Naftali Bennett, il baldanzoso ministro dell’Educazione israeliano, ha le idee chiare. La vittoria di Donald Trump ha iniettato un forte tonico nelle sue vene. Peraltro, il leader di Casa Ebraica non ne ha particolare bisogno. Da tempo sostiene con energia la fine della soluzione dei due stati proponendo come alternativa forti incentivi economici per i palestinesi residenti in Cisgiordania e l’annessione dell’Area C, sulla quale Israele ha il completo controllo civile e militare. Ci vivono 450,000 ebrei israeliani e tra i 70 e gli 80,000 arabi palestinesi (anche se la cifra è fortemente contestata).
In una recente intervista al Times of Israel, Bennett ha ribadito la sua proposta di annessione dell’Area C, (il 60% della West Bank) come la svolta necessaria per un nuovo inizio e la sepoltura definitiva della infruttifera politica perseguita fino ad oggi fondata sul presupposto che Israele la pace la conquista facendo continue concessioni. Per il ministro dell’Educazione, Donald Trump rappresenta l’interlocutore ideale per questa soluzione.
Si comincerebbe con Ma’ale Adumim, ha dichiarato Bennett, il sobborgo di Gerusalemme fondato nel 1975 oltre le linee pre 1967.
“Molti palestinesi vivono un senso di grande frustrazione e delusione nei confronti dell’Autorità Palestinese. E’ un regime corrotto. Non ha la capacità di creare uno stato efficiente. Sarebbe piuttosto ridicolo creare un nuovo stato arabo musulmano quando molti altri si stanno disintegrando. Ci sono molti palestinesi che auspicano una nuova soluzione. Nella sua storia personale Donald Trump ha mostrato l’abilità di assumersi degli approcci molto creativi e audaci. L’annessione dell’Area C è un approccio creativo e audace. E’ assai diverso da quello che abbiamo fatto negli ultimi vent’anni, ma quello che abbiamo fatto negli ultimi vent’anni non ha fatto altro che continuare a fallire. Quello che abbiamo fatto in passato ci è costato più di un migliaio di morti (dal 1993 al 2005, 1600 n.d.r). Non ha funzionato, ci vuole un approccio nuovo ed è esattamente quello che stiamo facendo”.
Per Bennett l’eventuale trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme rappresenterebbe un primo passo per il cambiamento di scenario che si auspica, e il viatico per la sua proposta di annessione dell’Area C.
“E’ da tempo che si attende che tutte le ambasciate del mondo vengano nella capitale di Israele. Gerusalemme è stata la capitale ebraica per almeno 3,000 anni. E’ negli annali della storia, è in quelli della Bibbia, è in quelli dell’archeologia. Gerusalemme è stata la capitale di Israele molto tempo prima che Parigi fosse la capitale della Francia e Londra la capitale della Gran Bretagna e sicuramente prima che Washington fosse la capitale degli Stati Uniti. E’ sbagliato che le ambasciate non siano ancora qui e credo che sarebbe una mossa molto importante per gli Stati Uniti spostare la loro ambasciata a Gerusalemme”.
A proposito del rischio che un simile mossa possa generare una intifada palestinese, Bennett ha aggiunto, “Se qualcuno vuole lanciare una intifada la decisione è sua. Se qualcuno ti minaccia di non andare a casa tua perché se lo fai ti picchierà, gli ubbidirai? Gerusalemme è la nostra casa. Non possiamo capitolare difronte alla violenza o alle minacce di violenza”. Lo stesso ragionamento viene poi esteso alla West Bank.
“Gerusalemme Est e la Giudea e la Samaria, quello che molti chiamano West Bank, non sono territori occupati, nel senso che non li abbiamo presi da uno stato sovrano. Sono stati occupati illegalmente dalla Giordania per 19 anni e nel 1967 li abbiamo liberati. Siamo lì da 50 anni. La conferenza di San Remo del 1920 che ha diviso la Palestina ci ha conferito il diritto di risiedere nell’intero territorio a occidente del fiume Giordano. E’ territorio nostro legalmente e certo è la nostra patria. Ci sono in Giudea e Samaria circa 500,00 israeliani che sono ‘cittadini di seconda classe’ perché vivono sotto una amministrazione militare. E’arrivato il momento che la legge israeliana sia applicata anche nell’Area C. Il mondo lo accetterà? Ritengo che una buona parte del mondo non lo farà. Il mondo accetta forse che il Muro del Pianto sia una parte di Israele? Il mondo accetta il fatto che le alture del Golan siano una parte di Israele? No. Però noi sì, noi israeliani lo facciamo e verrà il giorno in cui anche il resto del mondo lo farà”.
Per Bennett l’ipotesi di uno stato palestinese è da seppellire definitivamente e senza rimpianti. “Esiste già uno Stato palestinese a Gaza, non avremo un altro stato terrorista nel cuore di Israele. Dobbiamo essere chiari. Abbiamo una nazione grande quanto il New Jersey, circondata da Hezbollah, Hamas, ISIS e Al Qaeda. Ci difendiamo eroicamente dentro una società democratica. Non sono disponibile a dividere una terra così piccola. Non accadrà”.
L’annessione dell’Area C in Cisgiordania è per il ministro dell’Educazione la priorità ed è il messaggio inviato a Donald Trump come proposta per chiudere definitivamente con l’ipotesi di due stati distinti.
Si tratta di una soluzione radicale dall’effetto potenzialmente dirompente, la quale difficilmente troverà consenso nell’ambito della nuova amministrazione, anche se a tutt’ora nulla si sa delle modalità con cui il gabinetto appena insediatosi vorrà affrontare il conflitto arabo-israeliano. Essa ha comunque il pregio di sgomberare il campo da ogni ambiguità e di mettere la parte palestinese difronte a una opzione radicale che già dal 2014 è il cavallo di battaglia del politico israeliano.
Marginalizzata fino ad oggi, con il nuovo presidente americano, si riaffaccia sulla scena.