranze di libertà, democrazia, trasparenza, aumenta e crea speranza. Questo cupo mondo è senza speranza, dominato dal vilipendio della ragione e della civiltà umana.
Tuttavia, la speranza risorge, scaturita dalla radice, dall’orizzonte, dalla linfa perenne dell’ebraismo, come fede, condotta, cultura, identità, nella sua libera esistenza controcorrente verso il mondo intero e, al tempo stesso, attore di valori universali per il mondo intero, speranza per gli uomini liberi, con la schiena dritta, la mente aperta, il cuore che resta umano. La realtà terribile di questo nostro tempo, con il suo vortice di violenza distruttiva, di sterminio e schiavitù, rende attuale e futuribile un verso del genio dantesco, che dice di un mondo alla rovina: “L’ aiuola che ci fa tanto feroci” (Paradiso, canto XXII).
Anche rispetto all’attuale ribaltamento del diritto internazionale operato dal mostro onusiano e dalle guerre d’aggressione delle tirannie e del terrore, risuona un verso dell’Adelchi manzoniano: “Una feroce forza il mondo possiede, e fa nomarsi dritto (diritto)” (Atto V).
Ancora, su un mondo infernale in preda alla violenza politica disumana totalizzante, un capolavoro di arte profetica di Eugenio Montale, “Il sogno di un prigioniero”, dove, in un incubo, si confondono e si uniscono lager e gulag, in un universo concentrazionario che nega la persona umana in radice, senza limite. L’universo semantico montaliano, costellato da diversi segni ebraici, dice l’indicibile di un orrore infinito, nel sovrasenso della bellezza poetica.
In una realtà che consente solo di essere carnefici o vittime, il prigioniero, annientato, annichilito, disperato, alla vigilia di una fucilazione o della camera a gas, mantiene un ultimo bagliore emotivo di residua umanità: la memoria del focolare domestico e della donna amata, il rifiuto della delazione nel tentativo di salvare sè stesso, la libertà interiore della propria fantasia. Un nudo atto esistenziale di umana resistenza.
Sulla negatività della storia e della guerra, Montale aveva scritto un verso di incisiva invenzione: “Questa terra folgorata dove/ bollono calce e sangue nell’impronta/ del piede umano” (“L’Arca”), a indicare il cammino di sangue e di morte che gli uomini percorrono con la guerra come istituzione ricorrente. Nel “Sogno”, il prigioniero si identifica con il verme schiacciato sul pavimento, suo prossimo destino.
In un universo sconvolto dal terrore infernale, la nostra speranza è affidata a un filo sottile: restare umani nel diluvio disumano.