Elementi di propaganda

Splendori e miserie della propaganda

Diligente e imperterrito, su Il Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, corrispondente di guerra in Medio Oriente si fa raconteur delle presunte nequizie di Israele per bocca di testimoni scelti con cura. Si va dal farmacista di Ramallah che gli dice che i coloni hanno come passatempo preferito quello di uccidere placidi agricoltori che raccolgono le olive, alle cui parole Cremonesi aggiunge di supporto, “parole confermate dalle agenzie ONU” (come se la conferma di una istituzione dove l’Iran presiede la Commissione per i Diritti Umani, fosse la prova del nove) a Marwan, libraio, secondo il quale i coloni, tra altri misfatti, avvelenano i pozzi, evergreen dell’antisemitismo, al pezzo forte, l’intervista di oggi con Hanan Ashrawi. La Ashrawi, vecchia pasionaria araba e definita “cristiana moderata impegnata per la pace” oltre a non condannare l’eccidio di Hamas afferma che le donne violentate da Hamas e i bambini bruciati sarebbero dei falsi della propaganda israeliana.

È solo l’ultimo tassello di un mosaico composto di menzogne spudorate e di fattoidi, atto a dare una rappresentazione della realtà inquinata alle fondamenta.

In un pezzo del 29 ottobre scorso, Cremonesi scriveva a proposito degli insediamenti:

“I numeri parlano da soli: dall’occupazione della Cisgiordania seguita alla vittoria israeliana nel 1967, i coloni sono passati da poche decine di migliaia negli anni Settanta agli attuali circa 700.000 distribuiti in 279 insediamenti, compresi i circa 230.000 abitanti di Gerusalemme est. A seguito degli accordi di pace a Oslo nel 1993, l’amministrazione della regione è stata divisa in area «A», pienamente controllata dai palestinesi e limitata al 18 % della terra frammentata in enclave isolate; area «B», il 22 per cento dove la sicurezza è in mano ad Israele e area «C», il 60 per cento totalmente israeliano.

Doveva essere una situazione transitoria, ma è diventata permanente a causa del blocco dei negoziati. L’Onu, la Croce Rossa, l’Unione Europea e le massime agenzie umanitarie internazionali denunciano inoltre la continua erosione delle aree palestinesi, anche in seguito ai 712 chilometri di muro voluto da Ariel Sharon un ventennio fa, che ha arbitrariamente sequestrato altra terra”.

Si tratta di un pezzo mirabile per omissioni e forzature, in cui di fatti veri, l’aumento degli insediamenti e il blocco dei negoziati, non vengono fornite le ragioni, in modo da creare da una parte l’idea di una loro moltiplicazione ingiustificata e dall’altra di un arresto dei negoziati per cause ignote.

Cremonesi cita gli Accordi di Oslo del 1993 ma non ciò che essi stabiliscono, come l’Articolo XII(1), in base al quale Israele ha diritto di permanere a tutela difensiva degli insediamenti ebraici e della loro popolazione, o l’ ’Articolo XXX  che riconosce in modo perspicuo che gli insediamenti, durante il periodo provvisorio (ancora in esistenza a causa di un mancato accordo risolutivo) non possono essere considerati illegali, così come non spiega che non vi è negli Accordi alcuna clausola che limiti il loro incremento nell’Area C.  Tutto questo è omesso al fine di rappresentare gli insediamenti come una proliferazione incontrollata e abusiva, così come è omesso che i negoziati a Camp David nel 2000 e poi a Taba nel 2001 fallirono per la totale indisponibilità araba ad accettare le proposte israeliane.

Il gioiello dell’articolo è però il seguente:

“Le massime agenzie umanitarie internazionali denunciano inoltre la continua erosione delle aree palestinesi, anche in seguito ai 712 chilometri di muro voluto da Ariel Sharon un ventennio fa, che ha arbitrariamente sequestrato altra terra”.

A quali “aree palestinesi” fa riferimento Cremonesi? Non è dato saperlo, e per un semplice motivo, nell’Area C dove sorgono la totalità degli insediamenti non ci sono aree palestinesi, essendo l’Area C a totale sovraintendenza militare e amministrativa israeliana come stabilito dagli Accordi di Oslo che il giornalista del Corriere cita ma non ha mai letto. Quanto ai chilometri di terra “sequestrati arbitrariamente” da Ariel Sharon per costruire la barriera difensiva, non il “muro”, (e Cremonesi dovrebbe sapere che  il 90%  di materiale che la compone è costituito da reticolato metallico), egli si basa sulla contestatissima sentenza della Corte Internazionale dell’Aia del 2004, per la quale l’unica minaccia che avrebbe potuto giustificare da parte di Israele la costruzione di una barriera di protezione sarebbe stato l’attacco di uno Stato armato, e che quindi, ne consegue, per difendersi dagli atti di terrorismo quotidiani doveva adottate un’altra soluzione.

Questo è lo spartito suonato dal corrispondente in Israele del Manifesto, pardon, del Corriere. Lapsus involontario.

 

 

 

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