Tra i tanti sproloqui storici che si leggono in questi giorni ed i pochi commenti favorevoli all’iniziativa coraggiosa ed anche avventata di Trump, vale la pena di sottolineare una volta di più alcune cose.
Nei quasi due millenni di dispersione gli ebrei hanno sempre avuto Gerusalemme al centro dei loro pensieri e dei loro sospiri. Per i cristiani Betlemme, Nazaret “e” Gerusalemme sono città sacre, per i musulmani La Mecca, Medina “e” Gerusalemme sono città sacre, per gli ebrei “solo” Gerusalemme è sacra (anche Hebron lo è, ma ha una valenza prevalentemente religiosa, mentre Gerusalemme è legata indissolubilmente alla storia del popolo ebraico e dunque ha anche un carattere nazionale ed emotivo che unisce religione e laicità).
Nel 1917 la Dichiarazione Balfour non ne previde la spartizione e quell’atto formale divenne trattato internazionale per volontà della Società delle Nazioni, l’ONU dell’epoca. Nel 1919 il massimo leader del mondo arabo salutò con calore il “ritorno” degli ebrei “nella loro antica patria” in un documento allegato ai trattati che sancirono la fine della Prima guerra mondiale. Nel 1947 gli arabi respinsero (con una guerra oltre che con le loro dichiarazioni) il progetto dell’ONU che prevedeva l’internazionalizzazione di Gerusalemme, in modo da sottrarla alla potestà sia ebraica che musulmana.
Dal 1948 al 1967 Gerusalemme sopravvisse divisa, anzi lacerata, ed agli ebrei il regime giordano, che ne aveva conquistata la parte orientale, vietò l’accesso ai loro luoghi santi, che anzi distrusse con accanimento. Chi non l’ha ancora fatto legga l’ottima cronaca di quella guerra nel libro di Lapierre e Collins, due giornalisti non ebrei, “Gerusalemme Gerusalemme”: un libro elogiato da entrambi i contendenti per la sua obiettività.
Dal 1967 Gerusalemme non è solamente unita, ma per la prima volta ogni singolo fedele di ogni religione ha libero accesso ai propri luoghi santi ed anche ai luoghi santi degli altri.
Da allora, però, Gerusalemme è divenuta nuovamente un oggetto di contesa, rivendicata dagli arabi con la violenza e seminando morte, dai cattolici con sottigliezze diplomatiche che comunque negano ogni diritto di sovranità agli ebrei. Le parole pronunciate in questa occasione dal Papa sulla necessità di conservare uno status quo deliberato 70 anni fa dall’ONU e mai realizzato sono pura ipocrisia. In questi 70 anni l’Occidente ha assistito – anche all’ONU e nella sede del Parlamento europeo! – con condiscendenza e talora con servilismo ai continui tentativi del mondo arabo di riscrivere la storia e delegittimare Israele (Gesù non era ebreo bensì palestinese; gli ebrei non hanno alcun legame con Gerusalemme e con il Muro del pianto, eccetera). E’ solamente quando qualcosa si muove in favore di Israele che gli occidentali si svegliano di colpo, per votare contro o per esprimere il loro disappunto.
E’ tutta da dimostrare la tesi di Trump secondo la quale il suo nuovo approccio col problema del Medio Oriente darà un nuovo e più stabile assetto alla regione; ma decenni di ostilità palestinese e di rifiuto della pace con Israele sono ora messi alla prova, proprio mentre l’Arabia Saudita, gli Emirati e diversi stati africani dimostrano di preferire la saldezza di Israele al violento immobilismo dei palestinesi. Non è più questione di destra e sinistra, di Netanyahu o Abu Mazen, e del resto è stato proprio un governo di estrema destra guidato dall’odiatissimo Begin a stringere un accordo di pace con lo storico massimo nemico, l’Egitto. Per decenni l’occidente ha concorso ad isolare Israele, da un Eisenhower che nel 1956 impose il ritiro immediato dal Canale di Suez raggiunto con inglesi e francesi ai vari presidenti che pensavano di cavarsela con i loro ricchi finanziamenti, e da un De Gaulle che quando nel 1967 scoppiò la Guerra dei sei giorni ne addossò l’esclusiva colpa ad Israele al miracolato Macron che ora protesta senza proporre alternative percorribili. I voti europei all’ONU sono la prova tangibile di un pregiudizio che non ha nulla di costruttivo in sé e come sempre vuole solamente blandire gli arabi.
Ora Trump ha detto basta a questo teatrino delle statue di cera ed ha rovesciato il tavolo. Forse ha ragione lui, ma gli altri certamente hanno torto.