“Shana chadasha. Atchala chadasha”. Un anno nuovo, un nuovo inizio. Lo scriveva Alon Bakal, 26 anni, tre mesi prima di essere colpito a morte, lo scorso venerdì, da un terrorista arabo-israeliano nel locale Simta, dove aveva iniziato a lavorare come manager. Alon, originario della città di Karmiel, si era trasferito a Tel Aviv il 4 ottobre dopo aver terminato gli studi ed essersi laureato in Law&Business Management a Netanya. “Era un ragazzo speciale, rappresentava tutto il nostro mondo – ha raccontato il padre David, raggiunto dai giornalisti all’ospedale Ichilov – Alon era un ragazzo felice e ovunque andava riusciva a far sorridere chiunque, aveva una luce che illuminava tutto e tutti”. Solo qualche ora prima, il giovane aveva mandato un messaggio a suo papà per accogliere insieme il 2016: “Va alla grande, è divertente. Amo la vita” gli diceva. Amava la vita, Alon, come un vero telavivi sa fare: tante serate in discoteca con gli amici, un amore speciale per la squadra del cuore, l’Hapoel Jerusalem (“Con te ovunque vada” aveva scritto sotto una foto nella quale mostrava fiero la sciarpa rossonera), e un nuovo lavoro elettrizzante al Simta, dopo un passato da barman e una lunga carriera da nottambulo.
Pita, patatine, estati passate a rosolarsi in piscina, cocktail fluorescenti, ragazze, selfie un po’ vanitosi, foto con la superstar di basket Omri Casspi e l’ex Miss Israele Yityish Titi Aynaw: la storia di Alon, raccontata attraverso gli scatti di Instagram, è quella di un ventiseienne come tanti ma con una luce negli occhi unica, quella luce di chi vuole dare un morso alla vita come una mela, che non vuole risparmiarsi nulla, vuole continuare a ballare. Niente lacrime o lamentele: “If you can dream it, you can do it”, se puoi sognarlo allora puoi farlo, ripeteva come un mantra. Voleva rendere migliore il mondo con il suo sorriso, amava Israele, aveva partecipato al programma di solidarietà “Latet”, che si preoccupa di provvedere a fare la spesa per i meno fortunati, e si sentiva ispirato da Gerusalemme: “Qui l’atmosfera è unica” aveva confessato su Facebook pubblicando una foto del Muro del Pianto. Lo scorso Yom Hazikaron, il giorno nel quale si ricordano i soldati caduti, Alon aveva scritto: “Queste persone hanno dato la vita per farci vivere qui. Nella terra di Israele, in un paese unico abitato da gente di tutti i tipi, di tutte le etnie e religioni. È ora di alzarsi per salutare e ricordarli tutti”.
È arrivata l’ora, purtroppo, di alzarsi per salutare e ricordare anche Alon.
Articolo di Rachel Silvera per Moked.it