Nella notte fra venerdì e sabato, lo scrittore ebreo Marek Halter è stato aggredito nella sua abitazione privata a Parigi in circostanze da chiarire. Come uomo anziano vittima di violenza merita piena solidarietà, ma questo increscioso episodio non deve impedirci di criticare l’intellettuale e le sue iniziative.
Halter, nato in Polonia nel 1936, ha costruito la sua carriera a partire dalla sua esperienza di rifugiato ebreo in Unione Sovietica e, poi, in Francia. Come hanno fatto notare due settimanali – Le Point e Le Nouvel Observateur – la sua autobiografia è colma di anacronismi e contraddizioni, arricchita di eventi eroici e memorabili ma mai avvenuti. Persino lo scamiciato della filosofia francese, Bernard-Henri Lévy, del quale è amico, smentisce la sua versione epica della loro esperienza comune in Afghanistan negli anni Ottanta.
Halter si è imposto al grande pubblico con i suoi libri sulla storia del popolo ebraico e col suo sfrenato attivismo sociale e politico. È tra i fondatori del movimento SOS Racisme, la famosa e controversa associazione “antirazzista” che tentò di portare in tribunale Oriana Fallaci per il suo pamphlet sull’Islam e che ha denunciato il polemista Eric Zemmour e lo storico Georges Bensoussan. In merito alla prassi intimidatoria di SOS Racisme, Halter ha sempre preso le difese dell’organizzazione che ha contribuito a fondare. Per lo studioso Pierre-André Taguieff, lo scrittore polacco è uno dei principali responsabili dell’abuso del termine “razzista”, trasformato in vero e proprio marchio d’infamia con cui bollare ed escludere i propri avversari politici.
Le posizioni di Halter su Israele sono, al pari di quelle di SOS Racisme, un concentrato di retorica pacifista. Il suddetto si attribuisce anche la paternità dei disastrosi Accordi di Oslo del 1993. In una intervista rilasciata a Euronews nel 2019 affermava: “Quando ho visto Arafat per la prima volta non c’erano problemi, abbiamo parlato, lui non capiva molto bene il mio personaggio: un ebreo pro-Israele che viene a cercarlo dopo che ho convinto Shimon Peres a incontrarlo. L’ho chiamato, gli ho detto: ‘Yasser, Shimon Peres vuole incontrarti a casa mia a Parigi’. Lui rispose: ‘Pensi che sia ragionevole?’. E io gli dissi: ‘Nessuno lo saprà, sarà a casa mia’. Ed è così che iniziò la trattativa che ha portato agli Accordi di Oslo”. Verità o finzione? Non lo sapremo mai visto che i protagonisti dell’aneddoto sono defunti.
Halter si era preso una cotta per Arafat – il terrorista a capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, generosamente creata coi rubli del totalitarismo sovietico -, al punto di andare a incontrarlo a Ramallah, nel 2002, in piena Seconda intifada, il più sanguinoso periodo di terrorismo arabo all’interno dello Stato ebraico.
Come difensore dei diritti umani ha delle simpatie piuttosto discutibili, non solo quella per Arafat, ma anche quella per Vladimir Putin. In un’intervista a La Repubblica nel 2014, Halter dichiarava: “Non sono le sanzioni economiche che cambieranno qualcosa. Anzi, servono solo a coalizzare tutta la popolazione russa intorno a Putin. Da quando è cominciata la crisi in Ucraina è esattamente quello che è successo. È l’America e la Nato che cercano di spingerci in una guerra contro Mosca. Dovremmo invece tendere la mano a Putin”.
Insomma, ripete quello che già in molti hanno sostenuto, a cominciare dallo stalinista Oliver Stone, cioè che l’insurrezione ucraina contro l’aggressione russa sarebbe indotta dal Moloch di tutti i “pacifisti”, ovvero gli Stati Uniti.
Mitomane, fiancheggiatore dell’estrema sinistra “antirazzista”, amico di Arafat, vicino ad ambienti antisionisti, filorusso, Halter non sembra una figura raccomandabile, anche se piace molto ai fautori del “dialogo”. Eppure, a seguito dell’esecrabile aggressione da lui subita, molti lo hanno dipinto come un intellettuale illuminato, illuminista e tutto dedito alla “Pace” e al “Dialogo” – cioè ai metavalori di una sinistra da salotto in via di decomposizione. Lo scrittore francese di origine polacca appare più come il concentrato di opinioni raffazzonate e molto discutibili.